1 Marzo 2024
Somme erogate alle lavoratrici madri, non rientrano nel welfare aziendale
Sono imponibili, in quanto parte della retribuzione, i compensi corrisposti dalla società alle lavoratrici madri che alla fine del periodo di astensione obbligatoria usufruiscono del periodo di maternità facoltativa o congedo parentale. Le somme, infatti, non possono rientrare nell’ambito del welfare aziendale riservato alla generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti, ma hanno finalità retributive. È la sintesi della risposta n. 57 del 1° marzo 2024 fornita dall’Agenzia delle entrate.
Il quesito nasce dall’istanza di interpello presentata da una società, che intende erogare alle lavoratrici madri, che dopo il periodo di astensione obbligatoria utilizzano il periodo di maternità facoltativa o congedo parentale, un importo, sotto forma di welfare, corrispondente alla differenza tra il 100% della retribuzione lorda e l’indennità di maternità o congedo parentale, per un periodo di tre mesi.
L’Agenzia ricorda il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente in base al quale ricadono nell’ambito di tale categoria tutti i valori a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (articolo 51, comma 1, del Tuir). La normativa prevede una deroga a tale principio per i benefit, erogazioni escluse dall’ambito impositivo a patto che non abbiano una connotazione reddituale.
Anche la prassi è intervenuta sul concetto di welfare aziendale. Secondo quanto precisato dalla circolare n. 28/2016 si tratta di “prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente”.
Come chiarito anche nella risoluzione n. 55/2020, occorre che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti. L’amministrazione finanziaria inoltre ha più volte precisato che il legislatore non riconosce l’applicazione delle disposizioni di favore se le somme o servizi sono rivolti ad personam o apportano dei vantaggi solo ad alcuni lavoratori (circolare n. 28/2016 e n. 5/2018).
Nel caso in esame l’attribuzione delle somme sotto forma di welfare aziendale in base allo status di maternità non appare idonea a individuare una ”categoria di dipendenti”.
L’Agenzia, in conclusione, ritiene che le somme in oggetto abbiano rilevanza reddituale secondo le indicazioni dell’articolo 51, comma 1, del Tuir, in quanto si tratta di un’erogazione sostitutiva di compensi, fissi o variabili, che risponde a finalità retributive.
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