21 Ottobre 2020
Incentivo all’esodo con riscatto laurea. Il pacchetto è a tassazione separata
I contributi facoltativi necessari per riscattare gli anni di studio universitari versati dal datore di lavoro all’Inps per conto del dipendente, nell’ambito di un accordo che intende agevolare la risoluzione anticipata di un rapporto di lavoro, devono essere sottoposti a tassazione separata come il resto dell’indennità prevista per la cessazione del contratto. Questa, in sintesi, la precisazione fornita dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 490 del 21 ottobre 2020.
La società istante ha intenzione di incentivare il collocamento a riposo anticipato, su base volontaria, di alcuni dipendenti, offrendo loro un’indennità economica comprensiva, a richiesta del lavoratore, di una somma da destinare al pagamento dei contributi previdenziali per il riscatto agevolato della laurea.
Il versamento dei contributi avverrà entro il 2020, tramite accordo con l’Inps per la gestione accentrata dei pagamenti riferiti ai singoli beneficiari dell’incentivo. La società accantonerà l’importo necessario allo scopo in base a quanto comunicato dall’Istituto di previdenza. Con ogni probabilità, evidenzia l’istante, l’effettivo riscatto della laurea avverrà dopo la cessazione del rapporto di lavoro degli interessati ma, comunque, entro il 2020.
Diversi sono i dubbi e le soluzioni dell’istante sul corretto trattamento fiscale cui sottoporre i contributi pagati per conto dei dipendenti.
La società chiede, innanzitutto, se i versamenti per il riscatto degli anni di università, anche se corrisposti dopo la cessazione del rapporto, costituiscono, per i nuovi pensionati, redditi di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione separata al momento dell’erogazione, in quanto connessi alla risoluzione del rapporto di lavoro e parte dell’incentivo all’esodo.
L’impresa ritiene che, trattandosi di contributi relativi alla gestione obbligatoria dell’Inps versati dal datore di lavoro per conto del dipendente sulla base dell’accordo per l’uscita anticipata dal contratto, siano deducibili ai fini Irpef (articolo 51, comma 1, lettera h), Tuir), in sede di conguaglio fiscale di fine rapporto, dal reddito di lavoro dipendente assoggettato, prima della pensione, a tassazione ordinaria.
Per far ciò, visti i tempi tecnici richiesti dall’operazione che si concluderà a pensionamenti già avvenuti, l’istante propone di emettere, come ex datore di lavoro, un cedolino paga con il nuovo conguaglio fiscale che tiene conto dei contributi versati dalla società per conto del dipendente (e con eventuale anticipazione finanziaria della tassazione separata a carico della società stessa), emettendo, conseguentemente, la Certificazione unica che evidenzia l’onere deducibile versato nel corso dell’anno.
L’istante ritiene infatti che a tali contributi vada riconosciuta la deduzione per la contribuzione volontaria, a riduzione del reddito prodotto nel corso dell’anno e assoggettato a tassazione ordinaria (articolo 10, comma 1, lettera e), Tuir). L’impresa è del parere infatti che i versamenti in questione, in quanto facoltativi, non rientrino tra le somme da assoggettare a tassazione separata in base all’articolo 19, comma 2 del Tuir (indennità di fine rapporto).
L’istante chiede, infine, se i contributi pagati per riscattare la laurea degli ex dipendenti possano essere considerati elementi negativi del reddito della società ai fini Ires.
Alle argomentazioni dell’istante, l’Agenzia risponde con un puntuale esame della disciplina che regola la determinazione dei redditi di lavoro dipendente e la loro imponibilità. In primis, la risposta fa riferimento all’articolo 51 del Tuir. La lettera a), comma 2, della norma stabilisce che non concorrono alla formazione del reddito i “contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge”. La disposizione non nomina le somme versate facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza e tra queste rientrano i contributi per il riscatto degli anni di studio universitario, che sono invece deducibili in base all’articolo 10, comma1, lettera e), del Tuir.
Da quanto detto dall’istante, nel caso in esame, osserva l’Agenzia, sono i lavoratori a decidere, con esplicita richiesta, se destinare una parte della buona uscita al riscatto della laurea e solo in quel caso la società accantonerà la relativa quota per il pagamento accentrato dei contributi previdenziali comunicati dall’Inps. Quindi, evidenzia l’amministrazione, l’importo messo da parte non costituisce retribuzione da assoggettare a tassazione ordinaria, perché si colloca nell’ambito dell’accordo che prevede un incentivo per l’esodo volontario del lavoratore, ovvero della corresponsione di somme aggiuntive rispetto a quelle spettanti al dipendente per legge o contratto, offerte dall’impresa in cambio della cessione anticipata del pre-pensionamento.
L’incentivo in questione, spiega l’Agenzia, si configura come reddito di lavoro dipendente assoggettato a tassazione separata in base all’articolo 17, comma 1, lettera a) del Tuir, perché ricompreso tra le indennità e gli importi erogati una tantum in relazione al fine rapporto. La tassazione è separata anche se le somme sono erogate in più soluzioni e sempreché le modalità di erogazione dell’incentivo è prevista dal relativo accordo, come accade nel caso rappresentato nell’interpello.
Detto ciò, dal combinato degli articoli 17, comma 1, lettera a), e 19, comma 2, del Tuir sopra richiamati, nell’ipotesi esaminata, l’incentivo all’esodo offerto dalla società ai dipendenti, comprensivo della quota destinata a riscattare i periodi d’istruzione universitaria, dovrà essere assoggettato a tassazione separata con l’aliquota applicata al trattamento di fine rapporto (circolare n. 10/2007).
L’Agenzia, in definita, non ritiene applicabile la soluzione prospettata dall’istante.
Riguardo al quesito ai fini Ires, l’amministrazione ritiene che la somma destinata dall’istante al pagamento dei contributi previdenziali necessari per il riscatto degli studi universitari, rappresentando una forma di incentivo all’esodo, costituisce una controprestazione diretta a facilitare la risoluzione consensuale del rapporto e, quindi, la sua erogazione è strettamente connessa al rapporto di lavoro, con conseguente deducibilità come componente negativa del reddito di impresa.
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