Analisi e commenti

17 Marzo 2020

Accertamento esecutivo al debutto per la riscossione entrate locali

Per rendere più efficace l’attività di riscossione, sia spontanea che coattiva, la legge di bilancio per il 2020 ha riformato il sistema di riscossione delle entrate locali (articolo 1, commi 784-815, legge 160/2019). Destinatari dell’intervento sono, dunque, esclusivamente gli enti locali, vale a dire le Province, le Città metropolitane, i Comuni, le Comunità montane, le Unioni di comuni e i Consorzi tra gli enti locali; non ne sono interessate le Regioni.
In particolare, il comma 792 ha previsto che gli atti emessi a partire dal 1° gennaio 2020 devono contenere gli elementi utili ad assicurare che gli stessi, decorso il termine per la proposizione del ricorso, acquistino efficacia di titolo esecutivo, con possibilità di attivare le conseguenti procedure esecutive e cautelari senza dover più attendere la formazione e la notifica della cartella di pagamento o l’ingiunzione fiscale. In tal modo, riducendo il tempo intercorrente tra la fase accertativa e quella di riscossione.
In pratica, è stato esteso anche ai tributi locali l’istituto dell’“accertamento esecutivo”, che il decreto legge 78/2010, articolo 29, aveva pensato per i soli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate ai fini delle imposte sui redditi, dell’Irap e dell’Iva e per i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni (in verità, il successivo articolo 30, allo scopo di potenziare i processi di riscossione dell’Inps, stabilisce che il recupero delle somme dovute a qualsiasi titolo all’Istituto previdenziale, pure a seguito di accertamento, avvenga tramite avviso di addebito con valore, anch’esso, di titolo esecutivo).

Per quali entrate e per quali atti
L’accertamento esecutivo riguarda non solo le entrate tributarie (Imu, Tari, Tosap, imposta sulla pubblicità, eccetera), ma anche quelle patrimoniali (come gli oneri di urbanizzazione, il servizio idrico). Tuttavia, in assenza di interventi diretti sul “Nuovo codice della strada” (Dlgs 285/1992), in particolare sull’articolo 206 che disciplina la riscossione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie, la novità non coinvolge le contravvenzioni stradali, che pur si considerano entrate patrimoniali.
L’istituto dell’accertamento esecutivo opera per gli atti emessi a partire dal 1° gennaio 2020, anche – specifica la norma – con riferimento ai rapporti pendenti alla stessa data, in base alle norme che regolano ciascuna entrata. In merito, l’amministrazione finanziaria, nell’ambito di un incontro con la stampa specializzata, ha precisato che non sono interessati dalla novità gli atti già formati e protocollati entro il 31 dicembre 2019 e spediti per la notifica successivamente a quel termine.

I contenuti necessari dell’atto “impoesattivo”
Gli avvisi di accertamento tributario e gli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali, emessi dagli enti locali e dai soggetti affidatari dei servizi di riscossione, nonché i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni devono contenere, tra l’altro, l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso (ovvero, nel caso di entrate patrimoniali, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto di riscossione), all’obbligo di pagamento degli importi indicati, oppure, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, l’indicazione dell’applicazione delle disposizioni in tema di esecuzione delle sanzioni tributarie (articolo 19, Dlgs 472/1997) ovvero in tema in tema di opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici (articolo 32, Dlgs 150/2011).
Inoltre, devono contenere l’indicazione che gli stessi costituiscono titolo esecutivo idoneo ad attivare le procedure esecutive (pignoramento) e cautelari (ipoteca, fermo dei beni mobili registrati) nonché l’indicazione del soggetto che, decorsi 60 giorni dal termine ultimo per il pagamento, procederà alla riscossione delle somme richieste, anche ai fini dell’esecuzione forzata.
Si tratta, dunque, di atti “impoesattivi”, in quanto concentrano in un solo provvedimento sia la funzione impositiva che quella esattiva, valendo anche come titolo esecutivo e precetto.

Sospensione ex lege, non se è a rischio la riscossione
Decorso il termine utile per la proposizione del ricorso (ovvero passati 60 giorni dalla notifica dell’atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali), gli atti acquistano efficacia di titolo esecutivo senza che sia più necessario notificare la cartella di pagamento (o l’ingiunzione fiscale).
Dopo 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, può essere avviata la riscossione: l’ente impositore vi provvede in proprio oppure affidandola al concessionario locale o a quello “nazionale” (Agenzia delle entrate – Riscossione). Il soggetto legittimato alla riscossione forzata deve informare il debitore, tramite raccomandata semplice o posta elettronica, di aver preso in carico le somme (in caso di fondato pericolo per la riscossione, debitamente motivato e portato a conoscenza del contribuente, decorsi 60 giorni dalla notifica degli atti di accertamento esecutivo, la riscossione integrale delle somme, compresi interessi e sanzioni, può essere affidata anche anticipatamente).

