Normativa e prassi

19 Febbraio 2025

Registro e concordato fallimentare, accollo fuori dalla base imponibile

Nell’ambito di una consulenza giuridica presentata da un Ordine di professionisti, con la risoluzione n. 13 del 19 febbraio 2025 l’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti sulla determinazione della base imponibile dell’imposta proporzionale di registro in materia di disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore (articoli da 124 a 140 del regio decreto n. 267/1942).

In particolare, il documento di prassi pubblicato oggi recepisce il consolidato orientamento della Corte di cassazione, in base al quale, al decreto di omologa del concordato fallimentare con l’intervento del terzo assuntore trova applicazione il comma 3, dell’articolo 21, del Dpr n. 131 del 1986 (Tur), e non il comma 2 dello stesso articolo 21, e l’imposta di registro in misura proporzionale deve, dunque, essere determinata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.

Di conseguenza, precisa l’Agenzia, le indicazioni contenute nella circolare n. 27 del 21 giugno 2012 devono essere considerate superate e ciò vale anche per quanto concerne il trattamento dell’imposta di registro relativo alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (articoli 240-253), in quanto tale istituto non presenta differenze sostanziali rispetto al previgente “concordato fallimentare”.

Il contenuto della domanda 
Il caso specifico oggetto dell’interpello riguarda la tassazione dei decreti di omologa del concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore, che si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo (articolo 1273 del codice civile) dietro la cessione delle attività fallimentari. Il terzo assuntore diventa pertanto proprietario di tutte le attività e si addossa le passività della società fallita risultanti dalla sentenza di omologazione, contestualmente all’omologa stessa e agli eventuali successivi provvedimenti del giudice delegato.

L’omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, sottolinea l’interpello, esplica effetti traslativi visto che, in tal modo, l’assuntore acquisisce – immediatamente e direttamente – i beni fallimentari, di conseguenza è soggetta al Registro proporzionale, perché riconducibile alla categoria degli atti riguardanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto, oppure su altri beni e diritti della lettera a) dell’articolo 8 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur.

L’Ordine fa presente che la Corte di cassazione, a differenza di quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 27/2012) esclude che l’accollo dei debiti nel concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, possa essere soggetto a tassazione ai fini del Registro. Per il Collegio di legittimità, infatti, l’accollo costituisce per l’assuntore un obbligo previsto normativamente, in quanto non dipendente dalla volontà delle parti. Si tratta piuttosto di un effetto “legale naturale e imprescindibile” del concordato fallimentare. Di conseguenza, non può essere considerato un atto negoziale autonomo soggetto all’imposta di registro. Secondo la Cassazione l’importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta di registro, risultando quest’ultima calcolata esclusivamente sulla base delle aliquote previste per i beni oggetto di cessione.

Detto ciò, considerato il mancato allineamento tra giurisprudenza e prassi fiscale, i professionisti chiedono quale sia il corretto trattamento fiscale applicabile al decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore ai fini dell’imposta di registro.

I chiarimenti forniti dall’amministrazione
L’Agenzia evidenzia che la problematica interpretativa rappresentata nell’interpello riguarda, in particolare, la determinazione della base imponibile dell’imposta proporzionale di registro alle disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, disciplinato dagli articoli da 124 a 140 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare). Con tale istituto l’assuntore, da un lato, si obbliga con i propri mezzi a soddisfare i creditori concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo, e dall’altro lato, acquisisce, di regola, per effetto della sentenza di omologa le attività fallimentari.

In sintesi, gli effetti della procedura sono: l’assunzione da parte del terzo degli obblighi del fallito nei confronti dei debitori e il trasferimento all’assuntore del patrimonio fallimentare.

Con la circolare n. 27/2012 l’Amministrazione finanziaria, considerando l’accollo intrinsecamente connesso al trasferimento dei beni fallimentari, aveva concluso che allo schema negoziale andava applicata l’imposta proporzionale di registro secondo il criterio previsto dall’articolo 21, comma 2, del Tur, considerando l’aliquota prevista per l’atto a tassazione più onerosa, risultante dal confronto tra “l’imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all’accollo dei debiti scaturenti dal concordato, soggetti all’imposta nella misura del 3 per cento ai sensi dell’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, e l’imposizione gravante sui beni dell’attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato”.

In sostanza, l’interpretazione delle Entrate si fondava sul fatto che, nel concordato fallimentare con l’intervento di un assuntore, l’accollo dei debiti del concordato e la cessione dei crediti rappresentavano due disposizioni distinte seppur legate da un vincolo di derivazione necessaria. In breve, in base a tale interpretazione l’accollo deve essere considerato come un atto autonomo nell’ambito del concordato fallimentare.

Come anticipato, diverso l’orientamento della giurisprudenza. La Corte di cassazione in più pronunce ha infatti affermato che “al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all’art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al cit. d.P.R. n. 131 del 1986, con commisurazione dell’imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, tenuto conto che l’aliquota applicabile dipende dalle voci dell’attivo trasferito (cessioni di crediti, cessione di beni, trasferimento dell’attivo) – mentre il contestuale accollo dei debiti – collegato a detta cessione dei beni fallimentari – è escluso dalla tassazione ex art. 21 comma 3, cit. e dalla base imponibile”.

In sostanza, per la Cassazione gli effetti del concordato con assuntore derivano direttamente dalla legge, di conseguenza, non è configurabile un accordo negoziale tra le parti. L’assunzione delle passività discende direttamente dalla disciplina fallimentare quale effetto fisiologico del concordato con terzo assuntore.

In conclusione, la Cassazione afferma che all’omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore vada applicata la tassazione prevista dall’articolo 21, comma 3, del Tur secondo cui “non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (…)”. L’imposta di registro, quindi, è applicata in misura proporzionale su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.

Con il documento di prassi in esame, l’Agenzia delle entrate recepisce l’interpretazione della Corte suprema e dichiara superati i chiarimenti forniti sulla questione con la circolare n. 27/2012.

La risoluzione, inoltre, fornisce anche istruzioni in linea con i nuovi criteri. In particolare, le Entrate concludono precisando che il decreto di omologa di un concordato fallimentare con terzo assuntore disciplinato dall’articolo 124 e seguenti della legge fallimentare, rientra nell’ambito applicativo dell’artico articolo 21, comma 3, del Tur. Pertanto, l’imposta proporzionale di registro dovrà essere applicata sui beni dell’attivo fallimentare, oggetto di trasferimento, identificato analiticamente nei singoli beni che lo compongono e applicando per ciascuno di essi, in base alla relativa natura, l’aliquota prevista nella tariffa.

Stesse conclusioni, ai fini dell’imposta di registro, per la procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (articoli 240-253), istituto che non presenta differenze sostanziali rispetto al previgente “concordato fallimentare”.

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