Normativa e prassi

9 Febbraio 2024

Opzione riallineamento fiscale, la rettifica ha i suoi limiti

La società che, per errore, ha optato nella dichiarazione dei redditi per un regime diverso da quello prescelto non può rettificare l’opzione né con il ravvedimento operoso, con cui è possibile definire le irregolarità fiscali, né con la remissione in bonis se ha poi tenuto con il versamento in F24 un comportamento coerente con l’opzione originaria.
È quanto precisa la risposta n. 42 del 9 febbraio 2024.

Il chiarimento è richiesto da una società che nella dichiarazione dei redditi 2019 ha esercitato una opzione diversa da quella che intendeva effettuare. Nello specifico, ha erroneamente optato per il riallineamento dei valori ex articolo 176, comma 2-ter, del Tuir invece che per il riallineamento previsto dall’articolo 1, commi da 696 a 704, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020).

In particolare, in seguito a un’operazione di fusione avvenuta nel 2017, nel 2018 l’istante ha compilato il quadro RV per evidenziare il disallineamento dei valori originato dalla fusione. L’intenzione, fa presente, era di usufruire del regime agevolativo previsto dalla legge di bilancio 2020 su richiamato, come evidenziato anche, continua la contribuente, nel bilancio relativo all’esercizio 2019.
Tuttavia, nella dichiarazione dei redditi 2020, relativa al periodo d’imposta 2019, il riallineamento in argomento è stato esposto per errore nella sezione VI-A del quadro RQ anziché nella sezione XXIIIB dello stesso quadro RQ. A cascata, l’imposta sostitutiva è stata erroneamente versata utilizzando il codice tributo 1126 relativo al riallineamento ex articolo 176 del Tuir e non il codice 1811 relativo al riallineamento ex articolo 1, commi 696 e seguenti della legge n. 160/2019, “incidente” che ha comportato il pagamento di un’imposta superiore rispetto all’agevolazione prevista dalla legge di bilancio 2020.

La società vuol sapere se può ora rimediare presentando una dichiarazione integrativa con i dati esatti ricorrendo al ravvedimento operoso e chiedendo la rettifica del codice tributo indicato nel modello F24 mediante pratica Civis. In caso di risposta negativa, l’istante ritiene di poter sanare l’errore recuperando la somma tramite credito d’imposta, in linea, a suo parere, con l’articolo 3, commi 2 e 3, del Dm n. 86/2002 in tema di rivalutazioni e riallineamento di valori.

L’Agenzia delle entrate non condivide nessuna delle due soluzioni proposte dalla contribuente.

L’Amministrazione, dopo aver ricordato che il regime introdotto dalla legge di bilancio 2020 ha previsto la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, nonché di affrancare il saldo attivo della rivalutazione, richiama i documenti di prassi con cui l’Agenzia ha già fornito chiarimenti in materia e menziona, in particolare, le circolari n. 14/E/2017, n. 13/E/2014, n. 11/E/2009 e n. 6/E/2022, e la risoluzione n. 362/E/2008.
In estrema sintesi, dalla lettura dei documenti richiamati emerge il principio per cui ai fini del perfezionamento della rivalutazione agevolata disciplinata dal Bilancio 2020 rileva la corretta compilazione del quadro RQ nella dichiarazione annuale in cui l’opzione stessa è esercitata ossia indicando il riallineamento nella sezione XXII-B del quadro RQ.

L’istante, come già detto, ha effettuato il versamento dell’imposta sostitutiva indicando nel modello F24 il codice tributo 1126 corrispondente all’imposta sostitutiva prevista in caso di riallineamento fiscale ai sensi dell’articolo 176, confermando, in tal modo, l’opzione espressa nella dichiarazione dei redditi 2020 attraverso la compilazione della sezione VI-A del quadro RQ.

Ciò detto, l’Agenzia spiega perché la società non può né riparare all’errore tramite ravvedimento operoso né recuperare l’imposta sostitutiva versata tramite il riconoscimento di un credito d’imposta.

Il ravvedimento operoso (articolo 13, Dlgs n. 472/1997) è applicabile, infatti, per sanare spontaneamente una irregolarità fiscale di tipo formale tramite il pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi e della sanzione in misura ridotta in ragione del tempo trascorso dalla commissione della violazione stessa. L’istituto in questione non può, invece, essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori oppure omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.

La via d’uscita per recuperare, a determinate condizioni, i benefici fiscali di regimi opzionali da parte di soggetti in possesso dei requisiti sostanziali richiesti e di un comportamento concludente, è, semmai, la remissione in bonis. Ma anche questa chance non è utilizzabile dall’istante. Per beneficiare di tale istituto, infatti, è necessario, tra l’altro, effettuare l’adempimento richiesto per applicare l’agevolazione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, da intendersi, ha precisato la circolare n. 38/E/2012, “come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento stesso” requisito non rinvenibile nel caso oggetto dell’interpello per superamento del termine. Tra l’altro, aggiunge l’Agenzia, il beneficio della remissione in bonis non può essere fruito nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione ovvero dell’adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento.

Per la maggiore imposta sostitutiva versata a causa dell’errore, può essere presentata istanza entro i termini dal medesimo previsti (48 mesi dal versamento), illustrando all’ufficio competente i motivi per i quali il versamento va considerato indebito.

Mancano invece i requisiti per il riconoscimento di un credito d’imposta ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 3, del Dm n. 86/2002, attribuibile, prevede la norma di riferimento, quando “il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva prevista dal comma 1 ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell’ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti”.

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