Normativa e prassi

1 Dicembre 2020

Iva sulla fornitura dei buoni pasto: l’aliquota varia in base al contratto

La corretta base imponibile dei servizi sostitutivi di mensa aziendale resi a mezzo di buoni pasto, nel rapporto contrattuale tra società emittente il ticket restaurant e il datore di lavoro, che sconta l’Iva al 4%, è costituita dal prezzo pattuito tra le parti, a prescindere che sia superiore uguale o inferiore al valore facciale del buono. Nel rapporto contrattuale tra l’emittente e la mensa aziendale/interaziendale che accetta il buono, da assoggettare ad aliquota al 10%, invece, le società di emissione dei ticket applicano una percentuale di “sconto incondizionato” sul valore nominale dei buoni pasto.
È quanto precisato nella risoluzione  n. 75/E dell’1° dicembre 2020, con cui l’Agenzia ha fornito dei chiarimenti a una società sul trattamento, ai fini Iva, dei servizi sostitutivi di mensa aziendale forniti tramite buoni pasto.

L’Agenzia, richiamando in primis il decreto Mise n. 122/2017 che regolamenta i servizi sostitutivi di mensa aziendale e le caratteristiche dei buoni pasto, disciplinando il contenuto e le clausole di regolamentazione degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili, rileva che il servizio di mensa erogato tramite i ticket comporta l’instaurazione di due diversi rapporti contrattuali tra i soggetti coinvolti:

1) tra la società che emette i buoni pasto e il datore di lavoro
2) tra la società emittente e la mensa aziendale e interaziendale che accetta i buoni pasto.

Per quanto riguarda il primo rapporto, la somministrazione di cibi e bevande presso la mensa aziendale sconta l’aliquota agevolata del 4%, al ricorrere dei presupposti previsti dal n. 37 della Tabella A, parte II, del Dpr n. 633/1972, anche se è resa in dipendenza di contratti, inclusi quelli di appalto, aventi ad oggetto servizi sostitutivi di mensa aziendale, sempreché siano commesse da datori di lavoro (articolo 75, comma 3, della legge n. 413/1991).
L’aliquota ridotta del 4% riguarda tutte le prestazioni aventi ad oggetto somministrazioni fornite al personale dipendente nei locali di “mensa aziendale” (risoluzione n. 35/2001).
Riguardo al significato di “mense aziendali”, poi, viene richiamata la risoluzione n. 202/2002, secondo cui si intendono quelle la cui gestione è data in appalto a un’impresa specializzata, o svolta direttamente dall’azienda, a prescindere dal luogo. L’appaltatore, inoltre, è tenuto alla fornitura degli alimenti esclusivamente nei confronti dei dipendenti.
Qui, chiarisce l’Agenzia, la base imponibile da assoggettare all’aliquota ridotta è costituita sempre dal prezzo convenuto tra le parti, non rilevando il fatto che sia pari inferiore o superiore al valore facciale del buono.
Per quanto riguarda il secondo rapporto, l’aliquota applicabile è sempre quella del 10% come indicato dalla normativa (n. 121 della tabella A, Parte III, del Dpr n. 633/1972).
L’Agenzia rileva, poi, che, in linea generale, le società di emissione dei buoni pasto applicano una percentuale di “sconto incondizionato” (sconto/convenzione tra società di somministrazione pasti e società di gestione dei ticket) sul valore nominale dei buoni pasto. In tal caso, la base imponibile va determinata applicando la percentuale di sconto convenuta al valore facciale del buono pasto, scorporando, quindi, dall’importo così ottenuto, l’imposta in esso compresa, mediante l’applicazione delle percentuali di scorporo dell’Iva indicate nel comma 4 dell’articolo 27 del Dpr n. 633/1972.

Iva sulla fornitura dei buoni pasto: l’aliquota varia in base al contratto

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