17 Marzo 2021
Ricerca commissionata in Italia, niente credito d’imposta ReS
I costi sostenuti da una Srl per le attività, commissionate dalla casa madre francese, direttamente svolte sul territorio italiano con proprio team e connesse alla sperimentazione, studio e sviluppo di nuove soluzioni nel settore R&S, riaddebitati alla stessa casa madre francese che ne diventa comproprietaria in termini di proprietà intellettuale, secondo gli accordi del gruppo, non possono beneficiare del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative.
La nuova formulazione del beneficio prevista dalla legge di bilancio 2020, articolo 1, commi da 198 a 206, infatti, esclude, dal 1° gennaio 2020, che il bonus spetti per le spese sostenute per attività di ricerca svolte da commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti con soggetti esteri.
Lo chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 187 del 17 marzo 2021, ripercorrendo tutta la normativa di riferimento.
In particolare, in relazione alla ricerca commissionata, la circolare n. 5/2016 ha chiarito che “La misura agevolativa in esame, infatti, è rivolta ai soggetti che svolgono attività di ricerca eleggibile sostenendo i relativi costi e che si avvalgono degli eventuali relativi risultati, assumendosi il rischio per l’attività svolta. Di conseguenza, è da escludere che il credito spetti alle imprese che svolgono attività di ricerca su commissione di terzi, atteso che in tal caso l’impresa commissionaria in realtà non sostiene i relativi costi, in quanto li riaddebita, in base ai corrispettivi contrattualmente previsti, al committente che ne sostiene l’onere”. Inoltre, “nell’ipotesi di ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello stato italiano, ad una impresa residente o alla stabile organizzazione di un soggetto non residente, né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde potranno beneficiare del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo”.
Per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2019, per effetto del novello comma 1-bis dell’articolo 3 Dl n. 145/2013, inserito dall’articolo 1, comma 15, lett. b), del Bilancio 2017, “il soggetto commissionario residente che esegue attività di ricerca e sviluppo per conto di committenti non residenti viene ad essere equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in attività di ricerca e sviluppo” (circolare n. 13/2017).
La legge di bilancio 2020, successivamente, ha previsto che “per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206”. Tale nuova disciplina da applicare agli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2020 ha sostituito la precedente, anticipandone, di fatto, di un anno la cessazione.
In questo caso, il legislatore non prevede alcuna disposizione che, al pari del citato comma 1-bis, disciplini le attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti.
Alla luce di tale nuova formulazione del beneficio, che esclude le spese in R&S commissionate dall’estero, l’Agenzia, non condividendo la soluzione dell’istante, ritiene, pertanto, che, dal 1° gennaio 2020, non sono ammissibili al credito d’imposta le spese sostenute per attività di ricerca svolte da commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti con soggetti esteri.
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