Giurisprudenza

7 Aprile 2020

Il trust solo “formale” non salva dal sequestro conservativo dei beni

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 7442 del il 25 febbraio scorso, ha ribadito che sono possibili sequestri di beni conferiti in trust, in funzione preventiva, qualora vi siano elementi presuntivi che corroborino che il trust sia stato costituito a fini meramente simulatori.
 
Fatto
La Corte di assise di appello di Bari, nel procedimento a carico di un imputato di reati gravi contro la persona, disponeva, a istanza dei figli minorenni, costituiti parte civile, e a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dai reati, il sequestro conservativo di beni, mobili e immobili, già di proprietà dell’imputato, successivamente costituiti in trust.
 
Processo di merito
Il sequestro, così concesso, reiterava analogo provvedimento, adottato precedentemente dal Gip del Tribunale di Foggia, su richiesta del Pm ex articolo 316, comma 1-bis, cpp e, quindi annullato, in sede di riesame, dallo stesso Tribunale. Quest’ultimo, in particolare, accogliendo l’istanza del trustee, aveva ritenuto indimostrata la natura fittizia del trust.
Il trustee insorgeva avverso l’ordinanza reiterativa del vincolo, che era, tuttavia, confermata dal Tribunale di Bari, giudice del riesame.
 
Motivazioni del riesame
Secondo i giudici del capoluogo pugliese, erano dirimenti, nel confortare la legittimità del provvedimento cautelare, proprio le dichiarazioni del trustee, che aveva affermato come i beni confluiti nel trust fossero rimasti nella piena disponibilità dell’imputato, ovvero dei suoi genitori, pure partecipi del negozio e autori di separati conferimenti immobiliari.
I disponenti, in sostanza, avevano continuato a godere dei beni in parola e a gestirli, mentre il trustee neppure era mai entrato in possesso delle chiavi di accesso ai fabbricati.
Il trust, quindi, aveva natura familiare e non si era prodotta alcuna effettiva modificazione dei relativi assetti patrimoniali. Inoltre, i beneficiari del trust stesso e dei relativi redditi, erano i nipoti di uno dei disponenti e la costituzione dell’organismo era avvenuta contestualmente all’inizio di un procedimento penale a carico di quest’ultimo, per un altro grave delitto contro la persona.
Per il Tribunale di Bari, in definitiva, la natura simulata e virtuale del trust era evidente alla luce di tali indici, nonché del fatto che nessun concreto atto gestorio fosse stato posto in essere a vantaggio dei soggetti danneggiati dai reati, che erano due minori orfani, destinatari di una consistente provvisionale rimasta inadempiuta. L’unica finalità, a parere del collegio, era impedire che i beni potessero essere aggrediti per soddisfare le corrispondenti obbligazioni.
 
Ricorso per cassazione
La vertenza finiva avanti alla Corte di legittimità, a seguito di ricorso per cassazione del trustee, affidato a plurimi motivi, sul terzo dei quali – con cui lamentava la violazione dell’articolo 316 cpp e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato – appare opportuno focalizzare la nostra attenzione.
Il trust, nella prospettazione del ricorrente, sarebbe stato costituito per fornire ai beneficiari, figli minori dell’imputato, costituiti parte civile, i mezzi per il loro sostentamento, per il mantenimento agli studi e per l’avvio delle loro attività professionali: i ragazzi, a parere del trustee, avrebbero ottenuto dal patrimonio segregato un vantaggio maggiore rispetto a quello ricavabile dal sequestro preventivo, attesa l’irrevocabilità, l’immutabilità dei destinatari, la concentrazione di ogni potere gestorio sul trustee e la sua insostituibilità.
Sarebbero esistiti, infine, secondo le argomentazioni del ricorrente, plurimi atti di amministrazione compiuti dal trustee, nell’ottica di una reale e non meramente formale, segregazione patrimoniale.
 
Decisione della Corte suprema
La Cassazione opera una premessa relativamente all’istituto giuridico del trust, regolato dalla Convenzione dell’Aja del 1985, rispetto al possibile assoggettamento dei relativi beni a misure cautelari, o ablative, di carattere penale.
Caratteristica fondamentale del suddetto istituto, infatti, è il trasferimento di beni a un soggetto terzo, detto trustee, per effetto del quale il compendio così individuato viene segregato, nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato, divenendo indifferente alle vicende incidenti sia sul soggetto disponente (settlor), sia sul soggetto trasferitario (cfr. Cassazione, pronuncia n.15804/2015).
I beni trasferiti, quindi, non appartengono più al disponente e – pur se amministrati dal trustee, e a lui formalmente intestati – non entrano neppure a far parte del suo personale patrimonio. I diritti su di essi costituiti, non limitati nel loro contenuto, lo divengono nell’esercizio, rimanendo vincolati alla realizzazione dei suddetti interessi o fini.
 
Effetti del trust
La Corte suprema continua osservando che né i creditori del settlor né quelli del trustee possono soddisfarsi sui beni oggetto di segregazione finché questa permane, mentre i creditori dell’eventuale beneficiario lo possano essere sulle sole attribuzioni effettuate, in pendenza, in suo favore.
È essenziale alla natura dell’istituto, in sostanza, che il settlor realmente perda la disponibilità dei beni conferiti in trust, al di là di residuali poteri che gli competano in base al negozio istitutivo.
In caso contrario, ove risulti che la dismissione dei beni e del relativo controllo, da parte del disponente sia solo apparente, il trust è nullo (sham trust) e non produce l’effetto segregativo che gli è proprio (cfr Cassazione, pronuncia n. 13276/2011).
Secondo la giurisprudenza dello stesso Collegio, occorre, poi, esaminare – al fine di verificare la non elusività del trust – le circostanze del caso in esame, da cui desumere la causa concreta dell’operazione (cfr Cassazione, decisione n. 10105/2014).
 
Sequestro dei beni in trust
In questo senso, inferisce la Corte, sono ammissibili sequestri di beni conferiti in trust, in funzione di prevenzione processuale penale, ove sussistano elementi presuntivi tali da far ritenere che questo sia stato costituito a fini meramente simulatori (cfr Cassazione, pronunce nn. 21621/2014 e 9229/2015) e, ugualmente, i beni dall’imputato solo fittiziamente costituiti in trust rimangono assoggettabili, ricorrendone le condizioni ulteriori, anche nell’ambito del processo penale, a sequestro conservativo.
Più in particolare, ai fini della verifica della persistente appartenenza di beni, mobili o immobili, all’imputato che figuri in qualità di settlor, non rileva la formale intestazione dei beni stessi, ma la circostanza che l’imputato medesimo ne abbia conservato la disponibilità uti dominus, indipendentemente dalla titolarità apparente del diritto in capo a terzi (cfr. Cassazione, pronunce nn. 21940/2003, 44660/2010, 40286/2014 e 46137/2014).
 
Conclusioni
Il provvedimento impugnato è stato, quindi, confermato dalla Corte suprema, attesa la correttezza del sequestro conservativo dei beni dall’imputato conferiti in trust, proprio perché il disponente, sulla base di precisi indici dimostrativi, compiutamente illustrati, continuava di fatto a ingerirsi nella loro gestione e amministrazione.
La natura simulata del negozio, in ultima analisi, si dimostrava elemento del tutto concordante sia con l’assenza di concreti atti dispositivi in favore delle vittime – pur ricomprese tra i beneficiari del patrimonio segregato – da parte del suo simulato gestore, sia con la totale incapienza del patrimonio individuale dell’imputato.

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