Giurisprudenza

24 Aprile 2020

L’assoluzione nel processo penale non pregiudica il giudizio tributario

Con la pronuncia n. 7293 del 16 marzo 2020, la Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, non ritenendo decisiva l’assoluzione in sede penale del rappresentante legale di una società, nel caso in cui i vari elementi di prova che emergono dalla documentazione sequestrata confermino il carattere di cartiere rivestito da alcune società, e risultino circostanze idonee a fornire la presuntiva dimostrazione della inesistenza soggettiva delle operazioni.

La vicenda processuale
Nel corso di un controllo effettuato dalla Guardia di finanza veniva rinvenuta della documentazione di rilevanza fiscale relativa a una società; successivamente, in seguito a una perquisizione che si concludeva con il sequestro di ulteriore documentazione, venivano emessi degli avvisi di accertamento con cui erano recuperati a tassazione maggiori imponibili sulla base di più elevati ricavi derivanti dall’assunzione in nero di lavoratori avvenute anche a mezzo di operazioni soggettivamente inesistenti. Per l’ufficio infatti le società alle quali la contribuente aveva affidato il compimento di opere in subappalto, erano in realtà semplici cartiere, veicoli di fornitura di manodopera in nero, che non avevano versato imposte.
La competente Commissione tributaria regionale, riformando la decisione di primo grado, accoglieva i ricorsi promossi dalla società contribuente avverso gli avvisi di accertamento.

L’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della Ctr dinanzi alla Corte di cassazione, che accoglieva il ricorso sulla base del seguente iter interpretativo.
L’ufficio finanziario contesta le conclusioni cui è pervenuta la Commissione tributaria regionale nell’accogliere i ricorsi riuniti presentati dalla società contribuente. In particolare, l’Agenzia rimprovera alla Ctr di aver dato soltanto un formale ossequio al consolidato principio in base al quale gli accertamenti del giudice penale non pregiudicano automaticamente l’esito del giudizio tributario, 
Per l’ufficio, in realtà la decisione del tribunale regionale si adeguava nella sostanza in modo pedissequo alla penale assoluzione del legale rappresentante della società, non tenendo conto dei numerosi elementi di prova che emergevano dalla documentazione sequestrata, che confermavano il carattere di mere cartiere rivestito dalle società che avevano ricevuto le opere in subappalto.

In effetti, con riguardo alle operazioni soggettivamente inesistenti, quali quelle di subappalto, che secondo l’ufficio celavano invece mere prestazioni di lavoro subordinato, la giurisprudenza si è ormai consolidata nel senso di ritenere che gravi sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare sia la soggettiva inesistenza dell’operazioni sia la conoscibilità che delle stesse può avere il contribuente.
Tale prova può essere assolta, in base al riportato orientamento giurisprudenziale, anche attraverso la dimostrazione di qualificati indici di carattere presuntivo, prescindendo, quindi, dalla regolarità cartolare delle operazioni.
Difatti, la formale regolarità può essere connotata dai pagamenti avvenuti, dall’emissione di fatture e dalla stipula di contratti; tali circostanze sono in genere predisposte proprio al fine di fornire alle operazioni soggettivamente inesistenti una parvenza di realtà che per tale ragione la citata giurisprudenza giudica di pratica irrilevanza.

All’Amministrazione, finanziaria, coerentemente con la richiamata giurisprudenza, è sufficiente invece fornire la dimostrazione di alcuni fatti normalmente indicativi della interposizione soggettiva, come ad esempio la circostanza che i pagamenti siano stati fatti direttamente dalla contribuente, come risultava nel caso in esame da alcuni assegni sequestrati, nonché dalle dichiarazioni degli artigiani che lavoravano nei cantieri; la presenza degli artigiani nei cantieri dati in subappalto alle due società, sarebbe altresì indice dell’assenza di una loro organizzazione imprenditoriale, assenza che risulta appunto tra gli indici tipici delle società fittizie.
È inoltre tipica delle operazioni soggettivamente inesistenti, la circostanza del costante omesso pagamento delle imposte da parte delle società fittizie.
La Corte di cassazione osserva che tali circostanze, rilevate dagli accertatori nel giudizio in esame, reputate dalla giurisprudenza idonee a fornire la presuntiva dimostrazione della inesistenza soggettiva delle operazioni, avrebbero dovuto imporre alla Ctr di passare alla valutazione delle prove contrarie offerte dalla società contribuente. Quest’ultima avrebbe dovuto dimostrare di non essere stata in grado di comprendere, pur con l’esercizio della massima diligenza esigibile, che le società alle quali erano affidate le opere in subappalto erano mere cartiere.
La Commissione regionale, invece, ha erroneamente ritenuto che le prove utilizzabili dal giudice penale fossero di per sé sufficienti a provare la realtà soggettiva delle operazioni.

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