12 Luglio 2018
Corte Ue: i termini per detrarre l’Ivaripartono dalla data della rettifica
Giurisprudenza
Corte Ue: i termini per detrarre l’Iva
ripartono dalla data della rettifica
Contrasta con il principio di neutralità del tributo la normativa di uno Stato membro che esclude il diritto, correlando il dies a quo al momento di effettuazione dell’operazione iniziale
In materia di Iva, l’articolo 167 della direttiva 2006/112/Ce del 28 novembre 2006, di rifusione del testo della sesta direttiva n. 388/1977, stabilisce che il diritto a detrazione sorge nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile.
L’articolo 168, paragrafo 1, lettera a), della direttiva prevede poi, in sostanza, che, per il valido esercizio della detrazione, il cessionario/committente di beni e servizi, a esso ceduti e/o resi da un soggetto passivo agli effetti dell’Iva, deve essere anch’esso un soggetto passivo d’imposta che utilizza i beni e/o i servizi acquistati in “..sue operazioni soggette ad imposta”.
L’articolo 178, lettera a), della direttiva dispone che, per esercitare la detrazione, il soggetto passivo deve “..essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240”.
L’articolo 180 della medesima direttiva, infine, dispone che “Gli Stati membri possono autorizzare un soggetto passivo a procedere ad una detrazione che non è stata effettuata conformemente agli articoli 178 e 179”.
Il successivo articolo 219 stabilisce, poi, che “sono assimilati a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale”.
L’articolo 226 della stessa direttiva disciplina, infine, il contenuto del documento “fattura”, stabilendo che questo debba indicare, tra l’altro: la qualità dei soggetti che pongono in essere l’operazione; la data di emissione; il numero progressivo della fattura; la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la natura dei servizi resi, nonché la data di ultimazione, o effettuazione, della cessione di beni e/o prestazione di servizi cui essa inerisce (in ambito nazionale, tale norma è stata sostanzialmente recepita con l’articolo 21 del Dpr n. 633/1972).
In relazione a tali disposizioni, con la sentenza in rassegna, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi in merito a una controversia, intercorsa tra l’Amministrazione finanziaria portoghese e un’impresa ivi residente, relativa a operazioni di vendita di beni (granulato di caucciù) poste in essere negli anni 2008-2010 nei confronti di un’altra società, pure ivi residente, che erano state assoggettate a un’aliquota Iva inferiore rispetto a quella effettivamente dovuta. Più in particolare, nel 2011, la società venditrice, a seguito di un accertamento da parte della propria Amministrazione finanziaria, aveva operato la regolarizzazione delle operazioni in questione, emettendo nei confronti dell’acquirente nuove fatture per la differenza d’imposta, e versando al contempo all’Erario il corrispondente ammontare.
La società acquirente, tuttavia, aveva rifiutato i cennati documenti a essa inviati dal cedente, eccependo l’ormai avvenuto decorso del termine quadriennale di decadenza in tali casi previsto dalla normativa fiscale portoghese per l’esercizio del diritto di detrazione (nella specie, della maggiore imposta a essa addebitata) la quale, in via generale, identifica il relativo dies a quo nel momento di effettuazione delle cessioni originarie, ragione per cui lo stesso termine risultava essere già estinto per le annualità in considerazione.
In proposito, si ricorda che, in ambito nazionale, l’articolo 19, comma 1, del Dpr n. 633/1972 prevede, tra l’altro, che il diritto alla detrazione del tributo “…sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”.
Investita della questione circa la legittimità o meno della cennata disciplina portoghese relativa alla decorrenza del diritto di detrazione, la Corte Ue, dopo aver richiamato taluni propri precedenti sul tema (vedi, tra i vari, la decisione n. C-332/15 del 28 luglio 2016; ancora, la recentissima sentenza n. C-533/16 del 21 marzo 2018) e prendendo atto della circostanza – acclarata dall’Autorità giudiziaria portoghese nei precedenti gradi della controversia – che, nella specie, l’errore nell’applicazione dell’aliquota Iva era stato da considerare ascrivibile esclusivamente all’impresa cedente, ha rilevato la non conformità delle cennate norme lusitane con la disciplina sovranazionale del tributo, in quanto la società acquirente si era trovata “…nell’impossibilità oggettiva di esercitare il proprio diritto a detrazione anteriormente alla regolarizzazione dell’IVA effettuata…” dal fornitore, “…non disponendo precedentemente dei documenti di rettifica delle fatture iniziali e non essendo a conoscenza della debenza di un supplemento di IVA” (concedendo quindi alla cessionaria, in sostanza, una sorta di “rimessione in termini” per operare la detrazione della maggiore imposta a essa addebitata).
Sempre secondo la Corte, infatti, “… soltanto in seguito a tale regolarizzazione sono sussistite le condizioni sostanziali e formali necessarie per il sorgere del diritto alla detrazione dell’IVA consentendo così… di chiedere lo sgravio dell’onere dell’IVA dovuta o assolta conformemente alla direttiva IVA e al principio di neutralità fiscale. Pertanto, non avendo …” la società acquirente “… dato prova di negligenza anteriormente alla ricezione delle note di addebito…, in assenza di abuso o di collusione fraudolenta con …” il cedente, “… non poteva essere validamente opposto all’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA un termine …” (come quello previsto dalla normativa portoghese) “… che sarebbe iniziato a decorrere dalla data di emissione delle fatture iniziali…” (anziché dalla data della loro regolarizzazione), “… e che, per talune operazioni, sarebbe scaduto anteriormente a tale regolarizzazione …”.
Da parte nostra, è da evidenziare che l’articolo 60, comma 7, del Dpr n. 633/1972, relativo al pagamento del tributo accertato dagli uffici Iva, sembrerebbe porsi non in linea con i principi espressi nella sentenza in commento, ove si consideri che tale disposizione subordina in ogni caso la detrazione, da parte del cessionario-soggetto passivo destinatario della rivalsa del tributo, al previo versamento dell’imposta in favore del soggetto (cedente) accertato, ponendo conseguentemente detti eventi (appunto, detrazione e versamento) in un rapporto di necessaria interdipendenza tra loro che, per tali casi, non risulta invece previsto dalla disciplina comunitaria dell’Iva.
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
pubblicato Giovedì 12 Luglio 2018
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