Giurisprudenza

5 Novembre 2018

Iva non versata, poi saldata:è reato non punibile, ma reato

Giurisprudenza

Iva non versata, poi saldata:
è reato non punibile, ma reato

Il pagamento integrale del debito tributario non è una giustificazione idonea a eliminare l’illiceità o l’antigiuridicità della condotta e, quindi, a escludere la configurabilità del delitto

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In caso di omesso versamento Iva, il pagamento dell’intero debito tributario costituisce una mera causa di non punibilità. Al preventivo accordo tra amministrazione finanziaria e contribuente per il pagamento rateale del debito non può attribuirsi alcuna efficacia novativa rilevante ai fini dell’esclusione della responsabilità penale.
È quanto chiarito dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 48375 del 24 ottobre 2018.
 
Il procedimento penale
Il rappresentante legale e l’amministratore delegato di una società maturavano un debito tributario Iva per l’anno d’imposta 2011. A dicembre 2012 e, quindi, prima della scadenza del termine per l’adempimento, stipulavano un accordo con l’amministrazione finanziaria per il pagamento rateale del debito e provvedevano contestualmente al pagamento della prima rata.
Entrambi venivano poi sottoposti a un procedimento penale per il delitto di omesso versamento Iva. In particolare, all’esito del giudizio di secondo grado, gli imputati venivano dichiarati non punibili in quanto il giudice di appello aveva accertato che, nel corso del processo, avevano provveduto al pagamento di tutte le rate.
 
Avverso la sentenza di secondo grado gli imputati proponevano ricorso per cassazione, al fine di denunciare il vizio di violazione di legge e di motivazione. In particolare, secondo i ricorrenti, i giudici di appello avrebbero dovuto dichiarare non tanto la non punibilità per il reato, quanto la non configurabilità del reato e, quindi, l’esclusione della loro responsabilità penale per effetto dell’applicazione della causa di giustificazione dell’esercizio di un diritto ex articolo 51 cp, nella specie del diritto potestativo di concludere un accordo con il Fisco prima della scadenza del termine per l’adempimento.
Ciò in quanto la conclusione di siffatto accordo avrebbe efficacia novativa del debito tributario rilevante non solo in sede tributaria, ma anche in ambito penale. In altri termini, la conclusione del predetto accordo determinerebbe la sostituzione del debito originario con quello oggetto dell’accordo, per cui non dovrebbe ritenersi più configurabile il reato di omesso versamento relativo a un debito originario non più esistente.
 
Il reato di omesso versamento dell’Iva e la causa di non punibilità
L’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 prevede che “è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta”.
Ai sensi del successivo articolo 13, comma 1, dello stesso decreto legislativo, tale reato non è punibile “se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”. Tale articolo è stato modificato dall’articolo 11, comma 1, del Dlgs 158/2015, che ha elevato il pagamento del debito tributario, anche conseguente a un accordo tra Amministrazione finanziaria e contribuente, da circostanza attenuante a causa di non punibilità.
 
La decisione
La Cassazione, nel rigettare il ricorso degli imputati, ha fornito alcuni chiarimenti sugli effetti, in ambito penale, del pagamento del debito tributario e del preventivo accordo tra debitore e amministrazione finanziaria.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato l’orientamento secondo il quale, in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, la rateizzazione, rimodulando nel tempo la scadenza dei debiti in corrispondenza ai termini di scadenza delle singole rate, comporta l’estinzione dell’obbligazione originaria e la contestuale costituzione di una nuova obbligazione che viene a sostituirsi a quella preesistente secondo lo schema civilistico della novazione (Cassazione 32598/2014).
 
Tale orientamento è stato poi confermato per gli omessi versamenti Iva dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha altresì chiarito che l’accordo di rateizzazione, ancorché determini l’estinzione dell’obbligazione originaria e la contestuale costituzione di una nuova obbligazione che viene a sostituirsi a quella originaria, non produce, tuttavia, effettivi in ambito penale ove il reato si perfeziona con il mancato versamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale nel termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo. Ad avere efficacia in ambito penale è soltanto l’intero pagamento del debito tributario che opera come causa di non punibilità, quale beneficio premiale per la condotta di quei contribuenti che provvedono alla piena soddisfazione dell’Erario prima del processo penale (Cassazione 16297/2018).
A questo orientamento se ne contrappone un altro che, invece, non attribuisce alcun carattere novativo, neanche in ambito tributario, all’accordo tra amministrazione finanziaria e contribuente sul pagamento del debito tributario (Cassazione 13244/2015 e 23051/2015).
 
Ciò premesso, con la sentenza in commento, la Cassazione ha ritenuto che “anche ad ammettere una novazione dell’obbligazione, essa rimane consegnata nell’ambito tributario e resta priva di effetto nell’ambito penale e ciò trova dimostrazione… nella previsione legislativa della speciale causa di non punibilità, introdotta per effetto di una disposizione di legge nel 2015, in forza della quale il pagamento integrale, per effetto dell’accordo con l’Amministrazione finanziaria, costituisce una causa di non punibilità”.
 
In altri termini, secondo la Cassazione, a nulla rileva, in ambito penale, l’attribuzione o meno di effetti novativi all’accordo tra amministrazione finanziaria e contribuente sul pagamento del debito tributario. Ciò in quanto l’articolo 13, comma 1, del Dlgs 74/2000, attribuisce rilevanza non alla conclusione di tale accordo, ma al pagamento integrale del debito tributario che, tra l’altro, è qualificato non come causa di giustificazione, idonea a eliminare l’illiceità o l’antigiuridicità della condotta e, quindi, a escludere la configurabilità del reato e la responsabilità penale, ma come mera causa di esclusione della punibilità di un reato già consumato.
Conseguentemente, la Cassazione ha ritenuto che i giudici di appello “preso atto dell’integrale pagamento del debito tributario come rimodulato nelle modalità solutorie con l’amministrazione finanziaria, ha correttamente applicato la speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e li ha dichiarati non punibili per tale causa”.

Michela Grisini

pubblicato Lunedì 12 Novembre 2018

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