3 Giugno 2020
Eredità cospicua: ok al “sintetico” se il lascito non giustifica le spese
La Ctr per il Lazio, con la sentenza n. 1272, del 10 marzo scorso, ha stabilito che, ai fini dell’accertamento sintetico ex articolo 38, comma 4, Dpr 600/1973, l’effettiva capacità contributiva del contribuente deve essere valutata non solo sulla base della mera proprietà o provenienza dei beni ma tenendo in considerazione anche la necessaria attitudine al sostenimento di spese congrue per la gestione degli stessi.
I fatti in causa
Un ufficio dell’Agenzia delle entrate notificava a un contribuente un avviso di accertamento “sintetico”, poiché era emerso in capo al privato:
- il possesso di quattro autovetture
- il possesso di una moto
- di essere amministratore o responsabile legale di cinque società/ditte
- di avere partecipazioni in una srl dallo stesso costituita
- di avere ulteriori partecipazioni in altra srl.
Pertanto, il contribuente era risultato avere una capacità di spesa incompatibile con l’assenza di qualsiasi tipologia di redditi, anche in base alla documentazione esibita dall’interessato stesso su invito dell’ufficio.
Il processo di primo grado
Al centro della vertenza della quale veniva investita la Ctp di Roma, era la cospicua eredità che il contribuente esponeva e documentava di aver ricevuto dai genitori, costituita da un appartamento e da quote societarie. Lo stesso affermava di aver utilizzato tali disponibilità finanziarie per eseguire investimenti azionari.
Il contribuente, pertanto, nel criticare l’attività impositiva, tramite anche alcune eccezioni di natura preliminare, affermava di essere in possesso di soli redditi esenti e, comunque, non soggetti a denuncia perché soggetti già a ritenuta a titolo di imposta.
L’ufficio, nel resistere in giudizio e alla luce dell’esame della documentazione presentata dal privato, eccepiva, tra l’altro, che permaneva un rilevante incremento patrimoniale nel periodo considerato, per il quale non erano state dimostrate pregresse disponibilità, da ciò la legittimità e la fondatezza dell’atto impositivo.
Le doglianze preliminari del contribuente venivano accolte dal Collegio romano di prime cure, che, da una parte, riteneva decaduto l’ufficio dal potere impositivo per tardività e, dall’altra, riscontrava un difetto della delega di firma a sottoscrivere l’avviso di accertamento.
La decisione della Ctr
Proponeva appello l’ufficio, insistendo sia sull’infondatezza dei motivi preliminari, accolti dalla Ctp di Roma, che sul merito della pretesa impositiva. Per contro, il contribuente ribadiva la propria prospettazione anche in ordine alla decadenza dell’attività impositiva, atteso che, in generale, si sarebbe potuta invocare – assieme all’ufficio – l’omissione della presentazione della dichiarazione, con contestuale proroga dei termini accertativi, solo se vi fosse stato un obbligo alla presentazione, insussistente nel caso di specie.
La Ctr per il Lazio, nel decidere la lite favorevolmente all’amministrazione finanziaria, osserva che, per quanto attiene all’accertata disponibilità delle autovetture, in mancanza di prova contraria da parte del contribuente, il certificato del Pra, dal quale risulta, appunto, la disponibilità di una o più autovetture, costituisce elemento, comunque, idoneo a giustificare l’accertamento di un maggior reddito sintetico (cfr Cassazione, pronuncia n. 15931/2014).
Inoltre, continua il Collegio di seconde cure, per quanto concerne i beni ricevuti in eredità (immobili e aziende), se pure in caso di disponibilità di immobili acquisiti in via ereditaria, non v’è un preciso obbligo di denuncia nella dichiarazione dei redditi ex articolo 36 Tuir, vigente ratione temporis, in base al titolo giuridico vantato (proprietà o altro diritto reale).
Tuttavia, afferma la Commissione laziale ed è questo il punto essenziale della decisione, la correlata effettiva capacità contributiva va individuata non in base alla mera proprietà o provenienza degli stessi, bensì valutando anche il necessario sostenimento di spese congrue per il loro mantenimento (cfr. Cassazione, decisioni nn. 10603/2002, 7408/2011 e 23621/2011; idem per quanto concerne la manutenzione dei veicoli immatricolati, cfr Cassazione n. 1294/2007 e n. 7408/2011).
Il caso
Nella controversia in questione, chiosa la Ctr, si è avuta l’apertura di una prima successione ereditaria nel lontano 1995 (immobili e aziende), una seconda nel 1999 (azienda) e una terza nel 2003 (immobile). Tuttavia, pur a fronte di tali beni ricevuti, dall’esame della “Banca dati ipotecaria” risultavano diversi atti relativi al 1991 al 1994, ma soltanto due relativi alla successione ereditaria: a) accettazione tacita
b) certificazione di denuncia della successione.
Di conseguenza, il mantenimento dei vari immobili e delle aziende ricevute in eredità si era potuto concretizzare, nel corso degli anni, soltanto attingendo a redditi occultati all’erario.
Conclusioni
La conseguenza, conclude la Commissione laziale, è che, nel caso in esame, sussisteva un’omessa dichiarazione dei redditi, pertanto, l’avviso impugnato si dimostrava senza dubbio tempestivo in quanto la notifica era ritualmente avvenuta entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi, ex articolo 43 Dpr 600/73, vigente ratione temporis.
E l’attività impositiva del fisco aveva correttamente evidenziato il quantum evaso, sulla base della ricostruzione “sintetica” del reddito.
In definitiva, la mera eccezione di aver ricevuto un’eredità non giova al contribuente ove egli provveda al mantenimento di beni che richiedano sostanze spropositate, in relazione ai propri redditi.
La conseguenza, logica e indiretta, ma accettabile all’esito dello scrutinio giudiziale, è che vi sia materia imponibile nascosta all’erario.

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