Normativa e prassi

5 Dicembre 2025

Case modulari “chiavi in mano”: sono immobili da cedere senza Iva

L’Agenzia delle entrate chiarisce che le abitazioni prefabbricate pronte all’uso vanno trattate come fabbricati, con esenzione dall’imposta sul valore aggiunto salvo i casi di impresa costruttrice

Le case modulari prefabbricate, complete di impianti e rifiniture e pronte per essere abitate, devono essere qualificate come beni immobili (articolo 13-ter del Regolamento Ue n. 282/2011). La loro installazione richiede infatti mezzi e personale specializzato. Di conseguenza, la cessione rientra nel regime naturale di esenzione Iva (articolo 10, n. 8-bis, Dpr n. 633/1972). L’imponibilità si verifica solo se la società venditrice può essere qualificata come impresa costruttrice: in tal caso, ricorrendone le condizioni, è possibile applicare le aliquote agevolate del 4% (prima casa) o del 10 per cento.

È quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 304 del 5 dicembre 2025, resa a una società che, già lo scorso anno, aveva chiesto delucidazioni sul trattamento Iva delle cessioni di case prefabbricate in generale (vedi “Casa prefabbricata da montare, l’acquisto dei pezzi ha l’Iva al 22%”). In quell’occasione l’Agenzia aveva precisato che l’aliquota agevolata si applica solo quando l’operazione riguarda una casa completa e abitabile, sulla base di un contratto di appalto con l’impresa costruttrice, e non al mero acquisto di singoli pezzi prefabbricati da assemblare.

La società, soggetto passivo Iva registrato in un altro Stato membro dell’Ue e aderente al regime One stop shop (Oss), nel nuovo interpello, sposta l’attenzione sulle case modulari, descritte come prodotti completamente finiti e pronti per essere abitati, dotati di impianti e rifiniture già installati in stabilimento.

La compagine, che vende tali abitazioni a privati residenti in Italia, non soggetti passivi Iva, i quali chiedono l’applicazione delle aliquote agevolate del 4 e del 10 per cento, domanda se tali aliquote possano applicarsi sulla base di una dichiarazione del cliente, se le fatture debbano essere registrate presso l’Agenzia delle entrate italiana e quali conseguenze derivino dall’eventuale falsità della dichiarazione.

Secondo la soluzione prospettata dalla richiedente, le aliquote ridotte sono applicabili se il cliente attesta il possesso dei requisiti. La società ritiene di dover emettere fattura con l’aliquota indicata, registrarla tramite il sistema Oss nello Stato di stabilimento, riportare l’operazione come effettuata in Italia e versare l’Iva nel proprio Paese, che poi provvederà a trasferirla all’Italia.

L’Agenzia, con la risposta odierna, sottolinea a questo proposito che, trattandosi di beni immobili, la società non può avvalersi del regime Oss, in quanto riservato alle vendite a distanza di beni mobili. Poi aggiunge che gli adempimenti Iva (nel caso in cui la società sia anche costruttrice, oltre che venditrice) devono essere assolti tramite identificazione diretta o nomina di un rappresentante fiscale in Italia e che resta fermo l’obbligo di censimento delle case modulari presso il catasto fabbricati. Infine, in caso di dichiarazione mendace da parte dell’acquirente per ottenere l’aliquota ridotta, l’Agenzia recupera la differenza d’imposta e applica una sanzione del 30% oltre agli interessi, senza responsabilità sanzionatoria per la società.

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