7 Agosto 2020
Quotazione in borsa delle Pmi: nel bonus l’Iva con pro-rata a zero
L’imposta sul valore aggiunto relativa alle singole operazioni di acquisto, se totalmente indetraibile, concorre alla formazione dell’importo del tax credit spettante per le spese di consulenza relative alla quotazione delle piccole e medie imprese. Non rileva, invece, per la determinazione del valore degli investimenti, l’Iva parzialmente indetraibile, per effetto del pro-rata considerata come un costo generale, restando, invece, salva la possibilità di includere nei costi rilevanti ai fini dell’agevolazione l’Iva totalmente indetraibile derivante dal pro-rata pari a zero. È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 257 del 7 agosto 2020.
La Pmi istante svolge un’attività esente da Iva (cessioni di oro) e dal 1° agosto 2019 si è quotata sul mercato Aim. La società ritiene di aver diritto al credito d’imposta previsto per le spese di consulenza sostenute per entrare in Borsa; inoltre specifica che emette fatture sempre in esenzione da Iva e non detrae l’imposta su nessun acquisto.
Descritte le caratteristiche che configurano l’attività dell’impresa, chiede se può includere l’Iva indetraibile (articolo 19, Dpr n. 633/1972) a concorrenza dei costi di consulenza relativi alla quotazione e quindi agevolabili.
Il bonus oggetto dell’interpello, introdotto dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 89, legge n. 205/2017), riconosce alle piccole e medie imprese, che intraprendono una procedura di ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di uno Stato Ue o dello Spazio economico europeo, un credito d’imposta, fino ad un importo massimo di 500mila euro, pari al 50% dei costi di consulenza sostenuti fino al 31 dicembre 2020 per centrare tale obiettivo. In Italia l’Aim è uno tra i sistemi multilaterali di negoziazione autorizzati dalla Consob e gestiti da Borsa italiana Spa.
Le modalità per accedere al contributo sono state definite con il decreto 23 aprile 2018 del Mise di concerto con il Mef. Il Dm, tra l’atro, mette in chiaro che partecipano al conto dell’importo agevolabile soltanto i costi direttamente connessi allo svolgimento delle attività e prestate da consulenti esterni, come servizi non continuativi o periodici e al di fuori dei costi di esercizio ordinari dell’impresa connessi ad attività regolari (come ad esempio quelli relativi alla consulenza fiscale, legale o alla pubblicità).
Come proposto dall’istante, il documento di prassi ritiene che per trovare la giusta soluzione al dubbio sollevato nell’interpello si può fare riferimento ai chiarimenti forniti dall’Agenzia con la circolare n. 44/2009 a proposito dell’agevolazione Tremonti-ter (articolo 5, Dl n. 78/2009).
In particolare, la circolare menzionata precisa che ai fini del calcolo dell’importo rilevante per l’agevolazione, va considerata anche l’Iva relativa alle singole operazioni di acquisto, totalmente indetraibile per il tipo di operazione. Resta fuori da totale delle spese utili ai fini del tax credit, invece, l’Iva parzialmente indetraibile, corrispondente al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione e le operazioni esenti secondo le previsioni dell’articolo 19, comma 5, del Dpr n. 633/1972. Infatti, spiega la circolare, l’Iva parzialmente indetraibile per effetto del pro-rata, “non può essere considerata come costo afferente le singole operazioni d’acquisto ma è una massa globale (…) che si qualifica come costo generale”, ma “resta salva, ovviamente, la possibilità di computare nel valore degli investimenti l’IVA totalmente indetraibile derivante dal pro rata pari a zero”.
Circoscritto il quadro normativo e di prassi connesso al caso esaminato, l’Agenzia conclude affermando che, rispetto all’ipotesi prospettata, può rientrare tra i costi rilevanti ai fini dell’agevolazione anche l’Iva indetraibile assolta dall’istante a patto che la società abbia realmente un pro-rata di detraibilità pari a zero.

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