Normativa e prassi

24 Maggio 2021

Smart working: nel reddito Irpef il rimborso per “traffico dati”

Il costo relativo al traffico dati che una società intende rimborsare ai propri dipendenti, non essendo supportato da elementi oggettivi e documentati, non può essere escluso dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e rileva fiscalmente nei confronti dei dipendenti, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del Tuir, mentre è deducibile ai fini Ires, ai sensi dell’articolo 95, comma 1, del Tuir in quanto assimilabile alle “Spese per prestazioni di lavoro”.

Questo, in sintesi, il contenuto della risposta n. 371 del 24 maggio 2021 con la quale l’Agenzia delle entrate fornisce i chiarimenti richiesti da una società tra professionisti che vuole avviare un programma sperimentale di lavoro agile (smart working), rimborsando a ciascun lavoratore il costo della connessione internet con dispositivo mobile (chiavetta internet) o dell’abbonamento al servizio dati domestico, per consentire lo svolgimento della prestazione di lavoro da remoto.
L’istante chiede come incide tale rimborso spese ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente e il relativo regime di deducibilità ai fini del reddito d’impresa.
La società ritiene che il rimborso da parte del datore di lavoro al singolo lavoratore delle spese da quest’ultimo sostenute per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, attraverso un device mobile oppure un impianto fisso domiciliare, in quanto strumentale allo svolgimento dell’attività lavorativa, non costituisca retribuzione imponibile in capo al lavoratore dipendente, ai sensi dell’articolo 51 del Tuir, e che tale rimborso sia un componente di costo afferente alle spese per prestazioni di lavoro dipendente, integralmente deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 95 del Tuir.

L’Agenzia parte proprio dalla definizione dei redditi di lavoro dipendente, che prevede, in base al principio di onnicomprensività sancito dall’articolo 51, comma 1 del Tuir, che “tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” costituiscono reddito imponibile per il dipendente e, di conseguenza, anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto per le trasferte e i trasferimenti.
La circolare n. 326/1997 del ministero delle Finanze, intervenuta sull’argomento, ha chiarito che possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali, ad esempio, la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice.
Con la risoluzione n. 357/2007 l’Agenzia, intervenendo sulle spese sostenute da un telelavoratore, ha ritenuto che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non siano da assoggettare a tassazione essendo sostenute per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e poter espletare l’attività lavorativa, precisando che il rimborso documentato dei costi relativi ai collegamenti telefonici non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Inoltre, ricorda l’Agenzia, il comma 4 dell’articolo 51 del Tuir ha individuato le ipotesi in cui le spese sostenute dal lavoratore e rimborsategli in modo forfetario, sono escluse dalla base imponibile (ad esempio il rimborso di interessi di mutuo, il canone di locazione dei fabbricati).
Infine, un’ulteriore precisazione è contenuto nella risoluzione n. 74/2017 con la quale viene precisato che nel caso in cui il legislatore non abbia indicato un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Tornando alla richiesta in esame l’Agenzia fa presente che il rimborso da parte del datore di lavoro non riguarda il solo costo riferibile al suo esclusivo interesse, dal momento che l’istante rimborserebbe tutte le spese sostenute dal lavoratore per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet. A giudizio dell’Agenzia, rimane dubbia la relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore di lavoro, poiché il contratto sul traffico dati non è scelto e stipulato dal datore di lavoro che, limitandosi a rimborsarne i costi, rimarrebbe estraneo al negozio instaurato con il gestore.
Inoltre, osserva l’Agenzia, dal contratto non emerge l’importo del costo che verrebbe rimborsato dal datore di lavoro, consentendo, pertanto, al dipendente un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili e offerte dalla tecnologia presente sul mercato.
L’Agenzia, dunque, ritiene che il costo relativo al traffico dati che la società intende rimborsare al dipendente, non essendo supportato da elementi e parametri oggettivi e documentati, non può essere escluso dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e, conseguentemente, rileva fiscalmente nei confronti dei dipendenti (articolo 51, comma 1, del Tuir)

Riguardo la deducibilità ai fini Ires, l’Agenzia fa presente che si tratta di un rimborso spese accordato al dipendente in smart working per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet che è sostenuto per soddisfare un’esigenza del dipendente, legata alle modalità di prestazione dell’attività in lavoro agile, che concorre ad assicurare la rispondenza della retribuzione alle esigenze del lavoratore. L’attivazione della connessione rappresenta, cioè, un obbligo implicito della prestazione pattuita, e, di conseguenza, conclude l’Agenzia, detti rimborsi sono deducibili, in quanto assimilabili alle “Spese per prestazioni di lavoro” (articolo 95, comma 1, del Tuir).

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