Giurisprudenza

11 Giugno 2020

Corte Ue: si alla riduzione Iva pur senza insinuazione dei crediti

È contraria alle disposizioni della direttiva Iva Ue la normativa slovena che rifiuta al soggetto passivo il diritto alla riduzione dell’Iva assolta su un credito non recuperabile, qualora lo stesso non abbia insinuato lo stesso credito nel fallimento instaurato nei confronti del suo debitore, quand’anche dimostri che, se lo avesse fatto, il credito non sarebbe stato riscosso (Causa Ue C-146/19).
 
La domanda di pronuncia pregiudiziale, relativa alla controversia in esame, verte sull’interpretazione dell’articolo 90 della direttiva Iva ed è stata presentata nell’ambito di una lite che oppone una società all’amministrazione finanziaria slovena, in relazione al rifiuto di concedere alla compagine la rettifica dell’importo dell’Iva pagata su crediti non riscossi, in ragione dell’omessa insinuazione, da parte della stessa società, di tali crediti nei procedimenti fallimentari instaurati nei confronti dei debitori.
Questa ha, infatti, rettificato l’Iva dichiarata su crediti rimasti insoluti, che essa vantava verso due società nei cui confronti era stata dichiarata definitivamente conclusa una procedura fallimentare.
Nell’ambito di una verifica, l’autorità tributaria competente ha constatato che la società non aveva insinuato i predetti crediti nelle procedure di fallimento e che pertanto, gli stessi erano estinti. Secondo l’autorità tributaria non risultavano, pertanto, soddisfatte le condizioni necessarie per il riconoscimento di una riduzione dell’Iva.
 
Tutto ciò premesso, la controversia approdava dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale dei giudici comunitari, tra l’altro, alcune questioni, con cui si chiede di conoscere se l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva Iva, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, in base alla quale a un soggetto passivo viene rifiutato il diritto alla riduzione dell’Iva assolta e relativa a un credito non recuperabile, qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore, quand’anche detto soggetto dimostri che, se avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso o che esistevano motivi ragionevoli per non insinuare il credito in questione.
 
Le valutazioni della Corte di giustizia 
La Corte Ue, con la pronuncia in commento, rileva il contrasto della disciplina nazionale con il diritto comunitario sulla base del seguente iter interpretativo.
I giudici comunitari osservano che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva Iva, che contempla i casi di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, obbliga gli Stati membri a ridurre la base imponibile dell’Iva e, di conseguenza, l’importo dovuto dal soggetto passivo ogni volta che, dopo la conclusione di una transazione, una parte o la totalità della controprestazione non venga percepita dal soggetto passivo.
Tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva Iva, secondo il quale la base imponibile è costituita dalla controprestazione realmente percepita, e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione tributaria non può percepire a titolo di Iva un importo superiore a quello che il soggetto passivo aveva percepito.
Inoltre, l’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva consente agli Stati membri di derogare a tale regola in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo dell’operazione.
Così, qualora lo Stato membro abbia inteso fare applicazione di tale deroga, i soggetti passivi non possono far valere, sulla base del paragrafo 1 del citato articolo, un diritto alla riduzione della loro base imponibile Iva.
 
La Corte precisa che una situazione caratterizzata dalla riduzione definitiva degli obblighi del debitore nei confronti dei suoi creditori non può essere qualificata come “non pagamento”, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva Iva.
Dunque, in tal caso, uno Stato membro deve permettere la riduzione della base imponibile qualora il soggetto passivo possa dimostrare che il credito da egli vantato nei confronti del suo debitore presenta un carattere definitivamente irrecuperabile.
 
Nel caso in esame,  i crediti in discussione nella controversia presentano tale carattere.
Difatti, essendo mancata l’insinuazione di tali crediti nelle procedure fallimentari instaurate nei confronti dei debitori, i crediti si sono estinti, con la conseguenza che tale omissione ha determinato una riduzione definitiva degli obblighi di tali debitori nei confronti della società.
Inoltre, non è contestata la circostanza che le procedure fallimentari sono state definitivamente chiuse e che i crediti che la società vantava nei confronti dei propri debitori non sono stati recuperati al termine delle procedure stesse.
Pertanto, ne consegue che una situazione come quella in esame non può essere qualificata come una ipotesi di “non pagamento”, ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 90 della direttiva Iva, ma rientra nell’ambito applicativo del paragrafo 1 di tale articolo, dal quale risulta l’obbligo, per lo Stato membro interessato, di ridurre la base imponibile dell’Iva, in conseguenza della mancata riscossione, da parte del soggetto passivo, della controprestazione.
 
Nella fattispecie in esame, il diritto alla riduzione della base imponibile viene rifiutato alla società in ragione del fatto che la stessa non ha rispettato la condizione imposta dal diritto nazionale secondo cui tale riduzione è subordinata all’insinuazione nella procedura fallimentare, da parte del soggetto passivo, dei crediti non riscossi.
Al riguardo, occorre che le formalità che i soggetti passivi devono adempiere per esercitare, di fronte alle autorità tributarie, il diritto di conseguire una riduzione della base imponibile dell’Iva siano limitate a quelle che consentono di dimostrare che, successivamente alla conclusione della transazione, una parte o la totalità della controprestazione non potrà più, in modo definitivo, essere percepita. Incombe, al riguardo, ai giudici nazionali verificare che tale limite sia rispettato nel caso delle formalità richieste dallo Stato membro interessato.
Nel caso all’attenzione della Corte Ue, una condizione che subordina la riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento, all’insinuazione, da parte del soggetto passivo, del credito insoluto nel procedimento fallimentare instaurato nei confronti del debitore, è, in via di principio, idonea a contribuire sia ad assicurare l’esatta riscossione dell’Iva, e ad evitare le evasioni, sia a eliminare il rischio di perdita di entrate fiscali, e persegue dunque gli obiettivi enunciati all’articolo 90, paragrafo 1, e all’articolo 273 della direttiva Iva
Tuttavia, qualora il soggetto passivo dimostri che, anche se avesse insinuato il proprio credito, quest’ultimo non sarebbe stato riscosso, il fatto di escludere una riduzione della base imponibile e di far pesare su detto soggetto l’onere di un importo che egli non ha percepito nell’ambito delle sue attività economiche, eccede i limiti strettamente necessari per raggiungere l’obiettivo consistente nell’eliminare il rischio di perdita di entrate fiscali.
 
Conclusioni
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva Iva devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro, in virtù della quale a un soggetto passivo viene rifiutato il diritto alla riduzione dell’Iva assolta e relativa a un credito non recuperabile, qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore, quand’anche detto soggetto dimostri che, se avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso.
 
Marcello Maiorino
 
Data sentenza
11 giugno 2020

Numero della causa
C-146/19
 
Nome delle parti
 SCT d.d.,
contro
Repubblica di Slovenia                                                                                                    
 

Corte Ue: si alla riduzione Iva pur senza insinuazione dei crediti

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