Giurisprudenza

26 Marzo 2020

Immobile abitativo o strumentale: diverse le imposte da applicare

Il trattamento tributario da applicare ai trasferimenti di fabbricati posti in essere da un soggetto Iva, dipende dalla categoria catastale dell’immobile trasferito e non dall’utilizzo di fatto del bene. Questo principio è stato confermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 4074 del 18 febbraio 2020.
 
Prima di esaminare la vicenda specifica giunta all’esame della suprema Corte, occorre premettere che, al fine di stabilire se un trasferimento di fabbricato da parte di un soggetto Iva rientra nel regime di imponibilità o di esenzione Iva, bisogna tener conto di quanto disposto dall’articolo 10 del Dpr n. 633/1972.
Il numero 8-bis di tale norma disciplina i trasferimenti di immobili abitativi, mentre il successivo numero 8-ter disciplina i trasferimenti di immobili strumentali.
Oltre alla natura del bene trasferito, al fine del corretto inquadramento dell’operazione, occorre considerare soprattutto:

  • la natura del soggetto cedente
  • il periodo di tempo trascorso tra l’ultimazione della costruzione o della ristrutturazione del fabbricato e la cessione del bene
  • l’eventuale opzione per l’assoggettamento a Iva formulata dal cedente. 

Sulla base di tali variabili, e tenuto conto di quanto disposto dal citato numero 8-bis dell’articolo 10, i trasferimenti di fabbricati abitativi da parte di soggetti Iva sono disciplinati dalle seguenti regole:

  1. in generale il trasferimento di un’abitazione da parte di un soggetto Iva costituisce operazione esente Iva, l’imposta di registro sarà applicata in misura proporzionale
  2. l’operazione è imponibile ai fini Iva, soltanto nei seguenti casi particolari, nei quali l’imposta di registro sarà applicata in misura fissa:
      • la cessione è posta in essere dall’impresa costruttrice o dall’impresa che vi ha eseguito i lavori di ristrutturazione di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f) del testo unico sull’edilizia, Dpr n. 380/2001, entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori o dell’intervento
      • la cessione è effettuata dalle stesse imprese oltre il termine di 5 anni sopra indicato, e il cedente ha optato per l’assoggettamento a Iva dell’operazione
      • la cessione riguarda un’abitazione destinata ad alloggio sociale, come definito dal decreto del 22 aprile 2008 del ministero delle Infrastrutture e, nell’atto, il cedente ha esercitato l’opzione per l’imposizione. 

In base a quanto riportato nel citato numero 8-ter del medesimo articolo 10, invece, i trasferimenti di fabbricati strumentali da parte di soggetti Iva sono disciplinati dalle seguenti regole:

  1. anche per gli immobili strumentali, in generale, opera il regime di esenzione Iva, l’imposta di registro sarà, comunque, applicata in misura fissa, ai sensi dell’articolo 40 del Dpr n. 131/1986;
  2. l’operazione è imponibile ai fini Iva soltanto nei seguenti casi particolari, nei quali l’imposta di registro sarà applicata in misura fissa:
      • la cessione è posta in essere dall’impresa costruttrice o dall’impresa che vi ha eseguito i lavori di ristrutturazione di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f) del testo unico sull’edilizia, Dpr n. 380/2001, entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori o dell’intervento (imponibilità Iva per obbligo)
      • la cessione è effettuata dalle stesse imprese oltre il termine di 5 anni sopra indicato, e il cedente ha optato per l’assoggettamento a Iva dell’operazione (imponibilità Iva su opzione)
      • la cessione è effettuata da altre imprese, a prescindere dal tempo intercorso tra la fine dei lavori e il trasferimento e il cedente ha esercitato l’opzione per l’imponibilità a Iva (imponibilità Iva su opzione). 