A partire dalla data dell’affidamento, l’esecuzione è sospesa per 180 giorni; il periodo è ridotto a 120 giorni, se la riscossione è a cura dello stesso soggetto che ha notificato l’avviso di accertamento.
La sospensione non si applica alle azioni cautelari e conservative nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore; inoltre, non opera in caso di accertamento definitivo e nell’ipotesi di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione.
Se il riscossore, dopo l’affidamento in carico, viene a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo per la riscossione, la sospensione automatica non opera e non è richiesto l’invio dell’informativa al contribuente.

Dopo un anno dalla notifica degli atti esecutivi, il riscossore, prima di procedere con l’espropriazione forzata, deve notificare al debitore un avviso con l’intimazione ad adempiere l’obbligo entro cinque giorni (articolo 50, Dpr 602/1973).

Limiti all’esecutività
Gli atti in questione non acquistano efficacia di titolo esecutivo se emessi per somme inferiori a 10 euro. Il debito, comunque, resta in piedi e potrà essere recuperato con eventuali successivi atti che superano cumulativamente l’importo indicato.
Per importi fino a 10mila euro, l’ente, dopo che l’atto è divenuto titolo esecutivo e prima di attivare la procedura esecutiva e cautelare, deve inviare un sollecito di pagamento, con cui avvisa il debitore che il termine indicato nell’atto è scaduto e che, se non provvede al pagamento entro 30 giorni, scattano le procedure cautelari ed esecutive.

Rateazione in caso di difficoltà
I commi da 796 a 804 dispongono che, in assenza di una specifica regolamentazione da parte degli enti locali, gli stessi, su richiesta del debitore, devono concedere la ripartizione del pagamento delle somme dovute, sempre che superiori a 100 euro e a condizione che il debitore versi in una situazione di temporanea e obiettiva difficoltà, fino a un massimo di 72 rate mensili (con scadenza nell’ultimo giorno di ciascun mese indicato nell’atto di accoglimento dell’istanza di dilazione), secondo il seguente schema:

  • oltre 100 euro e fino a 500 euro, massimo 4 rate mensili
  • oltre 500 euro e fino a 3.000 euro, da 5 a 12 rate mensili
  • oltre 3.000 euro e fino a 6.000 euro, da 13 a 24 rate mensili
  • oltre 6.000 euro e fino a 20.000 euro, da 25 a 36 rate mensili
  • oltre 20.000 euro, da 37 a 72 rate mensili.

L’ente può deliberare ulteriori condizioni e modalità di rateizzazione, prevedendo comunque una durata massima non inferiore a 36 rate mensili per i debiti di importi eccedenti i 6mila euro.
La dilazione, in caso di comprovato peggioramento della situazione di difficoltà, è prorogabile una sola volta per un ulteriore periodo (fino a un massimo di 72 rate) o per il periodo massimo disposto dal regolamento dell’ente, purché non sia intervenuta decadenza dal beneficio. Questa si verifica automaticamente in caso di mancato pagamento, dopo espresso sollecito, di due rate anche non consecutive nell’arco di sei mesi; in tale ipotesi, il debito non può più essere rateizzato e tutta la cifra ancora dovuta è immediatamente riscuotibile in unica soluzione.

Ricevuta la richiesta di rateazione, l’ente creditore o il soggetto cui è stata affidata la riscossione può iscrivere l’ipoteca o il fermo amministrativo se la richiesta non viene accolta o in caso di decadenza dalla rateazione.
Rimangono comunque efficaci le procedure esecutive che risultano già avviate nel momento in cui viene concessa la rateazione.

Decorsi trenta giorni dall’esecutività dell’atto di accertamento e fino alla data del pagamento, sulle somme dovute – escluse sanzioni, interessi, spese di notifica e oneri di riscossione – si applicano gli interessi di mora al tasso legale, che l’ente può maggiorare al massimo di due punti percentuali.
Inoltre, sono a carico del debitore i costi di elaborazione e notifica degli atti e quelli delle eventuali fasi cautelari ed esecutive, vale a dire:

  • gli oneri di riscossione, pari al 3% delle somme dovute (con un tetto di 300 euro) se si paga entro il 60° giorno dalla data di esecutività dell’atto ovvero pari al 6%, fino a un massimo di 600 euro, se si paga oltre quel termine;
  •  le spese di notifica degli atti e quelle correlate all’attivazione di procedure esecutive e cautelari, compresi i compensi agli istituti di vendite giudiziarie nonché diritti e oneri di assistenza legale.
Accertamento esecutivo al debutto per la riscossione entrate locali

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