10 Marzo 2022
L’inerzia ingiustificata del creditore preclude la variazione in diminuzione
L’istante ha maturato un credito per fornitura di energia elettrica erogate dal 2009 nei confronti di una società, per il quale nel 2014 era stato proposto dalla ditta debitrice, tramite concordato preventivo, il pagamento pari al 41,50%. Successivamente, nel 2021 la stessa ditta debitrice è stata dichiarata fallita previo rigetto del concordato preventivo. L’istante il 9 luglio 2021 fa domanda di insinuazione al passivo del credito che tuttavia viene rigettata per intervenuta prescrizione del credito, in quanto era anteriore al quinquennio precedente (9 luglio 2016).
L’istante chiede quindi se ci sono i presupposti per operare la variazione Iva in diminuzione, in applicazione della misura antecedente il 26 maggio 2021 secondo cui era possibile tale variazione “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”, nonostante la circolare n. 77/2000 abbia precisato che l’infruttuosità della procedura sussiste giuridicamente solo quanto viene meno il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio per accertata insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo, e tale indicazione comporta la necessaria partecipazione del creditore al concorso previa ammissione al passivo della procedura.
L’Agenzia, con la risposta n. 102 del 10 marzo 2022, chiarisce che sulla base di quanto descritto dall’istante non sussistono le condizioni per operare la variazione Iva in diminuzione, che deve essere esclusa, infatti, nel caso di prescrizione del credito dovuta all’inerzia dell’istante.
L’Amministrazione, in primo luogo, ricorda la disposizione della nota di variazione Iva in diminuzione: “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25” (articolo 26, comma 2, del decreto Iva, nella versione vigente ante 26 maggio 2021).
Come precisato dalla prassi (risoluzione n. 195/2008) e dalla giurisprudenza (Cassazione, sentenze n. 1541/2014, n. 27136/2011) per il legislatore il mancato pagamento ha rilievo solo quando le procedure concorsuali o esecutive sono rimaste infruttuose. In sintesi, il creditore deve aver esperito tutte le azioni per recuperare il proprio credito senza essere soddisfatto. Ciò significa che il creditore, come il caso in esame, non può invocare il “mancato pagamento” per intervenuta prescrizione del credito che gli ha precluso l’ammissione al passivo, avendo rilevanza giuridica solo l’accertata incapienza.
L’Agenzia, quindi, analizza lo stesso articolo 26, comma 2 del decreto Iva nella parte in cui ammetta la variazione in diminuzione anche per cause “simili” a quelle elencate (nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione, procedure concorsuali o esecutive), per verificare se l’istante può avere una chance di effettuare tale operazione Iva sulla base della sola prescrizione del credito. Ebbene la prescrizione, sostiene l’Agenzia, non può essere ricondotta tra le figure “simili” a quelle citate dalla norma, in quanto, pur determinando l’estinzione del diritto a percepire il corrispettivo è, tuttavia, determinata dall’inerzia ingiustificata del creditore.
Tale principio è stato ribadito anche dalla Corte Ue (causa C-146/2019) che non ammette l’inerzia ingiustificata del creditore e postula la disapplicazione del presupposto della normativa interna che lega la riduzione Iva all’insinuazione del credito nella procedura fallimentare, solo in caso di una condotta attiva o se viene dimostrato che nonostante il creditore “avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso”.
In conclusione, l’Agenzia non condivide la soluzione prospettata dall’istante che riteneva certa l’infruttuosità della procedura fallimentare della società debitrice per avvenuta prescrizione. L’istante, infatti, nelle more della procedura del concordato preventivo avrebbe potuto attivarsi ed evitare la prescrizione del credito.
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