Normativa e prassi

21 Maggio 2020

Niente Registro, se per il giudice il “reclamo” è improcedibile

Non devono pagare l’imposta di registro i provvedimenti giudiziari che dichiarano l’improcedibilità del reclamo contro le procedure cautelari perché manca la notifica alla controparte. In tal caso, infatti, il giudice non entra nel merito della controversia ma prende semplicemente atto del mancato requisito. È quanto precisa la risposta n. 6/2020 a una richiesta di consulenza giuridica.

Il dubbio è sollevato da un Tribunale, a seguito dell’orientamento di una direzione provinciale, secondo la quale gli atti giudiziari che dichiarano l’improcedibilità del reclamo non sono da sottoporre a registrazione, in quanto non hanno carattere definitorio non entrando nel merito della controversia.
A parere dell’istante, in realtà, il provvedimento cautelare assume valenza definitoria, non potendo il reclamo dichiarato improcedibile essere ripresentato per scadenza dei termini.

L’Agenzia, nell’argomentare il chiarimento, riporta, innanzitutto, le regole fissate dall’articolo 669-terdecies del codice di procedura civile per la presentazione del reclamo contro l’ordinanza che concede o nega il provvedimento cautelare, specificando che il procedimento del reclamo si conclude con ordinanza non impugnabile con la quale si conferma, modifica o revoca la domanda cautelare.
Nel caso in cui il reclamo sia dichiarato improcedibile, perché non notificato alla controparte, bisogna chiamare in causa, precisa l’Agenzia, il combinato disposto degli articoli 37 e 8 della Tariffa, parte prima, allegata Tur, per valutare l’eventuale tassazione cui sottoporre la decisione ai fini dell’imposta di registro. In particolare, l’articolo 37 definisce le tipologie di atti giudiziari soggetti all’imposta di registro e tra questi include anche quelli che definiscono anche parzialmente il giudizio. L’articolo 8 riporta, invece, l’elenco tassativo degli atti da sottoporre a tassazione in misura fissa, indicando anche la misura dell’imposta.

Al riguardo l’Agenzia delle entrate richiama le circolari n. 8/1986 e n. 45/2001. I due documenti di prassi precisano che non tutti gli atti giudiziari devono essere assoggettati a imposta fissa, ma soltanto quelli che intervengono nel merito del giudizio e a conclusione di una controversia che si è instaurata e che il giudice è chiamato a risolvere.
Nel caso in esame il giudice non è entrato nel merito del giudizio avendo semplicemente dichiarato inammissibile l’istanza, perché non notificata alla parte reclamata. L’atto, quindi, non può essere sottoposto a tassazione fissa perché non assimilabile alle pronunce che definiscono parzialmente il giudizio.

In conclusione, chiarisce l’Agenzia delle entrate, i provvedimenti che dichiarano l’improcedibilità del reclamo contro le procedure cautelari non devono essere sottoposti a imposta di registro.

Niente Registro, se per il giudice il “reclamo” è improcedibile

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