Giurisprudenza

21 Giugno 2018

L’omessa riassunzione in giudiziorende definitivo l’atto impositivo

Giurisprudenza

L’omessa riassunzione in giudizio
rende definitivo l’atto impositivo

È la parte interessata a dover avviare la procedura entro i tempi stabiliti, trascorsi i quali, l’Agenzia può vantare la riscossione del credito contestato nell’avviso di accertamento

L’omessa riassunzione in giudizio|rende definitivo l’atto impositivo

Nel processo tributario, la mancata o l’intempestiva riassunzione della causa a seguito di sentenza di cassazione con rinvio comporta l’estinzione dell’intero processo e rende definitivo l’atto impugnato.
Questa la regula iuris ribadita dalla Cassazione con l’ordinanza n. 15874 del 15 giugno 2018, in cui viene altresì riaffermato il principio per cui, in questa ipotesi, i termini di prescrizione e quelli di decadenza decorrono dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione davanti al giudice di rinvio, perché solo da tale momento, intervenuta la definitività dell’atto impositivo, l’Amministrazione può far compiutamente valere il proprio credito attraverso la procedura di riscossione.
 
La vicenda processuale
Un contribuente impugnava la cartella con la quale l’Agenzia richiedeva il pagamento di somme, iscritte a ruolo a titolo definitivo, derivanti da due avvisi di accertamento impugnati dal contribuente e annullati dalla Commissione tributaria regionale della Toscana con sentenza cassata con rinvio, cui non aveva fatto seguito la riassunzione del giudizio.
 
Nel giudizio avverso l’atto della riscossione, il giudice di seconde cure di Firenze accoglieva le ragioni della parte privata, affermando che la pretesa avanzata era illegittima per intervenuta prescrizione del credito tributario.
 
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione eccependo in primis la violazione dell’articolo 25 del Dpr 602/1973, in base al quale la notifica della cartella di pagamento deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’avviso di accertamento è divenuto definitivo.
Nel caso in esame, in cui la cartella era stata notificata il 1° agosto 2008, secondo la parte pubblica il termine in parola era stato ampiamente rispettato, perché l’accertamento si era reso definitivo il precedente 18 maggio, ovvero dal momento in cui era spirato il termine per la riassunzione del giudizio a seguito della sentenza di cassazione con rinvio emessa nel giudizio riguardante l’atto impositivo.
 
Con un secondo motivo, l’Agenzia lamentava l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Commissione tributaria regionale per non aver considerato che solo l’estinzione del giudizio a seguito della mancata riassunzione comporta la definitività dell’atto impositivo e che, pertanto, la prescrizione deve farsi decorrere da questo momento.
 
La pronuncia della Corte
La suprema Corte ha accolto le riferite doglianze richiamando la propria giurisprudenza secondo cui, nel contenzioso tributario, l’estinzione dell’intero processo, all’esito della cassazione con rinvio della sentenza di merito e dell’omessa riassunzione del giudizio, produce l’effetto del consolidamento dell’atto impositivo “ed, in forza dei principi in materia di impugnazione dell’atto tributario, la definitività dell’avviso di accertamento”.
 
Inoltre, ricorda l’odierna pronuncia, in ipotesi di estinzione del processo per omessa riassunzione, i termini di prescrizione e quelli di decadenza vanno ancorati alla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, “posto che solo da tale data, per effetto dell’acquisita definitività dell’atto impositivo, l’Amministrazione può… far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito attivando la relativa procedura di riscossione”.
La sentenza impugnata è stata, quindi, cassata con rinvio ad altra sezione del collegio tributario regionale toscano che “esclusa l’estinzione della pretesa tributaria in forza dei principi di diritto su esposti, valuterà gli altri profili di contestazione…”.
 
Osservazioni
L’articolo 63 del Dlgs 546/1992 detta la disciplina del giudizio di rinvio, che può essere instaurato a seguito della pronuncia della suprema Corte che abbia cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Commissione tributaria provinciale o regionale.
Mentre in base al comma 1 di detta disposizione, la riassunzione della causa deve avvenire “entro il termine perentorio di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza” di legittimità, il successivo comma prevede tra l’altro che, se la riassunzione non avviene entro tale termine, “l’intero processo si estingue”.
 
L’estinzione comporta il venir meno di tutte le sentenze, di rito e di merito, emesse nel corso del processo, salve le parti delle pronunce che non sono state oggetto di impugnazione e che, quindi, sono passate in giudicato (Cassazione, n. 6858/2016) e, soprattutto, rende definitivo l’atto impugnato.
 
Inoltre, dal momento in cui si verifica l’estinzione decorre il termine fissato dalla legge per la riscossione degli importi dovuti a titolo definitivo attraverso la notificazione della cartella o, per gli accertamenti “esecutivi”, dell’intimazione di pagamento, senza che al riguardo possa affermarsi la necessità di una riassunzione da parte dell’ufficio in mancanza della quale il credito tributario sarebbe prescritto.
 
Come rilevato anche dalla pronuncia in esame, infatti, se pur è vero che la riassunzione può esser fatta da una qualunque delle parti, tuttavia, poiché anche in questa fase vale il principio dell’interesse ad agire (articolo 100 cpc), la riassunzione “verrà operata da quella delle parti che ha interesse ad ottenere una pronuncia conclusiva, non certo da quella per la quale l’estinzione dell’intero processo possa essere di vantaggio”.
 
La Corte conferma, quindi, la regola, già enunciata, da ultimo, dalle pronunce n. 12079 e n. 19476 del 2016, per la quale solo dal giorno in cui spira inutilmente il termine per la riassunzione davanti al giudice di rinvio, l’ufficio può “far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito…; ciò tanto più in presenza… di sentenze di primo e di secondo grado ad essa sfavorevoli, dato l’obbligo di restituzione del tributo eventualmente corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dal giudice tributario, sancito dall’art. 68 comma 2, d.lgs. 546/1992”.
 
Viene altresì ribadito il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 27306/2017 (vedi anche la pronuncia n. 23502/2016) secondo cui, in ragione della natura impugnatoria del giudizio tributario e per la definitività che l’atto impositivo assume per effetto dell’estinzione del giudizio in caso di mancata riassunzione, “è il solo contribuente ad avere interesse alla riassunzione…”.

Massimo Cancedda

pubblicato Venerdì 22 Giugno 2018

L’omessa riassunzione in giudiziorende definitivo l’atto impositivo

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