Giurisprudenza

4 Febbraio 2019

Prima la cartella, poi il trust: così c’è responsabilità penale

Giurisprudenza

Prima la cartella, poi il trust:
così c’è responsabilità penale

Un’operazione realizzata con tale “puntuale” scelta temporale porta a desumere la reale intenzione, non soltanto di evitare di pagare i debiti privati, ma anche di frodare il Fisco

Prima la cartella, poi il trust: |così c’è responsabilità penale

Si configura il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento d’imposte quando la costituzione del trust a favore dei figli fa seguito alla notificazione delle cartelle di pagamento e il contribuente conserva il potere di disporre senza limiti degli immobili conferiti.
È quanto affermato dalla suprema Corte con la sentenza n. 2569 del 21 gennaio 2019.
 
La vicenda processuale
La Corte d’appello conferma la condanna del Tribunale per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, per aver l’imputato, dopo aver ricevuto la notifica di cartelle di pagamento, costituito un trust a favore delle figlie allo scopo di separare dal proprio patrimonio cinque beni immobili a lui intestati, conservando ogni facoltà, diritto e potere di disporre dei beni medesimi senza alcuna limitazione.
Nel ricorso per cassazione, volto a ottenere l’annullamento della condanna, l’imputato, nel rilevare il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione, eccepisce l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato nella forma del dolo specifico.
In particolare, deduce che la Corte d’appello ha desunto l’intenzione di evadere le imposte dalla natura simulata del negozio, confondendo l’elemento soggettivo del reato con quello oggettivo. Non ha, altresì, tenuto conto della circostanza che la simulazione potesse essere indirizzata a scopi diversi dall’evasione, quali la difesa del patrimonio dalle pretese creditorie private, avendo l’imputato effettuato dei pagamenti precedentemente e successivamente alla costituzione del trust, che provano l’intenzione di onorare il debito erariale.
 
La pronuncia della Cassazione
La suprema Corte nel dichiarare inammissibile il ricorso, ritiene nella specie configurabile il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (articolo 11, comma 1, del Dlgs 74/2000).
 
Osservazioni
Premesso che il ricorrente non contesta la sussistenza del reato sotto il profilo oggettivo, sostanzialmente ammettendo la natura fraudolenta (o comunque simulata) del trust, la questione devoluta alla suprema Corte riguarda la sola sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
In detto contesto, invero, il sindacato della suprema Corte deve essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento.
 
Mediante la costituzione di un trust, invero, il disponente sottrae dal proprio patrimonio i propri beni (come, ad esempio, terreni, immobili, denaro, azioni o anche oggetti antichi), ponendoli sotto il controllo di uno o più trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari o anche per uno scopo prestabilito.
Nel caso di specie, a parere della suprema Corte, correttamente i giudici tributari hanno disatteso le censure difensive, deducendo l’intento fraudolento dagli elementi concreti della fattispecie, quali, ad esempio, la circostanza che il trust sia stato costituito a seguito della notifica della cartella di pagamento e il disponente abbia conservato il potere di disposizione dei beni. Altresì, il fine di sottrarsi al pagamento dei debiti privati non esclude quello di sottrarsi al pagamento dei debiti erariali, considerando che anche l’importo delle somme corrisposte all’erario è di gran lunga inferiore al dovuto.
 
Per la suprema Corte, non è manifestamente illogico desumere l’intenzione di frodare il fisco dalla circostanza che il trust sia stato costituito in data successiva alla cartella di pagamento.
Pertanto, sul piano logico, deve affermarsi la manifesta irragionevolezza della tesi difensiva che pretende di sminuire il dato oggettivo della costituzione del trust subito dopo la notificazione delle cartelle esattoriali, imponendo di desumere la finalità esclusiva della frode ai creditori privati che alla data di costituzione del trust non avevano ancora azionato il loro credito.
 

Dora De Marco

pubblicato Martedì 5 Febbraio 2019

Prima la cartella, poi il trust: così c’è responsabilità penale

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