11 Agosto 2020
“Effetto trascinamento” per le rate scadute ante decreto “Rilancio”
Possono essere versate entro il 16 settembre 2020, senza dover rinunciare al piano di dilazione, le rate relative a debiti tributari emersi da controlli automatizzati, non versate, rispettivamente, entro il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2019, né entro il termine di pagamento della rata successiva. È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con le risposte n. 259 e 260 dell’11 agosto 2020.
Le due vicende, trattate nei rispettivi interpelli, sono analoghe. In entrambe le situazioni descritte, gli appuntamenti saltati in cassa sono relativi alla dilazione ottenuta per i debiti tributari accertati dal Fisco a seguito di controlli automatizzati, in un caso del modello Unico Sc/2015 (risposta n. 259/2020) e, nell’altro, del modello 770/2015 (risposta n. 260/2020). I due istanti fanno presente di aver omesso, a causa delle “cattive acque”, il versamento di due rate del piano di dilazione, che per uno scadevano rispettivamente il 31 gennaio 2020 e 30 aprile 2020, per l’altro rispettivamente il 31 dicembre 2019 e 31 marzo 2020 e chiedono se, per rimediare ai mancati pagamenti, possono beneficiare della “remissione nei termini” prevista dall’articolo 144 del decreto “Rilancio” senza incorrere nella decadenza della dilazione ottenuta per saldare il credito con l’Erario.
Il dubbio degli istanti nasce dalla lettura dell’articolo 15-ter del Dpr n. 602/1972, che fissa le regole da rispettare per non perdere l’opportunità di pagare per gradi il debito accertato dagli uffici delle Entrate. La norma, tra l’altro, stabilisce che il piano di dilazione concordato decade se una rata, diversa dalla prima, non sia versata entro il termine di scadenza della rata successiva.
In pratica è ciò che è accaduto ai contribuenti istanti.
Nel frattempo, però, è arrivata l’emergenza sanitaria e l’articolo 144 del decreto legge n. 34/2020, che, in sintesi, ha rinviato, al 16 settembre 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi, il pagamento degli “avvisi bonari”, ossia delle somme chieste a seguito dei controlli automatici e formali delle dichiarazioni fiscali (articoli 2, 3 e 3-bis, Dlgs n. 462/1997), in scadenza tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020. L’importo potrà essere versato in un’unica soluzione o in quattro rate mensili di pari importo, a decorrere da settembre, con termine il 16 di ciascun mese.
In particolare, sono considerati tempestivi i pagamenti (anche in riferimento a piani di rateizzazione) derivanti da controlli 36-bis e 36-ter del Dpr n. 600/1973 e 54-bis del Dpr n. 633/1972, che dovevano avvenire tra l’8 marzo e il 18 maggio 2020, mentre è consentito il pagamento, senza interessi e sanzioni, delle stesse tipologie di debiti, in scadenza tra il 18 e il 31 maggio.
Detto ciò, se è chiaro che, per effetto dell’articolo 144 del Dl “Rilancio”, è ancora possibile eseguire il versamento della rata scaduta il 30 aprile e 31 marzo 2020, l’incertezza degli istanti sorge se il differimento del termine permetta di evitare la decadenza della rateizzazione e sia possibile effettuare il versamento della rata scaduta il 31 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2019 entro il più ampio termine del 16 settembre 2020.
L’Agenzia osserva che occorre innanzitutto stabilire se l’omesso pagamento delle suddette rate (nei termini e anche entro la scadenza delle successive) abbia fatto decadere il piano rateale che prevedeva il versamento delle successive quote, rispettivamente, entro il 30 aprile 2020 (risposta n. 259/2020) e il 31 marzo 2020 (risposta n. 260/2020).
Per arrivare alla soluzione, l’amministrazione torna sull’articolo 15-ter che delinea i motivi di decadenza della rateizzazione. La norma, precisano i due odierni documenti di prassi, in pratica, concede una seconda chance al contribuente che perde l’appuntamento ordinario in cassa, mantenendo in vita la dilazione se il pagamento avviene entro la data di scadenza della rata successiva.
Da tali premesse, l’Agenzia, in linea con la ratio dell’articolo 144 del decreto “Rilancio” e della norma che prevede la dilazione, conclude che in entrambi i casi le misure intendono andare incontro alle esigenze di contribuenti in temporanea crisi finanziaria e che, quindi, la proroga al 16 settembre delle rate previste in pagamento tra l’8 marzo e 18 maggio 2020 può ritenersi trainante anche per le quote arretrate che, quindi, potranno essere versate entro il 16 settembre (nuova data di scadenza, nei casi esaminati, delle rate del 30 aprile e 31 marzo 2020), senza che ciò comporti la perdita della rateizzazione.
Naturalmente, aggiunge l’amministrazione, i pagamenti delle rate scadute (31gennaio 2020 e 31 dicembre 2019) sono da considerarsi tardivi e, pertanto, sono dovuti gli interessi e le sanzioni, che potranno essere tuttavia versate in misura ridotta con applicazione del ravvedimento operoso. Non sarà invece possibile usufruire della dilazione in quattro rate di pari importo (comma 3 del citato articolo 144), perché previsto soltanto per i versamenti la cui scadenza ordinaria è ricompresa nel periodo 8 marzo 31 maggio 2020.
I documenti di prassi precisano, infine, che le rate scadute il 30 aprile 2020 (risposta n. 259/2020) e 31 marzo 2020 (risposta n. 260/2020), con scadenza 16 settembre 2020 grazie alla proroga, pur potendo essere ulteriormente suddivise in quattro quote mensili in base al comma 3 già richiamato, non possono beneficiare dell’ulteriore posticipo disposto dall’articolo 15-ter del Dpr n. 602/1973 che ne consente il pagamento entro il termine della rata successiva secondo l’originario piano di ammortamento. Alla data del 16 settembre 2020, infatti, avverte l’Agenzia, sarà già superato il termine di pagamento della relativa rata successiva, che non è stata interessata dalla proroga disposta dal decreto “Rilancio”.
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