Normativa e prassi

18 Gennaio 2021

Sì al regime speciale “impatriati” se al distacco segue una nuova attività

Per usufruire del regime speciale impatriati, la nuova attività aziendale del lavoratore distaccato che rientra in Italia non deve porsi in continuità rispetto al rapporto ante-trasferimento all’estero, ossia le condizioni del nuovo contratto, quali prestazione di lavoro, termine e retribuzione, devono richiedere un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione del precedente, con nuove e autonome situazioni giuridiche e mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto. È in sintesi quanto chiarisce la risposta n. 42/E del 18 gennaio 2021.

Il quesito arriva da un cittadino italiano laureato che, dal 2013 al 14 febbraio 2016, ha lavorato nel nostro Paese per un’azienda italiana, con contratto a tempo indeterminato. Dal 15 febbraio 2016 è stato distaccato presso una società del gruppo internazionale, nella Repubblica popolare cinese, in esecuzione di un contratto regolamentato dalla legislazione dello stato estero.
Dal 1° gennaio 2021 il contribuente è rientrato in “patria” e lavora, con contratto a tempo indeterminato, per la stessa società italiana per la quale aveva prestato la sua attività prima del distacco in Cina. L’istante fa presente che dal giugno 2016 è iscritto all’Aire e che per il periodo trascorso all’estero, la Rpc ha rappresentato per lui e la moglie il centro degli interessi personali ed economici.
Il contribuente chiede se, considerato il periodo di distacco all’estero, può usufruire del regime speciale ai favore dei lavoratori impatriati, previsto dall’articolo 16, comma 2, del Dlgs n. 147/2015.

L’Agenzia delle entrate, pur non potendo dare una soluzione definitiva al caso in mancanza degli elementi comprovanti il realizzarsi delle condizioni previste dalla norma agevolativa, coglie l’occasione per passare in rassegna i contenuti sostanziali del regime speciale introdotto per incentivare il trasferimento in Italia dei lavoratori, in possesso di determinati requisiti, dopo essere stati fiscalmente residenti all’estero almeno nei due periodi di imposta precedenti il rimpatrio.

L’interpello, in particolare, fa riferimento al comma 2 della norma, secondo il quale possono beneficiare dello sconto sull’imponibile Irpef anche i laureati, Ue ed extra-Ue, che negli ultimi ventiquattro mesi prima del trasferimento di residenza, abbiano svolto, in modo continuativo, un’attività di lavoro in uno Stato estero, e coloro che, sempre per lo stesso periodo, abbiano svolto attività di studio per il conseguimento di una laurea o di  un titolo post lauream e che trasferiscono in Italia la residenza fiscale per svolgere attività lavorativa nel nostro Paese. L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a partire dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

La norma, ricorda il documento di prassi, è stata rivisitata, dapprima, dall’articolo 5 del Dl n. 34/2019 (decreto “Crescita”), in vigore dal 1° maggio 2019, a sua volta modificato dall’articolo 13-ter del Dl n. 124/2019 (collegato fiscale alla legge di bilancio 2020). Le modifiche, tra l’altro, hanno abbassato la percentuale di tassazione del reddito prodotto in Italia dai nuovi arrivati che scende (per cinque anni che diventano dieci in determinati casi) dal 50 al 30% ed è ulteriormente ridotta al 10% per chi trasferisce la residenza in alcune regioni del Centro-Sud Italia.

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 33/2020, ha fornito istruzioni e chiarimenti sull’applicazione dello speciale regime alla luce dei nuovi requisiti e presupposti che consentono l’accesso all’incentivo (vedi articolo “Regime fiscale impatriati: i chiarimenti dell’Agenzia”).
Il documento di prassi si sofferma anche sull’ipotesi dei contribuenti che rientrano dopo un distacco all’estero, come è accaduto all’istante. In tal caso, precisa la circolare, l’agevolazione non spetta se al rientro non cambiano contratto e datore di lavoro rispetto al periodo del distacco.
Per usufruire del beneficio, l’impatriato deve intraprendere in Italia una nuova attività lavorativa, con diverso contratto rispetto a quello vigente prima del distacco. Occorre, quindi, che il lavoratore assuma nella ditta un ruolo aziendale differente da quello pre-trasferimento all’estero. Al verificarsi di tali condizioni, il contribuente potrà applicare lo sconto Irpef dal periodo d’imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale.
L’agevolazione, in ogni caso, non spetta se, anche in presenza di nuovo contratto e di nuove mansioni, in realtà il rapporto tra lavoratore e azienda si concretizza in una sostanziale situazione di “continuità” tra posizione lavorativa ante e post rientro in Italia.
L’Agenzia, per meglio chiarire, elenca una serie di caratteristiche riscontrabili nei contratti indicative di una sostanziale continuità del rapporto (che possono essere ricercate, ad esempio, nelle clausole del distacco). Al contrario, se le condizioni oggettive del nuovo contratto, quali prestazione di lavoro, termine, retribuzione, richiedono un nuovo rapporto obbligatorio che sostituisce il precedente, con nuove e autonome situazioni giuridiche con mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale.
L’istante, quindi, può applicare l’agevolazione, dall’anno di imposta 2021 solo se effettivamente la nuova attività lavorativa intrapresa al rientro non è connessa alla precedente e sempreché risultino soddisfatti tutti gli altri requisiti previsti dal regime in esame.

Sì al regime speciale “impatriati” se al distacco segue una nuova attività

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