Analisi e commenti

16 Gennaio 2023

Correzione di errori contabili – 1: rilevanza delle poste iscritte in bilancio

La possibilità di attribuire efficacia fiscale alle poste correttive iscritte in esito alla procedura di correzione di un errore contabile compiuto in esercizi precedenti a confronto con l’inderogabilità delle disposizioni che regolano la competenza fiscale. La prima parte di questa analisi tratterà la differenza tra correzione di errori e aggiustamenti di stime contabili e le finalità di semplificazione introdotte con la nuova disposizione (articolo 8, comma 1, lettera b) del Dl n. 73/2022).

L’articolo 8, comma 1, lettera b) del Dl n. 73/2022 introducendo un quarto periodo al comma 1 dell’articolo 83 Tuir, in un’ottica di semplificazione, ha attribuito rilevanza fiscale alle poste correttive iscritte in bilancio per correggere errori contabili compiuti nei bilanci di esercizi precedenti. Come si dirà successivamente la semplificazione consiste in un “effetto sanante” dell’infedeltà dichiarativa in relazione all’esercizio nel quale è stato compiuto l’errore contabile, evitando alle imprese la presentazione di dichiarazioni rettificative e il versamento di sanzioni, seppur ridotte in base al ravvedimento. Si tratta, quindi, di una riforma di notevole impatto sulla fiscalità d’impresa e in particolare, di quelle imprese che hanno una clientela diffusa tra il pubblico e una molteplicità di fornitori, come quelle operanti nei settori delle utenze. Infatti, per tali imprese è più elevato il rischio di errori sulla corretta imputazione temporale dei costi per l’acquisizione di beni e servizi e dei ricavi delle vendite.

Lo scopo di queste brevi considerazioni è quello di tentare, senza pretesa nè di esaustività nè di porre un punto fermo in una materia ancora magmatica, di definire il perimetro oggettivo della disposizione in commento, al fine di individuare a quale tipologia di errori contabili è possibile attribuire sul piano fiscale il suddetto “effetto sanante”, in esito alla relativa procedura di correzione contabile. Nel perseguire tale sforzo, si ritiene necessario individuare la ratio legis della novella in commento, tenendo conto sia del tenore letterale della norma che del suo inquadramento nel contesto della “deroga generale” di cui all’articolo 83 del Tuir e tenendo conto, altresì, delle finalità di semplificazione enunciate nella relazione illustrativa. Di poi si analizzeranno le concrete modalità attraverso cui opera il riconoscimento fiscale delle poste correttive (cioè il règime fiscale ad esse applicabile) anche perché da tali modalità dipende il perimetro degli errori sanabili con riconoscimento fiscale. Prima, però, poiché la novella in commento fa riferimento alla correzione di errori contabili, si ritiene utile accennare alla definizione di errore in base ai principi contabili Oic e Ias/Ifrs e alla differenza rispetto alle procedure di adeguamento dei criteri di stima adoperati nella redazione del bilancio. 

Correzione di errori e rettifiche di stima
Il principio contabile nazionale Oic 29, al paragrafo 44, prevede che “un errore consiste nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni ed i dati necessari per la sua corretta applicazione sono disponibili. Possono verificarsi errori a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere le informazioni ed i dati disponibili per un corretto trattamento contabile”.
Una definizione di analogo tenore è contenuta nei principi contabili internazionali Ias/Ifrs. Infatti, secondo lo Ias 8, paragrafo 5, “Gli errori di esercizi precedenti sono omissioni e errate misurazioni di voci nel bilancio dell’entità per uno o più esercizi precedenti derivanti dal non utilizzo o dall’utilizzo erroneo di informazioni attendibili che: a) erano disponibili quando i bilanci di quegli esercizi furono autorizzati all’emissione; e b) si poteva ragionevolmente supporre che fossero state ottenute e utilizzate nella redazione e presentazione di quei bilanci. Tali errori includono gli effetti di errori aritmetici, errori nell’applicazione di principi contabili, sviste o interpretazioni distorte di fatti, e frodi”.

