7 Febbraio 2025
Ok al nuovo regime impatriati, anche con stesso “datore” estero
La cittadina francese, che ha lavorato all’estero per un periodo sufficiente e intende rientrare in Italia per continuare a lavorare con la stessa azienda, può beneficiare del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati, a condizione che rispetti i requisiti stabiliti dalla normativa. Per quello relativo alla residenza, la verifica deve essere fattuale: non può risolversi in sede di interpello.
Lo spiega l’Agenzia delle entrate nella risposta n. 22 del 7 febbraio 2025, fornita a una contribuente che ha lavorato in Italia dal gennaio 2015 al marzo 2018 e, successivamente, ha risieduto all’estero fino al 2024, lavorando come account manager in un’azienda di Zurigo dal 21 settembre 2020 al 27 giugno 2024.
Il 15 agosto 2024, si è trasferita in Italia con la sua famiglia e ha richiesto la residenza anagrafica. Non essendo mai stata iscritta all’Aire, ha chiesto se potesse aver accesso al beneficio previsto dall’articolo 5 del decreto che ha disciplinato il nuovo regime agevolativo.
In particolare, la richiedente vuole sapere:
- se può accedere al regime agevolativo a partire dall’anno d’imposta 2024 e se l’emissione di fatture a un unico cliente estero, che era il suo datore di lavoro, possa ostacolare tale fruizione
- se la mancata iscrizione all’Aire, sostituita dalla residenza in Paesi con cui l’Italia ha convenzioni per evitare la doppia imposizione, sia sufficiente per accedere alle agevolazioni.
Il decreto legislativo n. 209/2023, osserva l’Amministrazione, ha introdotto un nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati, con l’obiettivo di incentivare il rientro in Italia di professionisti altamente qualificati. In estrema sintesi, l’articolo 5 del decreto stabilisce che i redditi di lavoro dipendente e autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio italiano possono beneficiare di una tassazione ridotta. Tuttavia, per accedere a questo regime, è necessario rispettare alcune condizioni, tra cui:
- l’impegno a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo specifico
- il non essere stati residenti in Italia nei tre anni precedenti il trasferimento.
In caso di prestazione di lavoro per lo stesso soggetto presso il quale si era lavorato all’estero, il periodo minimo di permanenza all’estero è esteso a sei o sette anni, a seconda delle circostanze.
La norma agevolativa riguarda esclusivamente i redditi nella stessa indicati che, entro il limite annuo di 600mila euro, concorrono alla formazione del reddito complessivo, limitatamente al 50% del loro ammontare, senza che sia necessario il ragguaglio ad anno, anche nel caso in cui il trasferimento della residenza fiscale sia avvenuto nel corso del periodo d’imposta.
La base imponibile, poi, “è ridotta al 40 per cento nei seguenti casi:
a) il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;
b) in caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime di cui al presente articolo. In tale caso il beneficio di cui al presente comma è fruito a partire dal periodo d’imposta in corso al momento della nascita o dell’adozione e per il tempo residuo di fruibilità dell’agevolazione […]”.
La riduzione al 40% della base imponibile è subordinata alla condizione che “durante il periodo di fruizione del regime da parte del lavoratore, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato”.
La circostanza che, successivamente al rientro, i figli diventino maggiorenni non determina la perdita del maggiore beneficio fiscale fino al termine del periodo agevolato.
Riepilogata a grandi linee la norma di riferimento, l’Agenzia, con riferimento al primo quesito posto dalla contribuente, ovvero “se l’emissione delle fatture ad un unico cliente estero che, negli anni precedenti è stato il datore di lavoro, sia un ostacolo alla fruizione del regime degli impatriati”, conclude che il fatto non preclude l’accesso al regime agevolativo, a condizione che siano rispettate le altre prescrizioni della norma.
Sulla seconda domanda, relativa alla mancata iscrizione all’Aire, invece rimarca che la verifica dei requisiti per stabilire l’effettiva residenza fiscale esula dall’ambito dell’interpello, perché può essere solo basata sui fatti. Pertanto, considera la questione inammissibile.

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