Normativa e prassi

3 Marzo 2022

Servizio di trasporto del no profit, senza partita Iva ed emissione fattura

L’organizzazione di volontariato, che effettua il trasporto di pazienti in dialisi per conto di una Asl per fini di pubblico interesse, non paga l’Iva sui rimborsi erogati dall’Azienda sanitaria corrispondenti alle spese sostenute per la prestazione e, di conseguenza, non è tenuta ad aprire una partita Iva e a emettere fattura. Le regole cambieranno con la piena applicazione del Codice del terzo settore. È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 92 del 3 marzo 2022.

L’istante è un’Odv che, tra le attività svolte a fini solidaristici, si occupa del trasporto di dializzati, avendo ottenuto una specifica autorizzazione della Asl e il successivo inserimento nell’elenco degli enti che possiedono i requisiti con riferimento alla normativa di settore.
L’organizzazione riceve dall’Azienda sanitaria il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni rese, sulla base della specifica documentazione amministrativo-contabile presentata. Si tratta di attività, precisa l’istante, necessaria agli enti pubblici e, in particolare, in questo caso, alla Azienda sanitaria locale, per l’attuazione di una sua funzione rivolta al soddisfacimento di un pubblico interesse.

L’Odv, tuttavia, è stata esclusa dall’elenco delle strutture autorizzate al trasporto da parte della Asl, a causa della mancata presentazione della dichiarazione di impegno a emettere fattura.
L’ente di volontariato fa presente di non avere la partita Iva e, per superare l’ostacolo, vorrebbe utilizzare un documento contenente la dichiarazione a emettere “ricevute di pagamento”.
La Asl afferma che ciò non è possibile perché secondo la norma di riferimento in materia di trasporto di pazienti dializzati le “organizzazioni” che prestano tale servizio, oltre a possedere specifici requisiti, devono dichiarare l’impegno a emettere fattura, senza fare precisazioni o distinzioni tra associazioni di volontariato e altre forme giuridiche di impresa.

L’istante chiede che se il servizio prestato a fini solidaristici possa usufruire dall’esenzione Iva prevista dalla legge quadro sul volontariato (articolo 8, comma 2, legge n. 266/1991) e se, di conseguenza, l’ente possa essere esonerato dall’apertura della partita Iva e dall’emissione della fattura, sostituendo tale adempimento, ai fini del rimborso, con una ricevuta fiscale.

L’Agenzia delle entrate condivide, almeno per quanto riguarda il momento attuale, il parere della Odv. La disciplina che definisce le regole fiscali riservate agli enti e alle associazioni di volontariato è, infatti, in fase transitoria in attesa del via all’applicazione definitiva del Codice del terzo settore (Dlgs n. 117/2017) con conseguente archiviazione della legge n. 266/1997 ossia della legge quadro sul volontariato abrogata dal Cts stesso.

La cornice normativa descritta dal documento di prassi prende le mosse dalle disposizioni più rilevanti ai fini dell’interpello contenute nella legge quadro. In particolare segnala che l’articolo 3 individua le caratteristiche che enti e associazione devono avere per essere considerati organizzazioni di volontariato. L’articolo 6 prevede, invece, che le Regioni e le Province autonome disciplinino l’istituzione e la tenuta dei registri generali delle Ovd riconosciute. L’iscrizione in tali registri è condizione necessaria per usufruire, tra l’altro, delle agevolazioni fiscale riservate al settore. Si deve all’articolo 8 l’agevolazione secondo cui “le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni né prestazioni di servizi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. In pratica la disposizione lascia fuori dal “campo Iva” le suddette prestazioni.

L’Agenzia conferma quanto già affermato in occasione della risposta n. 50/2020 tenendo conto del periodo di riferimento, e precisa che per usufruire dell’agevolazione prevista dall’articolo 8 della legge n. 266/1991, sono necessarie due condizioni: l’Odv deve essere iscritto nei registri predisposti dalle Regioni e dalle Province autonome (circostanza che assicura il possesso dei requisiti richiesti), le somme ricevute devono costituire mero rimborso delle spese effettivamente sostenute nello svolgimento dell’attività di interesse generale diretta al perseguimento delle proprie finalità.

A questo punto è necessario confrontarsi con le novità introdotte dal Codice del terzo settore.
Per quanto riguarda l’iscrizione nei suddetti registri il Cts ha istituito il Registro unico nazionale del terzo settore. Dal 23 novembre 2021 è iniziato il trasferimento al Runts dei dati relativi agli enti iscritti nei registri delle Odv delle regioni e province autonome.
Per la verifica dei requisiti necessari per la conservazione della qualifica di Organizzazione di volontariato e il conseguente inserimento nel Registro unico, occorre fare distinzione tra gli enti costituiti prima della data di entrata in vigore del Dlgs n.117/2017 e quelli nati dal 3 agosto 2017.
Per i primi la verifica dovrà essere basata sulla normativa in vigore al momento della costituzione dell’organizzazione. In caso di non corrispondenza solo parziale tra disposizioni dello statuto dell’ente e Codice, la domanda di iscrizione non sarà respinta. Il richiedente infatti ha 18 mesi di tempo per modificare il proprio statuto.
Le Odv costituite dopo il 3 agosto 2017 devono rispettare le disposizioni stabile dal Cts subito applicabili.

Delineato il quadro normativo indispensabile a definire la questione descritta nell’interpello, l’Agenzia richiama quanto stabilito dall’articolo 33, comma 3, del Codice del terzo settore e cioè che “per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono ricevere soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate”.
Sempre in virtù del Cts, inoltre, l’agevolazione Iva prevista dall’articolo 8 della legge quadro è ancora in vigore perché la norma è abrogata dal periodo di imposta successivo alla necessaria autorizzazione della Commissione europea e, in ogni caso, non prima del periodo di imposta successivo all’operatività del Registro unico (articolo 104, comma 2).

In conclusione, l’organizzazione istante, se in possesso dei requisiti previsti dal quadro normativo vigente, al momento non è tenuta ad aprire la partita Iva e a emettere fattura nei confronti delle Asl, esclusivamente per lo svolgimento delle attività di interesse generale (articolo 5 Cts) (escluse quindi quelle diverse del successivo articolo 6) e sempreché le somme ricevute siano meri rimborsi delle spese sostenute (articolo 33, comma 3, Cts).

L’agevolazione, in ogni caso, decadrà al verificarsi delle condizioni previste dall’articolo 104 del Codice che comporteranno l’abrogazione dell’articolo 8 della legge n. 266/1991.

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