Mentre, in base all’Oic 29, paragrafo 33, “I cambiamenti di stima sono una conseguenza delle ulteriori informazioni che il trascorrere del tempo consente di acquisire in merito a presupposti o fatti sui quali era fondata la stima originaria”. Analogamente, secondo lo Ias 8, “Una stima può avere bisogno di essere rettificata se avvengono mutamenti nelle circostanze sulle quali la stima si era basata o in seguito a nuove informazioni o maggiore esperienza. Per sua natura, la revisione di una stima non è correlata a esercizi precedenti e non è la correzione di un errore”.

In buona sostanza, la differenza tra la correzione di errori e la rettifica di stime contabili risiede nel fatto che nel primo caso il redattore del bilancio interviene perché prende atto che nei precedenti esercizi non ha tenuto conto di alcune informazioni e dati già disponibili nel momento in cui è stato commesso l’errore, mentre nel secondo caso, l’”aggiustamento” si rende necessario per eventi sopravvenuti. Ad esempio, lo stanziamento di accantonamenti a un fondo rischi può essere errato quando il vizio nella valutazione dello stanziamento sussiste “ab origine” e non è determinato da eventi sopravvenuti, mentre, se a causa di fatti e informazioni sopravvenute si rendesse necessario un adeguamento degli stanziamenti, ci troveremmo di fronte ad un mutamento di stime. 

E’ utile, ai fini di ciò che si dirà in seguito, rammentare che secondo i principi contabili nazionali ed internazionali gli errori contabili devono essere corretti operando sul bilancio dell’esercizio in cui si procede alla correzione e non sul bilancio relativo all’esercizio cui si riferisce l’errore contabile. Non va, cioè, adeguato il bilancio viziato dall’errore ma semplicemente integrato il bilancio relativo all’esercizio nel quale il redattore del bilancio prende coscienza dell’errore. La correzione degli errori contabili viene, infatti, attuata interessando lo stato patrimoniale o il conto economico del bilancio dell’esercizio in cui avviene la correzione a seconda se, rispettivamente, l’errore commesso sia o meno rilevante ai fini della informazione da fornire ai stakeholder. Finora l’intervento operato sul bilancio in cui avviene la correzione, di per sè, non assumeva valore fiscale, ma a tal fine era necessaria la presentazione di dichiarazioni rettificative, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, Dpr n. 322/1998.

La finalità di semplificazione
La possibilità di attribuire efficacia fiscale alle poste correttive iscritte in esito alla procedura di correzione di un errore contabile compiuto in esercizi precedenti si è da sempre scontrata con l’inderogabilità delle disposizioni che regolano la competenza fiscale. Infatti, come vedremo successivamente, il riconoscimento fiscale delle poste correttive si attua, in concreto, mediante la previsione di una deroga ai criteri di imputazione temporale “ordinari”, che consente di “ricollocare” la competenza fiscale sull’esercizio di rilevazione della posta correttiva. 
L’Agenzia delle entrate, dal canto suo, si è costantemente sforzata di coniugare l’inderogabilità della competenza fiscale, quale presidio contro gli arbitraggi fiscali, con il divieto di doppia imposizione, che costituisce sia un principio di diritto sostanziale (articolo 163 Tuir) che procedurale (articolo 67 Dpr n. 600/1973), da applicare anche nel procedimento di accertamento tributario. Infatti, in conseguenza del mancato riconoscimento fiscale delle poste correttive si può determinare una duplicazione di tassazione, sotto il profilo di una duplice non deduzione (nell’esercizio in cui difetta la competenza fiscale e in quello di iscrizione della posta correttiva) o di duplice tassazione, ad esempio di un ricavo (nell’esercizio di erronea imputazione e in quello di iscrizione della posta correttiva). 

