Stefano Scorcia
12 Novembre 2018
Se la dichiarazione è omessanon può esserci compensazione
Giurisprudenza
Se la dichiarazione è omessa
non può esserci compensazione
L’eccedenza evidenziata nel modello “ultra tardivo” non può essere recuperata con il debito fiscale del periodo d’imposta successivo, ma soltanto tramite richiesta di rimborso
Il credito indicato in una dichiarazione dei redditi da considerare omessa in virtù della tardiva trasmissione, effettuata oltre i 90 giorni dalla scadenza, non può essere compensato con le imposte risultanti dal modello relativo all’annualità successiva.
Questo il principio di diritto che si ricava dalla ordinanza della Cassazione n. 27621 del 30 ottobre 2018.
Il giudizio di merito
Il giudizio ha origine dalla notifica di una cartella esattoriale conseguente a controllo automatizzato, ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, operato sul modello Unico 2003 per l’anno d’imposta 2002. In particolare, venivano recuperate le eccedenze d’imposta riportate e relative alla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente, che risultava essere stata omessa in virtù della sua tardiva trasmissione avvenuta soltanto nel 2005, ossia ben oltre il termine di 90 giorni dalla sua ordinaria scadenza.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva i motivi di ricorso ritenendo che, essendo possibile per l’Agenzia delle entrate procedere alla riscossione dei propri crediti indicati in una dichiarazione omessa in applicazione dell’articolo 2, comma 7, del Dpr 322/1998, fosse altrettanto da ritenere possibile, riconoscere e portare in detrazione anche i crediti vantati dal contribuente nei confronti dell’Erario.
La Commissione tributaria regionale confermava la precedente sentenza.
Soccombente nei primi due gradi del giudizio, l’Agenzia proponeva ricorso per cassazione.
In particolare, l’amministrazione finanziaria si doleva del fatto che la dichiarazione dell’anno d’imposta 2001, presentata nel 2005, potesse esplicare effetti retroattivi su quella presentata nel 2003 e relativa al 2002.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, con la pronuncia in commento, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha definitivamente rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
Secondo i giudici di legittimità, l’articolo 2, comma 7, del Dpr 322/1998, va inteso nel senso che tale disposizione nel consentire da un lato all’Agenzia di riscuotere i debiti di imposta del contribuente indicati nelle dichiarazioni da considerare omesse poiché presentate con ritardo superiore ai 90 giorni, dall’altro non permette di utilizzare in compensazione, per l’anno successivo, i crediti di imposta indicati nelle predette dichiarazioni omesse.
La Cassazione, rifacendosi ad altri precedenti giurisprudenziali (Cassazione, pronunce nn. 19326/2011 e 3228/2002), rafforza il proprio convincimento affermando che, anche in tema di Iva, si è giunti alla conclusione che l’omessa presentazione della dichiarazione annuale esclude, per il contribuente, la possibilità di recuperare il credito nel periodo di imposta successivo, fatta salva, in ogni caso, per il ricorrente, la possibilità di esercitare il diritto al rimborso al ricorrerne dei presupposti.
Osservazioni
Con la pronuncia in esame, la Cassazione ha ribadito che, nel caso di dichiarazione delle imposte dirette omessa perché tardiva, il contribuente non può compensare le eventuali eccedenze a credito con i debiti risultanti nella dichiarazione presentata per l’anno di imposta successivo (in senso conforme, anche Cassazione n. 1287/2015).
I giudici si rifanno essenzialmente al tenore letterale della norma di cui al citato articolo 2, comma 7, che ritiene legittimo l’utilizzo della dichiarazione omessa per il recupero delle imposte a debito ivi dichiarate dal contribuente, mentre nulla dispone in merito alla possibilità di utilizzo dell’eventuale eccedenza a credito. La mancata previsione consente di affermare, seppure implicitamente, che i crediti a favore del contribuente non possano essere portati in detrazione con la dichiarazione dell’anno di imposta successivo.
Tale interpretazione è peraltro in linea con le indicazioni di prassi diffuse dall’Agenzia delle entrate con le circolari nn. 34/2012 e 21/2013. Nei citati documenti, da un lato, si dà atto che l’Agenzia può legittimamente recuperare, ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, il credito riportato a “nuovo”, proveniente da una dichiarazione considerata omessa in quanto ultra tardiva, maggiorato di eventuali interessi e sanzioni. Dall’altro, a seguito della definizione della pretesa in senso favorevole all’amministrazione, viene fatta, comunque, salva la possibilità di riconoscere il diritto del contribuente al rimborso attraverso la procedura dettata dall’articolo 21, Dlgs 546/1992.
Tuttavia, per prevenire la conflittualità, nella circolare n. 21/2013 viene data la possibilità al contribuente di attestare, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, l’esistenza contabile del credito e, una volta verificatane la spettanza da parte dell’ufficio, di “… ‘scomputare’ direttamente l’importo del credito medesimo dalle somme complessivamente dovute in base alla originaria comunicazione di irregolarità e, conseguentemente, ai sensi del comma 2 dell’articolo 2 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, emettere una ‘comunicazione definitiva’ contenente la rideterminazione delle somme che residuano da versare a seguito dello scomputo operato”.
pubblicato Martedì 13 Novembre 2018
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