9 Giugno 2021
Esonero garanzia per rimborsi Iva: solo per fallimento e liquidazione coatta
La regola secondo cui i rimborsi Iva non ancora liquidati alla data della dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, e i rimborsi successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle garanzie (per un ammontare non superiore a 258.228,45 euro) non può applicarsi alla procedura di insolvenza avviata, nel caso in esame, dal tribunale di Amburgo nei confronti di una società tedesca con sede in Germania e identificata in Italia, ai fini Iva, tramite rappresentante fiscale. È la sintesi della risposta dell’Agenzia n. 395 del 9 giugno 2021.
L’istante, una società tedesca che produce, installa e ripara determinati beni in vari Paesi fra cui l’Italia, fa sapere che nel 2019 ha maturato un credito Iva dalle fatture passive legate all’acquisto di beni e servizi forniti da soggetti stabiliti in Italia, per i quali non opera il meccanismo del reverse charge. Lo stesso anno il tribunale di Amburgo ha attivato una procedura di insolvenza volta alla ristrutturazione della società, a seguito della quale lo stesso istante non ha potuto chiedere a rimborso un credito Iva superiore a 30mila euro in quanto non era in grado di rispettare le specifiche condizioni richieste dalla normativa, come l’ottenimento delle garanzie e l’apposizione del visto di conformità (articolo 38-bis del decreto Iva).
Di conseguenza, la società in esame, con la dichiarazione Iva 2020, ha potuto chiedere a rimborso soltanto la somma di 30mila euro portandosi a credito il restante importo. Alla luce dei fatti descritti, l’istante chiede se può avvalersi dell’esonero da garanzia previsto dall’articolo 74-bis, comma 3, del decreto Iva, secondo il quale “In deroga a quanto disposto dal primo comma dell’art. 38-bis, i rimborsi previsti nell’art. 30, non ancora liquidati alla data della dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa e i rimborsi successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle prescritte garanzie per un ammontare non superiore a lire cinquecento milioni (258.228,45 euro, n.d.r.)”
L’Agenzia ricorda che la disposizione contenuta nel citato articolo 74-bis, avendo una portata agevolativa, non è suscettibile di estensione ad altre procedure diverse dal fallimento e dalla liquidazione coatta amministrativa. Tale principio è stato chiarito, fra l’altro, con la circolare n. 32/2014 e ribadito con la recente risposta all’interpello n. 535/2020 con cui l’Agenzia ha escluso l’applicazione dell’esonero da garanzia per un rimborso Iva richiesto in un caso di concordato preventivo.
Quindi, nel caso in esame, ciò che rileva non è la residenza della società ma l’eventuale assimilazione della procedura di insolvenza a cui è assoggettato ai casi di fallimento o liquidazione coatta.
L’Agenzia al riguardo precisa che non ci sono le condizioni per poter equiparare gli istituti considerando che il fallimento e la liquidazione sono finalizzate alla cessazione dell’attività di impresa, mentre la procedura avviata nei confronti dell’istante prevede che la figura manageriale della società rimanga in carica, sorvegliato da un commissario nominato dal tribunale, per condurre tutte le operazioni necessarie alla ristrutturazione dell’impresa stessa, prevedendo la cessazione solo nel caso in cui la procedura sia infruttuosa, quindi come una mera eventualità.
L’Agenzia, quindi, ritiene che nel caso prospettato dall’istante, in sede di rimborso Iva non ci siano le condizioni per poter applicare l’esonero dall’obbligo di prestare garanzia, secondo le previsioni dell’articolo 74-bis del decreto Iva.
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