16 Marzo 2020
L’accertamento Iva è valido anche se salta il contraddittorio
Il contenzioso portato all’attenzione dei giudici di legittimità scaturisce dal ricorso, proposto da una società, avverso un avviso di accertamento Iva per l’anno d’imposta 2012. In particolare, la controversia si era basata unicamente sull’eccezione, sollevata dalla controparte, di omessa attivazione del contraddittorio endo-procedimentale.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli aveva rigettato il ricorso della contribuente che, interponendo appello a tale pronuncia, si era vista accogliere le proprie doglianze da parte della Commissione tributaria regionale della Campania.
Pertanto, l’Agenzia delle entrate interponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La Corte, con la sentenza n. 3227 dell’11 febbraio 2020 in commento, ha cassato la sentenza di secondo grado impugnata e ha rinviato alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, sulla base delle seguenti motivazioni.
Con il primo motivo di ricorso, l’ufficio eccepiva la violazione e falsa applicazione:
- dell’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente)
- dell’articolo 17-bis del Dlgs n. 546/1992 in tema di reclamo-mediazione tributaria
- dell’articolo 39 del Dpr n. 600/1973
- dell’articolo 2697 del codice civile.
In particolare, l’Agenzia sosteneva che la Ctr avesse illegittimamente ritenuto non corretto l’avviso di accertamento sulla base della mancata attivazione del contraddittorio endo-procedimentale riguardando, la controversia, il solo recupero ai fini Iva.
Inoltre, sempre secondo l’impostazione adottata dall’ufficio, la controparte non avrebbe assolto all’obbligo di evidenziare le ulteriori motivazioni che avrebbe potuto far emergere, qualora fosse stata innescata la procedura di contraddittorio anticipato.
L’Agenzia ha poi censurato la pronuncia di secondo grado in quanto i giudici del riesame avrebbero erroneamente avallato le posizioni assunte dalla società, con il proprio ricorso, laddove veniva oltremodo evidenziata l’opportunità del contraddittorio preventivo sulla base del fatto che l’ufficio, in sede di esame del reclamo-mediazione presentato ai sensi dell’articolo 17-bis del Dlgs n. 546/1992, avesse rideterminato l’originaria pretesa tributaria, in chiave ovviamente più favorevole al contribuente.
L’ufficio aveva invano sostenuto, nel corso del giudizio di merito, che l’istituto della mediazione rappresenta un mero strumento utile a decongestionare il contenzioso non avendo, per sua natura, una valenza interpretativa circa la fondatezza o meno delle eccezioni sollevate da controparte.
I giudici di legittimità, all’esito della disamina di tale eccezione, ne hanno decretato l’assoluta fondatezza, ritenendo assorbito il secondo motivo di ricorso proposto dall’ufficio con il quale veniva lamentata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000 e dell’articolo 2697 del codice civile.
Invero, la Cassazione ha richiamato, in via preliminare, la consolidata giurisprudenza di legittimità venutasi a formare sul tema dell’obbligo di attivazione del contraddittorio endo-procedimentale (così come disciplinato dalla legge n. 212/2000) precisando che detto onere esiste nell’ipotesi di atti impositivi recanti rilievi in materia di tributi armonizzati (Iva), come nel caso in commento. In tale ipotesi, spetta al contribuente evidenziare, con ragionevole certezza, le argomentazioni che avrebbe potuto addurre a suo favore qualora il contraddittorio preventivo fosse stato correttamente instaurato (cfr Cassazione, pronunce nn. 24823/2015 (sezioni unite), 20799/2017 e 20267/2017).
Sul punto, secondo la Corte suprema, i giudici della Ctr hanno sbagliato nel ritenere che la società avesse rispettato detto adempimento collegandolo alla circostanza che l’ufficio, nel notificare la proposta di mediazione avesse, in buona sostanza, accolto alcune delle eccezioni ivi sollevate dalla contribuente.
La Cassazione, al contrario, ritiene che l’operato dell’Amministrazione finanziaria, in sede di mediazione, non potesse assolutamente essere indice di un indiretto assolvimento, da parte della società, dell’onere della prova su di essa gravante in base ai principi di ripartizione stabiliti dall’articolo 2697 del codice civile.
Di conseguenza, la società è chiamata a indicare specificamente e in concreto quali situazioni e/o atti avrebbe potuto esibire qualora fosse stata predisposta la fase del contraddittorio preventivo.
In conclusione, il ricorso dell’Agenzia trova accoglimento in sede di legittimità. Per la Corte suprema, il contribuente che denuncia la mancata attivazione del contraddittorio endo-procedimentale non può richiamare, quale affievolimento del generale principio di ripartizione dell’onere probatorio, il comportamento adottato dall’ufficio in sede di mediazione; ma, al contrario, dovrà indicare la sussistenza oggettiva di circostanze estintive e/o modificative, in tutto o in parte, dell’originaria pretesa tributaria, al fine di avvalorare la sua posizione di richiamo del disposto di cui all’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000.
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