Giurisprudenza

17 Maggio 2018

Ungheria, no al regime opzionale Ivase la scelta arriva a giochi fatti

Giurisprudenza

Ungheria, no al regime opzionale Iva
se la scelta arriva a giochi fatti

Il criterio mette al riparo da trattamenti fiscali differenti per soggetti in analoghe situazioni, inoltre, le amministrazioni devono conoscere in anticipo il tipo di tassazione applicato

Ungheria, no al regime opzionale Iva|se la scelta arriva a giochi fatti

La Corte Ue ritiene conforme al diritto comunitario una normativa nazionale che esclude l’applicazione di un regime speciale Iva con franchigia per le piccole imprese, per i soggetti che non si siano avvalsi della facoltà di optare per l’applicazione di tale regime, contemporaneamente alla dichiarazione di inizio delle attività economiche, all’amministrazione tributaria.
 
La soluzione adottata è coerente, tra l’altro, con il principio di certezza del diritto per il quale la situazione fiscale del soggetto passivo non può essere indefinitamente rimessa in discussione.
 
La fattispecie
La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla fattispecie in esame verte sull’interpretazione del diritto comunitario e, in particolare, della direttiva 2006/112 sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un contribuente all’amministrazione finanziaria ungherese in merito alla decisione di quest’ultima di accertare l’esistenza di un debito Iva.
 
In seguito a un controllo effettuato dall’amministrazione fiscale ungherese, è stato accertato che un contribuente aveva realizzato numerose vendite di dispositivi elettronici su due piattaforme internet, senza essere iscritto sul registro dei soggetti passivi Iva né aver dichiarato i proventi derivati da tali operazioni. È stato altresì accertato che lo stesso aveva esercitato un’attività di vendita i cui proventi non superavano la soglia che dava diritto all’esenzione soggettiva stabilita all’articolo 188, paragrafo 2, della legge sull’Iva, e che aveva continuato a vendere con ricavi trascurabili.
 
Quindi, il contribuente si è iscritto nel registro dei soggetti passivi Iva e ha optato per l’esenzione soggettiva ovvero per il regime che prevede una franchigia dall’Iva a favore delle piccole imprese, previsto dagli articoli 187 e seguenti della legge sull’Iva.
Successivamente, l’amministrazione tributaria ha stabilito l’esistenza di un debito Iva a suo carico e lo ha condannato al pagamento di una nuova sanzione e di interessi di mora.
 
La fattispecie è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sottoposto la questione al vaglio pregiudiziale della Corte Ue. Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto comunitario debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che escluda l’applicazione di un regime speciale di assoggettamento all’Iva, prevedendo una franchigia per le piccole imprese a un soggetto passivo che soddisfi tutte le condizioni sostanziali, ma che non si sia avvalso della facoltà di optare per l’applicazione di tale regime contemporaneamente alla sua dichiarazione di inizio delle attività economiche all’amministrazione tributaria.
 
Le osservazioni della Corte Ue
Al riguardo, la Corte fa presente che gli articoli da 282 a 292 e, in particolare, l’articolo 287, punto 12, della direttiva Iva, prevedono la possibilità per gli Stati membri di concedere alle piccole imprese una franchigia dall’imposta sul valore aggiunto. L’articolo 290 di tale direttiva stabilisce la facoltà per il soggetto passivo, che può fruire della franchigia, di optare per il regime speciale oppure per l’applicazione delle modalità semplificate di cui all’articolo 281 della stessa direttiva.
 
Inoltre, in coerenza con gli articoli 281, e da 284 a 287 della stessa direttiva, gli Stati membri possono istituire e mantenere regimi particolari se conformi al sistema dell’Iva.
Il meccanismo di esenzione soggettiva, previsto dal diritto ungherese, è un regime particolare che consente alle imprese il cui volume d’affari non superi una certa soglia di beneficiare di un’esenzione d’imposta. In base a tale regime, la piccola impresa non è soggetta al pagamento dell’imposta, non ha diritto alla detrazione dell’Iva versata a monte e deve emettere esclusivamente fatture che non includano l’Iva
Nel caso di specie, al soggetto passivo era stata negata la possibilità di beneficiare del regime sulla base del fatto che il diritto di optare per tale esenzione avrebbe dovuto essere esercitato durante l’anno civile nel corso del quale egli desiderava fruire dell’agevolazione.
 
 
Per quanto riguarda l’obbligo di dichiarare l’inizio di un’attività economica, la Corte ha già precisato che la direttiva Iva non osta a una normativa nazionale che imponga a un soggetto passivo di rendere una simile dichiarazione quando il prodotto di tale attività non superi la soglia che dà diritto alla franchigia per le piccole imprese.
Nel caso di specie, occorre verificare se uno Stato membro possa subordinare il beneficio alla scelta operata contemporaneamente alla presentazione della dichiarazione di inizio dell’attività e applicare d’ufficio, in mancanza dell’opzione effettuata in tale occasione, il regime normale Iva.
 
