Emiliano Marvulli
20 Dicembre 2018
Diritti sulle vendite successive: l’autore dell’opera non paga Iva
Giurisprudenza
Diritti sulle vendite successive:
l’autore dell’opera non paga Iva
L’artista rimane del tutto estraneo al rapporto giuridico tra cedente e neo-acquirente: questi si accordano liberamente tra loro sull’operazione e relativo prezzo, senza doverlo consultare
La vicenda ha avuto origine da una lettera di diffida inviata dalla Commissione europea alla Repubblica d’Austria, relativa alla prassi nazionale, di assoggettare a Iva il compenso dovuto all’autore a titolo di diritto sulle successive vendite di un’opera d’arte.
A parere dell’esecutivo europeo, il compenso in parola non costituisce il corrispettivo di una prestazione artistica fornita dall’autore, in quanto mera partecipazione economica al successo delle sue opere. Infatti, l’obbligo di versare un compenso all’autore, fissato nel quantum dalla legge, serve solo a garantire una quota del valore dell’originale della sua opera. Tale quota non costituirebbe il corrispettivo di una prestazione dell’autore, in quanto riferita al solo valore economico della transazione, effettuata senza la sua autorizzazione.
A riguardo, una cosa è il corrispettivo della cessione o della prestazione fornita dall’autore all’atto della prima immissione nel mercato, operazione certamente imponibile, un’altra è il diritto economico alle successive vendite, a cui peraltro l’artista non può neanche opporsi.
La Repubblica d’Austria ha risposto alla lettera di diffida affermando che il compenso percepito a titolo di diritto sulle vendite successive è assoggettabile a Iva, anche se l’autore non prende parte all’accordo.
A sostegno della propria posizione, la Repubblica austriaca ha osservato che la tassazione del compenso in argomento è giustificata, perché la successiva rivendita induce un aumento del valore aggiunto, e quindi della base imponibile, della prestazione fornita dall’autore all’atto della prima immissione sul mercato.
Lo Stato membro ha eccepito anche il principio di neutralità fiscale dell’Iva, per cui osterebbe a che merci o prestazioni di servizi simili siano trattate in modo diverso, come avviene per i diritti di uso e sfruttamento successivi delle opere diverse dalle opere d’arte figurativa, imponibili ai fini Iva.
Non ritenendosi soddisfatta delle risposte fornite dall’interlocutore, la Commissione ha inviato un parere motivato a cui l’Austria ha puntualmente risposto e in cui entrambi le parti in causa hanno riaffermato di fatto le proprie posizioni.
La Commissione ha così deciso di presentare ricorso alla Corte di giustizia europea.
Il giudizio della Corte
La Commissione europea ha lamentato violazione delle disposizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/Ce, con riferimento alla prassi amministrativa austriaca di assoggettare a Iva il compenso dovuto a titolo di diritto sulle successive vendite dell’originale di un’opera d’arte spettante al suo autore.
Il citato articolo 2 stabilisce che siano assoggettate all’Iva, segnatamente, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale.
La questione dirimente ruota, pertanto, attorno alla questione se il versamento in argomento sia stato effettuato o meno a titolo oneroso ossia alla verifica dell’esistenza di un rapporto giuridico tra le parti dell’operazione nel corso del quale vengono scambiate prestazioni reciproche.
A parere degli eurogiudici, non si può ritenere in alcun modo che l’autore dell’opera sia parte del rapporto giuridico intercorrente tra successivo venditore e acquirente.
Infatti, le parti della successiva rivendita convengono liberamente tra loro la cessione del bene e il prezzo di vendita, senza alcuna previa consultazione dell’autore, il quale rimane assolutamente estraneo al rapporto, tanto da non poterne impedire la realizzazione in caso di disaccordo.
Il diritto in parola incombe sul venditore, che ha l’obbligo di pagare all’autore una somma imposta da una norma speciale del legislatore comunitario, non applicabile in altri rapporti giuridici tra autore e venditore.
Inoltre, considerando che il diritto sulle vendite successive è diretto a garantire agli autori delle opere d’arte figurative una partecipazione economica al successo delle loro creazioni, “ne deriva che tale legislatore non considera affatto che gli autori suddetti possano partecipare alle operazioni di rivendita delle loro opere, ma si limita a conceder loro il diritto di partecipare ai risultati economici degli atti di rivendita, una volta realizzati”.
Con altro argomento, l’Austria sostiene che i diritti in argomento siano tassabili al pari delle prestazioni fornite da altri autori all’atto delle rappresentazioni delle loro opere.
In altri termini, la parte sostiene che, poiché tali prestazioni sono assoggettate all’Iva, anche l’asserita prestazione fornita dall’autore dell’originale di un’opera d’arte nel contesto del diritto sulle sue successive vendite dovrebbe essere assoggettata a imposta.
Questo motivo è infondato sulla base di una costante giurisprudenza comunitaria secondo cui “il principio di neutralità fiscale, che rispecchia, come voluto dal legislatore dell’Unione, in materia di IVA, il principio generale della parità di trattamento, esige segnatamente che situazioni diverse non siano trattate in modo uguale, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato”.
Da ciò deriva che il pagamento del compenso dovuto a titolo di diritto sulle vendite successive non può essere considerato effettuato a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva Iva e, pertanto, il diritto non è assoggettabile all’imposta.
Il principio
Alla luce di quanto rilevato in precedenza, la Corte di giustizia europea ha dichiarato il seguente principio:
“La Repubblica d’Austria, avendo previsto che il compenso dovuto, a titolo di diritto sulle vendite successive, all’autore dell’originale di un’opera d’arte sia assoggettato all’imposta sul valore aggiunto, non ha adempiuto agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto”.
Fonte:
Data della sentenza
19 dicembre 2018
Numero della causa
C-51/18
Nome delle parti
Commissione europea
contro
Repubblica d’Austria
pubblicato Giovedì 20 Dicembre 2018

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