22 Aprile 2020
In presenza di induttivo puro, sì alla media di ricarico semplice
In tema di accertamento, l’inattendibilità complessiva delle scritture contabili legittima l’amministrazione finanziaria all’uso di presunzioni supersemplici, ovvero anche prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, invertendo sul contribuente l’onere della prova contraria. Di conseguenza è legittimo anche un accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, pur a fronte di una notevole varietà di prodotti commercializzati dal contribuente, determini la percentuale di ricarico utilizzando la media semplice anziché quella ponderata.
Lo ha stabilito la Cassazione che, con l’ordinanza 7290 del 16 marzo 2020, ha accolto il ricorso dell’Agenzia nei confronti del fallimento di una società.
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
La Ctr, in sede di giudizio di rinvio, dopo un primo intervento della Cassazione, ha annullato l’avviso di accertamento, fondato sulle gravi irregolarità e omissioni contabili che rendevano del tutto inattendibili le scritture contabili di una società.
In sintesi, secondo la Commissione tributaria regionale, il ricarico applicato era stato determinato su un campione di merce limitato rispetto ai numerosi prodotti commercializzati, sicché risultava non significativo. Inoltre l’amministrazione aveva fatto ricorso alla media semplice e non a quella ponderata, per cui lo scostamento accertato non assumeva la dignità di prova fondata su circostanze gravi, precise e concordanti.
Con il ricorso in Cassazione l’Agenzia delle entrate ricorda che l’accertamento era stato emesso con metodo induttivo puro, che ammette le presunzioni supersemplici (legittimando di fatto anche l’utilizzo della media semplice) e che questo metodo comporta un’inversione dell’onere della prova, con la conseguenza che spettava al contribuente dover allegare e dimostrare la non veridicità dei fatti contestati dall’amministrazione.
La suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, ha ricordato che il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico extracontabile e quello condotto con metodo induttivo puro sta nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili.
Nel primo caso, l’incompletezza non consente all’amministrazione di prescindere del tutto dalle scritture contabili, cosa che è invece ammessa nel secondo caso. Ne consegue che, avvalendosi di procedure supersemplici, si determina un’inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione degli elementi contrari.
È vero che, secondo giurisprudenza consolidata, in tema di accertamento induttivo fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, il ricorso alla media aritmetica semplice è consentito quando risulti l’omogeneità della merce, dovendosi invece utilizzare la media ponderale quando, tra i vari tipi di merce, esiste una notevole differenza di valore e i prodotti più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio (cfr, Cassazione nn. 30363/2019, 33458/2018 e 4312/2015). Ma, nel caso in esame, ha errato la Ctr nel dare risalto alla scarsa significatività al campione di merce utilizzato dall’Agenzia delle entrate nella ricostruzione del ricarico, rispetto alla varietà dei prodotti commercializzati dalla contribuente. Ciò in quanto, acclarata la legittimità del ricorso all’accertamento induttivo puro, l’amministrazione era legittimata a utilizzare qualsiasi elemento, spettando semmai al contribuente fornire la prova contraria in ordine all’errata determinazione del ricarico.
Osservazioni
Sul punto, ricordiamo che l’articolo 39, comma 2, del Dpr n. 600/1973, consente all’amministrazione finanziaria di procedere alla rettifica induttiva del reddito di impresa: presupposto di tale tipologia di accertamento è il disconoscimento dell’intero impianto contabile per la presenza di irregolarità formali così numerose da rendere la contabilità inattendibile, nonché carente dal punto di vista della sistematicità.
In questi casi l’ufficio può anche prescindere, nella ricostruzione del reddito, dalle risultanze delle scritture contabili, procedendo in base a dati e notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza, avvalendosi cioè anche di presunzioni “supersemplici”, prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza.
La facoltà attribuita all’Agenzia delle entrate di disattendere completamente le scritture contabili costituisce un’eccezione alla regola generale, che il legislatore contempla solo quando le irregolarità constatate sono tali da far perdere alle scritture contabili il carattere privilegiato che a esse è altrimenti riconosciuto, ma attribuendo in ogni caso all’ufficio la possibilità di ricavarne elementi utili a rideterminare il presupposto d’imposta con notevoli margini di apprezzamento discrezionale.
In merito alla possibilità per l’ufficio di applicare, nella ricostruzione del volume dei ricavi, la media di ricarico semplice piuttosto che quella ponderata, secondo giurisprudenza consolidata (cfr, Cassazione nn. 979/2003, 14328/2009, 10148/2010 e 27822/2013) non costituisce oggetto di specifica previsione legislativa, rimanendo pertanto escluso che la scelta di uno piuttosto che dell’altro possa integrare una violazione di norme di diritto; “la scelta da parte dell’Amministrazione finanziaria del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve, tuttavia, rispondere a canoni di coerenza logica e congruità che devono essere esplicitati attraverso adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio della “media aritmetica semplice” in luogo della “media ponderale” quando risulti l’omogeneità della merce, ma non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio”.
L’unica accortezza da osservare da parte dell’amministrazione finanziaria è quella di procedere su un campione significativo di articoli, non essendo la stessa tenuta a verificare la generalità dei dati di riscontro, ben potendosi basare su quelli ritenuti sintomatici ai fini dell’indagine ricostruttiva del reddito del contribuente. Spetterà semmai al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando, nel caso dell’applicazione della media semplice (o aritmetica), la non omogeneità merceologica (rectius non comparabilità) della merce presente in magazzino oppure l’inadeguatezza del campione di merce rilevato, o ancora l’inesatta rilevazione della percentuale di ricarico. Nel caso affrontato dalla pronuncia in commento, tali ultimi elementi non sono stati ritenuti sufficienti in quanto in presenza (acclarata) dei presupposti per un accertamento induttivo “puro” la prova contraria avrebbe evidentemente dovuto essere più specifica.

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