10 Febbraio 2021
Normativa e giurisprudenza sul “Difetto di giurisdizione” – 2
Per espressa previsione normativa si applica, anche nel processo tributario, l’articolo 59 della legge n. 69/2009, secondo cui il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione deve indicare il “collega” che ritiene munito di giurisdizione. A fronte di tale dichiarazione, la causa proposta al giudice dichiaratosi carente di giurisdizione deve essere riassunta, davanti al nuovo giudice, entro il termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione. Se la riassunzione non avviene nei termini indicati, il processo si estingue. Nel giudizio riassunto “sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute”.
La “traslatio iudicii“, che assicura la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda giudiziale, è applicabile, già anteriormente all’entrata in vigore dell’articolo 59 della legge n. 69/2009, anche nei rapporti tra diverse giurisdizioni e pure con riferimento alle pronunce declinatorie di giurisdizione dei giudici di merito, atteso che, da un lato, le differenze di organizzazione tra giudice ordinario e speciale non possono danneggiare l’efficienza e l’efficacia del servizio giustizia e, dall’altro, che le parti dispongono, per la soluzione dell’eventuale conflitto negativo di giurisdizione tra i giudici di merito, del ricorso per cassazione ex articolo 362, comma 2, cpc.
Con la corposa ordinanza n. 7822 del 14 aprile 2020, le sezioni unite civili della Cassazione, hanno enunciato una serie di principi di diritto per quanto riguarda il sistema di cui al combinato disposto dell’articolo 2 del Dlgs n. 546/1992 (disposizioni sul processo tributario) e degli articoli 49 e seguenti del Dpr n. 602/1973 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) e, in particolare, dell’articolo 57 di quest’ultimo (sull’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi), per come emendato dalla sentenza della Consulta n. 114/2018.
Secondo i giudici di legittimità, la giurisdizione è strettamente collegata alla domanda proposta. In particolare, alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce in relazione all’atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumono verificati fino alla notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento o fino al momento dell’atto esecutivo. Rientra invece, nella competenza del giudice ordinario la cognizione delle questioni relative alla forma e alla legittimità formale dell’atto esecutivo. Precisano le sezioni unite che la tutela davanti alla giurisdizione tributaria è tutela sempre iscrivibile nel modello di cui all’articolo 19 del Dlgs n. 546/1992, trattandosi del normale giudizio impugnatorio regolato da tale decreto legislativo, dovendosi in generale considerare che la tutela davanti al giudice tributario può essere introdotta, ricorrendone le condizioni (la cui verifica appartiene alla giurisdizione del giudice tributario), ai sensi del comma 3 di detta norma.
Quando la tutela concerne un atto esecutivo, che si assume viziato per la mancanza o l’invalidità (sia per nullità sia per inesistenza) della notificazione della cartella o dell’intimazione oppure per vizi formali inerenti al loro profilo di contenuto forma, l’azione davanti al giudice tributario non è un’opposizione agli esecutivi secondo il modello di cui all’articolo 617 cpc, ma un giudizio ai sensi dell’articolo 19, comma 3, del citato Dlgs, del quale si può dire solo che ha una funzione simile a quella del rimedio dell’articolo 617. Analogamente, quando la tutela concerne i fatti inerenti alla pretesa tributaria sostanziale, il profilo del giudizio tributario non assume il carattere di opposizione ai sensi dell’articolo 615, ma mantiene quello desumibile dal paradigma del richiamato articolo 19. Infatti, l’ultimo capoverso del terzo comma di tale disposizione prevede espressamente: “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.
Pertanto, al giudice tributario – hanno precisato i giudici di legittimità – spetta la cognizione di ogni questione con cui ci si oppone all’atto esecutivo basata su fatti che incidono sulla pretesa tributaria, ossia rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notifica sia mancata, sia inesistente o nulla.
Il processo tributario è una materia nella quale sempre più frequentemente si registrano significativi interventi giurisprudenziali e normativi, che rendono necessari per i professionisti del settore ausili di tipo pratico-operativo.
La prima puntata è stata pubblicata giovedì 4 febbraio
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