Normativa e prassi

13 Luglio 2023

Residente in Cina, tassazione redditi made in Italy e made in China

Il reddito proveniente dall’attività autonoma di consulente svolta in Italia dal cittadino italiano residente in Cina è tassabile esclusivamente in quest’ultimo Paese a patto che il contribuente non disponga di una stabile organizzazione in Italia o non vi soggiorni per più di 183 giorni nell’anno di riferimento. In caso contrario il reddito “italiano” è imponibile in Italia. È in sintesi quanto chiarisce la risposta n. 387 del 12 luglio 2023.

L’istante è un cittadino italiano iscritto all’Aire, residente in Cina, dove lavora come dipendente di una società cinese. Fa presente di aver ricevuto una proposta di lavoro quale consulente di un’impresa di uno Stato Ue. A tal fine ha intenzione di aprire una partita Iva nel nostro Paese con sede in un immobile di sua proprietà dove svolgerebbe il lavoro di consulente per non più di 60 giorni l’anno non consecutivi.
Al riguardo chiede:

  • se può aprire una partita Iva in Italia e operare come ditta con sede nel nostro Paese mantenendo residenza e centro principale dei suoi affari e interessi in Cina
  • se sarà soggetto a tassazione in Italia solo il reddito prodotto in Italia con la partita Iva o anche il reddito da lavoro dipendente svolto in Cina.

Il contribuente, si deduce, afferma l’amministrazione finanziaria, vuole aprire una partita Iva per operare in Italia tramite una stabile organizzazione mantenendo la residenza nello Stato asiatico.
L’Agenzia precisa che l’attribuzione dell’identificativo Iva a un soggetto non residente non incide sulla sua residenza ai fini fiscali. Affinché si verifichi il radicamento nel nostro Paese occorre, infatti, che per la maggior parte dell’anno si realizzi almeno uno dei presupposti previsti dall’articolo 2 del Tuir: iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, residenza o domicilio in Italia. In assenza di tali presupposti, l’istante non può essere considerato residente fiscalmente nel nostro Paese.
Il documento di prassi per completezza aggiunge, inoltre, che in assenza di stabile organizzazione, il contribuente per svolgere la sua attività di consulenza nel territorio sarebbe tenuto a identificarsi attraverso un rappresentante fiscale (articolo 17 del decreto Iva).

Risolto il primo dubbio, l’Amministrazione affronta il secondo quesito riguardante la tassazione dei redditi dell’istante derivanti complessivamente dall’attività di lavoro dipendente svolta in Cina e da quella di consulente svolta in Italia per una ditta con sede in un Paese Ue.
L’Agenzia premette che, secondo la normativa interna, per i non residenti sono cosiderati prodotti in Italia i redditi fondiari, di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato e di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio (articolo 23, comma 1, lettere a), c) e d), del Tuir).

L’ordinamento nazionale, tuttavia, deve coordinarsi con le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra gli Stati e quest’ultime prevalgono rispetto alle disposizioni interne.
Per quanto riguarda il caso in esame, l’articolo 14 del trattato Italia-Cina, prevede che il reddito derivante dall’esercizio di un’attività professionale o da altre attività indipendenti di carattere analogo è imponibile soltanto nello Stato contraente di residenza. Sono tuttavia tassati anche nell’altro Stato se il contribuente:

  • dispone abitualmente di una base fissa (concetto equiparabile per il modello Ocse alla stabile organizzazione) nell’altro Stato contraente per l’esercizio delle proprie attività; in tal caso i redditi sono imponibili in detto altro Stato contraente, nella misura in cui sono imputabili a tale sede
  • soggiorna nell’altro Stato contraente per un periodo o periodi che oltrepassano in totale 183 giorni nel corso dell’anno solare di riferimento; in tal caso, i redditi sono imponibili nell’altro Stato contraente, ma unicamente nella misura in cui derivino dalle proprie attività svolte in tale Stato.

In ogni caso, le due deroghe previste dall’articolo 14 devono essere verificate con i fatti e non possono essere accertate tramite interpello. Dall’esame delle informazioni deducibili dall’interpello (non abbastanza dettagliate da fornire elementi inequivocabili), affermano le Entrate, l’attività di consulenza svolta dall’istante in Italia è soggetta a tassazione esclusiva in Cina (articolo 14 del Trattato) a patto che non sia configurabile una base fissa nel nostro Paese e purché l’istante non vi soggiorni per oltre 183 giorni nell’anno di riferimento

Per quanto riguarda il lavoro dipendente, invece, stabilisce l’articolo 15 della Convenzione, è soggetto a tassazione esclusiva nello Stato di residenza e, quindi, nel caso in esame, in Cina, a meno che l’attività non venga svolta in Italia, in tal caso i proventi in questione devono essere assoggettati a imposizione concorrente in entrambi i Paesi.

L’Agenzia precisa, infine, anche se non richiesto dall’istante, che i redditi del contribuente derivanti dagli immobili situati in Italia sono sottoposti a tassazione concorrente (articolo 6 del Trattato). Di conseguenza, risultano imponibili sia in Italia che in Cina e l’eventuale doppia imposizione deve essere risolta dalla Cina (dichiarato come Stato di residenza) in base all’articolo 23 della Convenzione.

Residente in Cina, tassazione redditi made in Italy e made in China

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