18 Novembre 2024
Somme a titolo risarcitorio: non rientrano nel campo Iva
Gli importi corrisposti a titolo di risarcimento, dovuti in seguito a inadempimento o irregolarità nell’osservanza di obblighi contrattuali, sono esclusi dal campo di applicazione dell’Iva, non rappresentando un corrispettivo legato a prestazioni di servizi o cessioni di beni. Lo ricorda l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 223 pubblicata sul proprio sito istituzionale.
Come previsto dall’articolo 15 del Dpr n. 633/1972 (decreto Iva), infatti, le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi da parte del cessionario o del committente non concorrono a formare la base imponibile.
La richiesta di chiarimenti all’Agenzia fa riferimento a un contratto d’appalto, relativo a lavori di ristrutturazione e adeguamento a norma di alcuni edifici, sottoscritto tra l’istante e una società aggiudicataria. Nel corso dell’esecuzione contrattuale, alcune circostanze impreviste e imprevedibili hanno portato la direzione lavori a sospendere le attività e le consegne parziali, decisione contestata dall’appaltatrice. Con la controversia generatasi, sfociata in un procedimento giudiziario, le parti hanno stabilito di comune accordo una somma a titolo di risarcimento danni per il pregiudizio subito dall’appaltatrice in ragione della sospensione dei lavori, formalizzandola mediante scrittura privata. A tal fine, anche in considerazione della rilevanza della somma in questione, l’istante ha chiesto alle Entrate se l’esborso fosse rilevante ai fini del trattamento Iva.
Alla luce di quanto emerso, l’Agenzia ricorda che è proprio attraverso l’individuazione della natura giuridica delle somme da corrispondere che si ricava il corretto trattamento fiscale applicabile ai fini Iva. È pertanto necessario verificare se tali somme siano relative al corrispettivo per una prestazione ricevuta o in alternativa rappresentino un risarcimento per inadempimento (oppure irregolarità nell’adempimento) di obblighi contrattuali.
Proprio in riferimento all’esame del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’Iva, l’articolo 3, comma 1, del decreto Iva stabilisce che “costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. L’articolo 13 del medesimo decreto, inoltre, prevede che la relativa base imponibile “è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore, secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti”.
Sul tema si è espressa anche la Corte di giustizia Ue, che ha precisato come la base imponibile di una prestazione di servizi è costituita da tutto ciò che è ricevuto quale corrispettivo del servizio: tale prestazione è pertanto imponibile solo se tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico, nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, in cui il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario (Causa C463/14, sentenza del 3 settembre 2015).
Ne deriva, in riferimento ad esempio ai contratti d’appalto come quello oggetto dell’istanza, che non concorrono a formare la base imponibile tutte le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per irregolarità nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente, come previsto dall’articolo 15, comma 1, n. 1) del decreto Iva. Sulla base di questa norma, le somme dovute a titolo risarcitorio sono pertanto escluse dal campo di applicazione dell’imposta.
Ad integrazione di quanto affermato, l’Agenzia ricorda quanto chiarito nella risoluzione n. 64/E del 23 aprile 2004, nella quale ha precisato che “le somme corrisposte a titolo di penale per violazione di obblighi contrattuali non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizio o di una cessione di un bene, ma assolvono una funzione punitivo/risarcitoria. Conseguentemente dette somme sono escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto per mancanza del presupposto oggettivo”.
Sempre in relazione alla corretta interpretazione ai fini tributari delle somme versate a titolo di risarcimento, l’Agenzia chiarisce un ulteriore elemento legato al caso in esame, quello relativo alla sospensione dell’esecuzione del contratto d’appalto, decisivo per dimostrare la natura risarcitoria dell’indennizzo pattuito nella successiva scrittura privata. In particolare, si sottolinea che l’articolo 121 del decreto legislativo n. 36/2023 stabilisce che “qualora la sospensione o le sospensioni durino per un periodo di tempo superiore a un quarto della durata complessiva prevista per l’esecuzione dei lavori stessi, o comunque quando superino sei mesi complessivi, l’esecutore può chiedere la risoluzione del contratto senza indennità; se la stazione appaltante si oppone, l’esecutore ha diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti. Nessun indennizzo è dovuto all’esecutore negli altri casi”. Ne consegue, pertanto, che la somma concordata tra istante e appaltatore non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, ma assolve esclusivamente una funzione di risarcimento, quindi esclusa dal campo di applicazione dell’Iva.
L’Amministrazione conclude ricordando che, in tema di scritture private come quella del caso esaminato, è necessario verificare se tale accordo sia soggetto ad imposta di registro, alla luce della natura sostanzialmente transattiva rivestita dall’atto. A questo proposito, come prevede l’articolo 29 del Testo unico dell’imposta di registro, si chiarisce che, relativamente alle transazioni che non riguardino trasferimento di proprietà o costituzione di diritti reali, l’imposta si applica in relazione agli obblighi di pagamento che ne derivano senza tenere conto degli obblighi di restituzione né di quelli estinti per effetto della transazione.
Pertanto, nel caso in questione, la scrittura privata risulta soggetta a registrazione in termine fisso con applicazione dell’imposta proporzionale del 3%, in considerazione del fatto che dall’accordo tra le parti consegue un obbligo di pagamento a carico dell’istante.

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