Pertanto, in caso di accertamenti divenuti definitivi, l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto il diritto del contribuente a dedurre il costo, ripreso a tassazione dall’ufficio per difetto di competenza, nell’esercizio in cui esso avrebbe dovuto trovare corretta imputazione e chiedere il rimborso della maggiore imposta versata, entro due anni dalla definitività dell’accertamento, avvalendosi della procedura residuale di cui all’articolo 21, comma. 2, del Dlgs n. 546/1992 (in tal senso, circolare n. 23/2010). Profondendo un ulteriore sforzo interpretativo, l’Agenzia delle entrate ha esteso il riconoscimento del rimborso della maggiore imposta pagata nell’esercizio in cui il componente negativo avrebbe dovuto essere imputato anche quando la corretta imputazione del costo generi, anziché una minore imposta dovuta, una maggiore perdita fiscale. In questo caso, infatti, i contribuenti hanno il diritto di ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate relativamente ai periodi d’imposta in cui non hanno tenuto conto di detta maggiore perdita fiscale suscettibile di compensazione (risoluzione n. 87/2013). Specularmente, nel caso in cui oggetto di recupero nel corretto esercizio di competenza sia un ricavo, anziché un costo, i contribuenti, a fronte della predetta pretesa impositiva, possono chiedere il rimborso della maggiore imposta versata nel periodo in cui hanno erroneamente imputato il componente positivo (circolare n. 35/2012).

Inoltre, in caso di accertamento con adesione, è prassi consolidata quella di consentire ai contribuenti il recupero di quanto versato in eccedenza, scomputando dalla maggiore imposta versata in sede di accertamento con adesione la maggiore imposta assolta nel periodo in cui il componente negativo avrebbe dovuto, invece, essere dedotto e il contribuente ne aveva omesso l’imputazione (circolare n. 31/2012). Come si accennerà successivamente, la semplificazione introdotta dalla novella in commento consiste nel consentire alle imprese, che attivano spontaneamente il procedimento di correzione degli errori contabili, di ottenere questo risultato “compensativo” senza la presentazione di dichiarazioni rettificative e il versamento di sanzioni.

Con la circolare n. 31/2013, si era cercato, in via interpretativa, di fornire una rilevanza alla correzione dell’errore contabile, sempre, però, “mediata” dall’onere delle dichiarazioni rettificative. Infatti, con il documento di prassi da ultimo citato, si è consentito, ai contribuenti che avessero voluto ravvedersi correggendo in bilancio gli errori di competenza, la possibilità di ricollocare ai fini fiscali componenti reddituali nel periodo d’imposta di corretta competenza. In sintesi, in base alla circolare n. 31/2013, i contribuenti che avessero corretto contabilmente gli errori potevano utilizzare la “dichiarazione rettificativa a favore” per emendare non solo gli errori relativi al periodo rettificabile – e, cioè, quelli relativi al periodo d’imposta in relazione al quale non era ancora scaduto (secondo i termini vigenti pro tempore) il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa – ma anche quelli concernenti i periodi d’imposta precedenti. I contribuenti, cioè, potevano far confluire in un’unica dichiarazione integrativa anche la correzione degli errori relativi a periodi d’imposta precedenti a quello rettificabile, che avevano determinato, nel periodo d’imposta in cui erano stati commessi ed eventualmente in quelli successivi, infedeltà della base imponibile fino a riverberarsi sul periodo oggetto di dichiarazione rettificativa. Per effetto di questo intervento di prassi, dunque, la correzione contabile, pur continuando a rimanere priva di rilevanza fiscale, consentiva alle imprese di attivare questo particolare rimedio per evitare fenomeni di doppia tassazione.

Pertanto, nonostante gli sforzi sul piano interpretativo, la correzione degli errori contabili, sinora, non ha operato per derivazione dal bilancio, ma solo attraverso l’ulteriore adempimento delle dichiarazioni rettificative.

continua

Correzione di errori contabili – 1: rilevanza delle poste iscritte in bilancio

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