Giurisprudenza

19 Giugno 2020

Perdite sui crediti deducibili dal fallimento del debitore

In caso di procedura concorsuale nei confronti del debitore, in base al criterio di competenza, il creditore può dedurre dal reddito d’impresa le somme non riscosse nell’esercizio in cui si verificano le condizioni di certezza dell’irrecuperabilità dell’importo e cioè dalla dichiarazione di fallimento della parte debitrice. È quanto ribadisce la Cassazione con l’ordinanza n. 8587 dello scorso 7 maggio.

Il fatto
La vicenda processuale nasce dall’impugnazione, davanti alla Ctp di Roma, di un avviso di accertamento con cui l’ufficio finanziario, a seguito di verifica e istanza di accertamento con adesione, aveva recuperato a tassazione, ai fini Ires, Irap e Iva, i ricavi realizzati nel 2004 da una Srl.
Di tutti i rilievi presenti nel ricorso della contribuente, la Commissione tributaria accoglieva soltanto quello relativo alla deduzione delle perdite derivanti da crediti vantati nei confronti di società sottoposte a fallimento, anche se imputabili a esercizi precedenti al 2004 e, quindi, non riguardanti il periodo del controllo.
Dello stesso parere anche la Commissione tributaria regionale del Lazio, che decidendo sull’appello presentato dall’Agenzia delle entrate, con sentenza n. 549/14/11, dava torto all’amministrazione finanziaria e ammetteva la deduzione delle perdite sui crediti anche se relative a un periodo diverso da quello interessato.
A questo punto l’Agenzia si rivolge alla Corte suprema proponendo ricorso per la cassazione della sentenza della Ctr. In particolare il Fisco, con un unico motivo, lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 101 del Dpr n. 917/86, in relazione all’articolo 360, co. 1, n. 3 cod. proc. Civ.” là dove il Tribunale regionale ritiene deducibili le perdite sui crediti anche al di fuori del periodo di imposta di competenza.

La decisione
La Corte di cassazione, ribalta le due precedenti pronunce e ritiene fondato il ricorso dell’amministrazione finanziaria.
I giudici di legittimità rilevano, innanzitutto, che riguardo al principio di competenza occorre far riferimento all’articolo 109 del Tuir (ex articolo 75, Tuir) secondo cui i ricavi, le spese e le altre voci positive e negative, salvo specifiche eccezioni, concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio di competenza. Nel caso in cui in tale periodo non sia ancora sicura l’esistenza delle suddette componenti o determinabile in modo obiettivo il loro ammontare, le corrispondenti somme concorreranno alla formazione del reddito nell’anno in cui tali condizioni potranno ritenersi soddisfatte.
Per quel che concerne, in particolare, la corretta imputazione e conseguente deducibilità delle perdite sui crediti, continua la Cassazione, la regola è dettata dall’articolo 101, comma 5, del Tuir, in base al quale gli elementi certi di detta componente negativa si verificano con l’apertura di una procedura concorsuale nei confronti del debitore del contribuente. Più nel dettaglio, ai fini della deducibilità, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento.
Di conseguenza, tornando al contenzioso in esame, le componenti negative oggetto della contestazione non potevano essere dedotte dal contribuente in periodi d’imposta diversi da quello del dichiarato fallimento della controparte e, quindi, non nel 2004. In proposito la disposizione parla chiaro e non ammette deroghe.
Il parere, osservano i giudici, è conforme all’orientamento già espresso dalla Corte in altri procedimenti riguardanti l’inderogabilità del criterio di competenza oggettivo in materia di deducibilità delle componenti negative del reddito per i mancati incassi conseguenti al fallimento della parte debitrice.
La Cassazione ribadisce che il periodo di competenza ai fini della deduzione coincide con il concretizzarsi degli elementi “certi e precisi” che decretano l’irrecuperabilità della somma e cioè con l’apertura della procedura concorsuale nei confronti di chi non ha soddisfatto il debito. In caso contrario si lascerebbe al contribuente la facoltà di scegliere il periodo d’imposta a lui più vantaggioso per operare la deduzione “snaturando la regola espressa al principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa (Cfr. Cass. 21 aprile 2011, n. 9218; Cass. 23 dicembre 2014, n. 27296 e da ultimo Cass. 15 gennaio 2019, n. 775).

La pronuncia della Ctr, conclude la Corte di cassazione, è in contrasto con le previsione dell’articolo 101 del Tuir e l’ufficio finanziario ha agito correttamente riprendendo a tassazione le perdite sui crediti effettuate in esercizi diversi dalla dichiarazione di fallimento. Il ricorso dell’Agenzia va, quindi, accolto e la sentenza impugnata cassata e rinviata la causa alla Commissione tributaria del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Perdite sui crediti deducibili dal fallimento del debitore

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