Normativa e prassi

7 Maggio 2020

Note di variazione in diminuzione a fine procedura concorsuale

La partecipazione alla procedura concorsuale è condizione essenziale affinché il creditore possa procedere con la variazione in diminuzione dell’imponibile Iva per la mancata riscossione di fatture emesse nei confronti della società fallita: in particolare, il diritto alla variazione è subordinato alla “infruttuosità” delle procedure esecutive individuali o concorsuali e non al loro mero avvio. È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 33/2020.

Il chiarimento è richiesto da una società che ha emesso regolari fatture per la vendita di merce a un’altra società, che ha poi dichiarato fallimento. L’istante, a causa del fallimento, non ha incassato i corrispettivi relativi alle suddette cessioni e si è vista rifiutare per inammissibilità la domanda di ammissione al passivo fallimentare della cliente, perché presentata con ritardo.

Slalom per recuperare la corsa persa
L’istante chiede se, in relazione alle fatture emesse nei confronti della società fallita e non riscosse, possa ugualmente emettere note di variazione in diminuzione dell’imponibile Iva (articolo 26, Dpr n. 633/1972), anche se esclusa dal passivo fallimentare.
La società ritiene che l’operazione sia legittima. A sostegno del suo parere, evidenzia che in base alle previsione della legge di stabilità 2016, il cedente/prestatore, per recuperare l’imposta sui mancati incassi, può utilizzare le note di variazione in diminuzione già dalla data di apertura della procedura concorsuale nei confronti del cessionario/committente, senza attendere la conclusione del procedimento. Per l’istante, quindi, “il presupposto per l’emissione della nota di variazione non è, dunque, l’esito dell’insinuazione allo stato passivo del debitore, ma l’avvio della procedura concorsuale”.

Impossibile appellarsi a una norma che non c’è
La via d’uscita proposta dalla contribuente non è percorribile. L’istante, infatti, osserva l’Agenzia, fa probabilmente riferimento alle modifiche all’articolo 26 del decreto Iva apportate dall’articolo 1, comma 126, legge n. 208/2015 (legge di stabilita 2016), modifiche mai entrate in vigore perché soppresse dall’articolo 1, comma 567, della legge n. 232/2016.
A differenza di quanto sostenuto dall’istante, la versione vigente dell’articolo 26 del Dpr n. 633/1972 stabilisce che il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui per il creditore risulta infruttuosa la procedura concorsuale attivata nei confronti della parte dichiarata fallita.
Il parere è in linea con il chiarimento fornito con la circolare n. 77/2000 con la quale l’Agenzia ha precisato che il mancato incasso delle fatture è considerato giuridicamente esistente “…allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo….
La circolare richiamata non lascia dubbi: l’insolvibilità certa del debito presuppone l’apertura di una procedura concorsuale e la necessaria ammissione del creditore al concorso.
In sintesi, precisa la risposta n. 33/2020, la partecipazione alla procedura è condizione essenziale che legittima il creditore a procedere con la variazione in diminuzione: in concreto, precisa ancora l’amministrazione, il diritto alla variazione è subordinato alla “infruttuosità” delle procedure esecutive individuali o concorsuali, e non al loro mero avvio.

L’Agenzia fa riferimento, infine, ad alcuni documenti di prassi, nei quali si evidenzia che la condizione di infruttuosità del procedimento fallimentare si consegue soltanto allo scadere del termine per le osservazioni al piano di riparto conclusivo oppure, in assenza di questo, al termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura del fallimento (circolare n. 77/2000, circolare n. 8/2017).

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