Normativa e prassi

16 Giugno 2025

Installazione impianto agrivoltaico: il reverse charge non è la regola

L’applicazione del reverse charge agli acquisti e alle installazioni di impianti agrivoltaici non è scontata, ma richiede un’attenta valutazione caso per caso. L’elemento discriminante è la connessione funzionale e strutturale con un edificio. Spetta al contribuente verificare se le caratteristiche del proprio impianto soddisfano tale criterio.

È quanto afferma l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 156 del 16 giugno 2025 fornita al titolare di una ditta individuale, che intende realizzare un impianto agrivoltaico avanzato su un terreno agricolo in conduzione. Lo stesso ha già installato un impianto fotovoltaico totalmente integrato su serre, per il quale ha applicato il reverse charge (articolo 17, Dpr n. 633/1972).

Ora, il contribuente chiede se il meccanismo di inversione contabile  possa essere applicato anche:

  1.  quando l’impianto agrivoltaico avanzato è installato in ambito agricolo con finalità di sfruttamento agrivoltaico, ossia su un terreno agricolo destinato a un uso combinato agricolo ed energetico (con pannelli elevati a 3 metri)
  2. quando l’impianto fotovoltaico è installato su terreno agricolo, ma non rientra tra quelli che possono essere considerati ”a terra funzionali a edifici” (ad esempio se non
  3. integrato a edifici.

In sintesi, il contribuente chiede conferma se le descritte tipologie rientrano nelle condizioni per l’applicazione del reverse charge, così come succede per gli impianti installati su edifici e loro pertinenze.

Innanzitutto, l’Amministrazione chiarisce il concetto di impianto agrivoltaico, facendo ricorso a quanto specificato dal ministero della Transizione ecologica. Questo definisce gli impianti agrivoltaici come installazioni fotovoltaiche che permettono di mantenere la continuità delle attività agricole o pastorali sul sito.

Un impianto “agrivoltaico avanzato” integra strettamente produzione agricola ed elettrica tramite una progettazione e delle tecnologie volte a massimizzare entrambe le funzioni. Più precisamente, le “Linee guida in materia di Impianti Agrivoltaici” del 27 giugno 2022 lo descrivono come un “sistema complesso composto dalle opere necessarie per lo svolgimento di attività agricole in una data area e da un impianto agrivoltaico installato su quest’ultima che, attraverso una configurazione spaziale ed opportune scelte tecnologiche, integri attività agricola e produzione elettrica, e che ha lo scopo di valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, garantendo comunque la continuità delle attività agricole proprie dell’area”.

Poi riepiloga la norma di riferimento, cioè l’articolo 17, comma 6, lettera a-ter) del Dpr n. 633/1972, che regola l’applicazione del reverse charge per le prestazioni di servizi relative a edifici: installazione di impianti, pulizie, demolizioni e completamenti. Tale regime, però, è limitato agli interventi su “edifici” e non si estende a qualsiasi bene immobile.

Inoltre, con le circolari 14 e 37, entrambe del 2015, l’Agenzia delle entrate ha ulteriormente precisato che nel regime sono compresi solo i fabbricati abitativi o strumentali, inclusi quelli in costruzione (categorie catastali F3 e F4), ma sono esclusi terreni, giardini, piscine, parcheggi, salvo che non siano parte integrante dell’edificio.

A questo punto l’Agenzia osserva che, generalmente, gli impianti agrivoltaici si installano su suoli agricoli e non su edifici. Pertanto, solo nel caso in cui l’impianto sia parte integrante di una struttura edilizia— ad esempio, pannelli sui tetti delle serre accatastate come edifici — potrebbe applicarsi l’inversione contabile. Altrimenti, si ricade nell’ordinario regime Iva. Spetta, quindi, al contribuente verificare se le caratteristiche del proprio impianto soddisfano tale criterio.

Installazione impianto agrivoltaico: il reverse charge non è la regola

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