Normativa e prassi

8 Novembre 2022

Fusione di enti religiosi, neutrale per i beni in regime d’impresa

Un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto che per esigenze organizzative procede a incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e appartenenti alla stessa Congregazione religiosa, mantenendo in capo all’ente incorporante la destinazione originaria dei beni all’attività istituzionale, può considerare la fusione in neutralità fiscale per i beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell’incorporante (articolo 172 e 174 del Tuir). È uno dei chiarimenti contenuti nella risposta dell’Agenzia n. 555 dell’8 novembre 2022.

In via preliminare, l’articolo 172 del Tuir sulle operazioni di fusione prevede che “La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento“. La disposizione, secondo quanto precisato dal successivo articolo 174, inoltre, vale anche nei casi di fusione e scissione di enti diversi dalle società.

Per quanto riguarda gli enti ecclesiastici, l’Agenzia ricorda la risoluzione n. 152/2008. Tale documento di prassi richiama, in via generale, il principio di neutralità delle fusioni e scissioni, secondo cui il passaggio dei beni non dà luogo a fenomeni realizzativi se le società o gli enti interessati dall’operazione producono reddito d’impresa. Tale risoluzione chiarisce che anche per le operazioni di fusione che coinvolgono gli enti ecclesiastici occorre distinguere se i beni che “passano” da un ente all’altro siano relativi a un’attività d’impresa. Solo in tal caso, infatti, beneficiano della neutralità fiscale in quanto l’operazione è da considerare non “realizzativa”, come indicato dal citato articolo 172 del Tuir. Diversamente, se i beni non confluiscono in un’attività d’impresa dell’ente incorporante, gli stessi si devono considerare realizzati a valore normale, generando plusvalenze imponibili, in quanto destinati a finalità estranee alla stessa impresa.

Nel caso in esame, in base al quadro delineato, l’Agenzia ritiene che relativamente ai beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell’ente incorporante, la fusione potrà avvenire in neutralità fiscale, ai sensi degli articoli 172 e 174 del Tuir.

Per i beni, invece, non rientrati nel regime di impresa che permarranno nel contesto dell’attività istituzionale, l’Agenzia ritiene che l’operazione di fusione prospettata determini un passaggio di beni dall’incorporato all’incorporante che non produce l’emersione delle fattispecie “realizzative” richiamate dall’articolo 67 del Tuir.

Per quanto riguarda le imposte indirette, l’Agenzia rileva che i passaggi di beni nella descritta operazione dell’ente ecclesiastico non sono soggetti ad Iva (articolo 2, comma 3, lettera f), del Dpr n. 633/1972), di conseguenza in base al principio di alternatività Iva/registro (articolo 40 Dpr n. 131/1986) l’operazione dovrà scontare l’imposta di registro. L’ente ecclesiastico potrà tuttavia applicare la misura di favore che prevede il registro fisso di 200 euro, in quanto nel caso in esame sussistono le condizioni necessarie (come chiarito anche dall’interpello n. 179/2020) e cioè che il trasferimento dei beni avvenga:

  • a titolo gratuito
  • nell’ambito di una operazione di riorganizzazione
  • tra enti che appartengono alla stessa struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale.
Fusione di enti religiosi, neutrale per i beni in regime d’impresa

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