Come si può notare, il regime Iva applicabile alle due tipologie di beni (abitativi e strumentali) non è del tutto coincidente, sia per quanto riguarda l’applicazione dell’Iva, che per quanto riguarda l’applicazione dell’imposta di registro.
Il caso preso in esame dalla sentenza in commento ha riguardato un trasferimento posto in essere da una Srl, di un fabbricato, in relazione al quale, in atto si attestava che:

  • l’immobile, al momento della vendita era classificato nella categoria catastale A/3
  • l’immobile era, di fatto, utilizzato ad uso ufficio
  • la società cedente non aveva costruito l’immobile, ma lo aveva acquistato a titolo oneroso alcuni anni prima
  • la vendita era posta in essere oltre 5 anni dagli ultimi interventi edilizi realizzati sull’immobile. 

In atto la società cedente aveva esercitato l’opzione per l’assoggettamento a Iva dell’operazione, richiamando, a tal fine, il numero 8-ter dell’articolo 10 del Dpr n. 633/1972.
Di conseguenza, in sede di registrazione, il notaio, in considerazione del fatto che l’immobile era utilizzato quale ufficio, aveva versato le imposte previste per i trasferimenti di immobili strumentali (imposta di registro in misura fissa, imposta ipotecaria con l’aliquota del 3% e imposta catastale con l’aliquota dell’1%).
L’ufficio presso il quale era stato registrato l’atto, invece, sulla base della categoria catastale dell’immobile (A/3), aveva applicato il regime previsto per gli immobili abitativi con riferimento alla data di stipula dell’atto (esenzione Iva, in quanto l’immobile non era stato costruito né ristrutturato dalla società cedente e applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 7%, dell’imposta ipotecaria con aliquota del 2% e dell’imposta catastale con l’aliquota dell’1%).
A seguito del ricorso presentato dalla società destinataria dell’avviso di liquidazione la Commissione tributaria provinciale di Bari aveva ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione emesso dall’ufficio, mentre la Commissione tributaria regionale della Puglia aveva accolto la tesi della società.
La Corte di cassazione, con la sentenza in commento, richiamando le proprie precedenti sentenze n. 30157/2017 e n. 22765/2016, ha ribadito che l’unico criterio oggettivo da utilizzare per individuare la strumentalità dell’immobile è rappresentato dalla categoria catastale del bene al momento del trasferimento. Si è ritenuta irrilevante “…l’esistenza di un progetto di trasformazione del bene, in quanto nulla garantisce che il progetto sia realizzato e che esso determini un nuovo classamento”.
Di conseguenza si è deciso che, nel caso in esame doveva applicarsi il trattamento tributario previsto per gli immobili abitativi, in considerazione della categoria catastale del bene (A/3).
Pertanto, poiché l’alienante non era la società che aveva costruito o ristrutturato l’immobile, è stato ritenuto che la vendita doveva essere assoggettata a imposta di registro in misura proporzionale e, quindi, non era possibile optare per l’applicazione dell’Iva.
 
L’orientamento della Corte di cassazione è conforme ai principi espressi, in più occasioni, dall’Amministrazione finanziaria.
Con la circolare n. 27 del 4 agosto 2006, ad esempio, si era già affermato che la distinzione tra immobili abitativi e strumentali deve essere operata con riferimento alla categoria catastale del fabbricato, a prescindere dall’effettivo utilizzo del bene. In particolare, si è precisato che devono essere considerati fabbricati abitativi gli immobili censiti nelle categorie catastali da “A/1” ad “A/11”, con esclusione della categoria “A/10”, riservata agli uffici.
La successiva circolare n. 18 del 29 maggio 2013 ha specificato che i fabbricati strumentali sono, invece, censiti nella categoria “A/10”, e negli interi gruppi catastali “B”, “C”, “D” ed “E”.
Nel caso di specie, l’operato dell’ufficio, conforme ai chiarimenti di prassi, è stato ritenuto legittimo dalla Corte di cassazione.

Immobile abitativo o strumentale: diverse le imposte da applicare

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