Normativa e prassi

26 Luglio 2022

Tax credit ricerca e sviluppo: nel 2019, design ancora escluso

La realizzazione di beni rientranti nel comparto della moda, della pelletteria, della gioielleria e dell’occhialeria, è il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore. Non costituisce un avanzamento delle conoscenze ottenuto attraverso il superamento di ostacoli scientifici o tecnologici e non rientra nel bonus ricerca e sviluppo. Lo afferma l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 41/E del 26 luglio 2022, dopo aver ricevuto un preciso e articolato parere del ministero dello Sviluppo economico, secondo il quale, in estrema sintesi, tali attività non possono essere ricomprese nel beneficio fiscale, per mancanza di novità e rischi di insuccesso tecnologico. Nella risoluzione, al proposito, coglie l’occasione per ricordare che, con la legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019) queste attività potrebbero, in astratto, rientrare nell’agevolazione, se si verifica il requisito della novità e della significatività (e della “non ripetitività”).

L’affermazione trae spunto da un’istanza di interpello presentata da una società, che esercita l’attività di ideazione e prototipia – e quella successiva di produzione – per alcuni marchi detenuti da società del Gruppo a cui appartiene, e che ha chiesto di usufruire dell’incentivo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del Dl n. 145/2013, per taluni costi sostenuti nel 2019.
Quindi, nell’ambito delle attività istruttorie relative alle istanze di interpello riferite ad attività svolte nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, come previsto dalla normativa originaria, l’Agenzia si è rivolta al Mise per un parere tecnico sul caso.

Ebbene, secondo il ministero consultato, le attività agevolabili “si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e creatività e, quindi, anche per il grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico che, di regola, implicano. Proprio per tali contenuti e caratteristiche, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e, quindi, producendo un beneficio per l’intera economia, le attività di ricerca e sviluppo sono potenzialmente meritevoli di essere incentivate con la concessione di contributi pubblici. In coerenza con tale impostazione, quindi, le attività di ricerca e sviluppo agevolabili sono quelle che si rendono necessarie, nell’ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili; mentre, non si considerano attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività innovative che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell’arte)…”.

In tal senso, ricorda il Mise, si è espressa più volte anche l’Agenzai delle entrate, ad esempio, con la risoluzione n. 40/2019, dove ha precisato, che nel campo di applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che l’impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle – svolte internamente ovvero commissionate all’esterno – che si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo (vedi articolo “Gestione applicativa di un software: non genera bonus ricerca e sviluppo”).

Questi criteri, come ribadito dalla stessa Agenzia con la risposta n. 188/2021, assumono valenza generale, nel senso che devono intendersi applicabili a tutti i settori economici, sia pur con gli adattamenti di nozioni e concetti che i diversi comparti (industriali e commerciali) richiedono in ragione della loro specificità (vedi articolo “Investimenti agevolati: due paletti sostenuti anche dai pareri del Mise”).

Le attività di design e ideazione estetica, continua il ministero dello Sviluppo economico, il cui obiettivo è la concezione e la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino elementi di novità rispetto a quelli precedenti, con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico “effetto tecnico” riguarda la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto, non costituiscono attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta. Non comportano, infatti, lo svolgimento di lavori necessari per il superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico non superabili con le conoscenze generali già disponibili. Analogamente, non costituiscono attività ammissibili al credito d’imposta le attività relative alle ricerche di mercato finalizzate a raccogliere dati concernenti i gusti e le abitudini dei consumatori, nonché le attività riguardanti la valutazione di gradimento dei prodotti (sotto il profilo estetico), necessarie per il corretto posizionamento di una nuova collezione, al fine anche di individuarne il mercato di inserimento. In generale, devono considerarsi escluse le attività finalizzate alla modifica in senso ampio dell’estetica dei prodotti e al lancio di nuove tendenze di moda, ma non finalizzate alla risoluzione di un’incertezza di carattere tecnico o scientifico.
 
Infine, per completezza il Mise segnala, che la nuova disciplina del credito d’imposta, introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, dall’articolo 1, commi 198 e seguenti del Bilancio 2020 (legge n. 160/2019), ha ampliato la tipologia delle attività ammissibili al beneficio. Nel nuovo contesto normativo, infatti, l’ambito oggettivo delle fattispecie agevolabili è stato esteso, tra l’altro, anche alle attività di design e ideazione estetica, le quali potrebbero, in linea di principio, rientrare nell’agevolazione, naturalmente se si verifica il requisito della novità e della significatività (e della “non ripetitività”) nonché gli altri requisiti richiesti dalla norma.

Alla luce di quanto detto, le attività di design e ideazione estetica svolte nel 2019 non possono usufruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo.

Tax credit ricerca e sviluppo: nel 2019, design ancora escluso

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