L’applicazione del regime speciale per le piccole imprese configura un’opzione facoltativa di cui dispongono i Paese Ue per organizzare il loro sistema impositivo. D’altra parte, in linea con l’articolo 273, primo comma, della direttiva Iva, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi, rispetto a quelli previsti da tale direttiva, che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e a evitare l’evasione fiscale.
 
In base all’articolo 272, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Iva, gli Stati possono esentare i soggetti passivi che beneficiano di un regime di franchigia per le piccole imprese da determinati obblighi o da qualsiasi obbligo della stessa direttiva. Si deve pertanto constatare che la decisione del legislatore ungherese di istituire un’agevolazione, subordinandone contemporaneamente l’applicazione a determinati requisiti procedurali, ricade nell’ambito di discrezionalità che la direttiva concede agli Stati.
Tuttavia, se è vero che le singole amministrazioni nazionali dispongono di un margine di discrezionalità nella scelta delle misure da adottare per assicurare l’esatta percezione dell’imposta, esse sono tuttavia tenute a esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, in particolare, nel rispetto del criteri di proporzionalità, neutralità fiscale e certezza del diritto.
 
Pertanto, per quanto riguarda il principio di proporzionalità, la Corte osserva che l’obbligo di versare l’Iva per le vendite realizzate configura non la sanzione per l’inadempimento dell’obbligo di dichiarare l’inizio attività nonché di effettuare la scelta a favore di un regime di esenzione, ma per il recupero dell’Iva divenuta esigibile con l’inizio, da parte di un operatore, della sua attività economica. Inoltre, la Corte osserva che il principio di proporzionalità non osta a che uno Stato membro che si sia avvalso della facoltà di accordare ai propri soggetti passivi il diritto di optare per un regime speciale di imposizione, adotti una normativa che subordini l’integrale detrazione dell’Iva versata a monte all’ottenimento di una previa approvazione, non retroattiva, da parte dell’amministrazione fiscale.
Al riguardo, la Corte ha precisato che l’irretroattività della procedura di approvazione non rende la procedura stessa sproporzionata. Il regime normale di assoggettamento diviene applicabile se il contribuente non ha operato alcuna scelta in favore del regime dell’esenzione soggettiva. Di conseguenza, una normativa nazionale che neghi la concessione della franchigia, non va al di là di quanto è necessario per l’esatta riscossione dell’imposta.
 
Per quanto riguarda poi il principio della neutralità fiscale, la Corte ribadisce che i provvedimenti che gli Stati membri hanno la facoltà di adottare per assicurare l’esatta riscossione ed evitare l’evasione non possono essere utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’Iva. A tal proposito, consentire a soggetti passivi di optare per un regime di franchigia successivamente al termine impartito porrebbe quest’ultimi in una posizione di indebito vantaggio concorrenziale a danno degli operatori che hanno debitamente rispettato gli obblighi procedurali previsti dalla legislazione nazionale.
Il principio di neutralità fiscale osta, in particolare, a che soggetti passivi che si trovino in situazioni analoghe e, quindi, in concorrenza tra di loro, siano trattati in maniera diversa sotto il profilo tributario. Ne consegue che il principio della neutralità fiscale e, in modo più generale, il principio della parità di trattamento dei soggetti passivi non ostano a una normativa nazionale che non conceda la franchigia dall’Iva a chi ha omesso di optare per uno dei regimi speciali al momento della dichiarazione di inizio della loro attività economica, anche se il ricavato no eccede la soglia prevista per beneficiare del regime di vantaggio.
 
Infine, la Corte Ue rileva che il principio di certezza del diritto deve essere rispettato dalle istituzioni dell’Unione europea ma anche dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie. Tale principio esige che la situazione fiscale del soggetto passivo non possa essere indefinitamente rimessa in discussione. Inoltre, dato che i beneficiari dell’esenzione soggettiva non pagano l’Iva e non necessitano di trasferirla sui loro clienti, è indispensabile per le amministrazioni tributarie conoscere in anticipo i soggetti passivi che abbiano optato per tale regime di franchigia. Di conseguenza, la normativa nazionale è conforme al principio di certezza del diritto.
 
Le conclusioni
Ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che il diritto comunitario deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale che escluda l’applicazione di un regime speciale di assoggettamento all’Iva che prevede una franchigia per le piccole imprese a un soggetto passivo che soddisfi tutte le condizioni sostanziali, ma che non si sia avvalso della facoltà di optare per l’applicazione di detto regime contemporaneamente alla dichiarazione di inizio delle sue attività economiche all’amministrazione tributaria. 
 
 
Data della sentenza
17 maggio 2018
 
Numero della causa
C-566/16
 
Nome delle parti
David Vamos
 
contro
 
Nemzeti Adò – ès Vamhivatal Fellebbviteli Igazgatosaga

Marcello Maiorino

pubblicato Giovedì 17 Maggio 2018

Ungheria, no al regime opzionale Ivase la scelta arriva a giochi fatti

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