Michela Grisini
18 Ottobre 2018
Il vizio di sottoscrizione dell’attolegittima l’autotutela sostitutiva
Giurisprudenza
Il vizio di sottoscrizione dell’atto
legittima l’autotutela sostitutiva
Una volta rimosso con effetto retroattivo il provvedimento “irregolare”, l’Agenzia delle entrate conserva – o, per meglio dire, è tenuta a esplicare – la potestà impositiva
L’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, mediante la sostituzione di un precedente atto impositivo con altro avente contenuto identico a quello già notificato, presuppone una causa di nullità formale dell’atto sostituito, quale, ad esempio, il vizio di sottoscrizione.
È quanto chiarito dalla Corte di cassazione con l’ordinanza del 5 ottobre 2018, n. 24496.
I fatti di causa e l’evoluzione del processo
La vicenda giudiziaria muove dall’impugnazione da parte di una società contribuente di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate contestava, ai fini Ires, Irap e Iva, maggiori ricavi non contabilizzati per sottofatturazione in relazione a operazioni di vendita di immobili, nonché l’indebita detrazione di costi ritenuti non inerenti.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso in considerazione del vizio di sottoscrizione dell’atto impugnato. A seguito di tale decisione l’Agenzia delle entrate annullava l’atto e notificava in via sostitutiva un altro avviso di accertamento, contraddistinto dallo stesso numero, relativo al medesimo anno di imposta e recante la medesima pretesa erariale del primo atto impositivo.
Anche l’avviso di accertamento sostitutivo veniva impugnato dal contribuente, che otteneva una pronuncia favorevole in primo grado, ma sfavorevole in sede di appello.
Avverso la sentenza di secondo grado, la società proponeva ricorso per cassazione al fine di denunciare la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 67 del Dpr 600/1973, in materia di divieto della doppia imposizione, e degli articoli 21-septies e 21-nonies della legge 241/1990, in materia di autotutela, per avere il giudice di appello ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un identico precedente provvedimento, senza che quest’ultimo fosse stato previamente annullato d’ufficio e senza che fosse stata richiesta la cessazione della materia del contendere relativa al primo contenzioso, in violazione del principio del ne bis in idem e in elusione del giudicato.
Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.
La decisione della Cassazione
Con l’ordinanza in commento, la Cassazione, nel rigettare il ricorso del contribuente, ha fornito alcuni importanti chiarimenti in materia di autotutela e, in particolare, di autotutela sostitutiva.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che l’Agenzia delle entrate – ai sensi dell’articolo 2-quater del Dl 564/1994 – può esercitare il potere di autotutela mediante l’annullamento o la revoca di un atto illegittimo o infondato, anche in pendenza di giudizio.
L’autotutela costituisce, infatti, un rimedio demolitorio che opera con efficacia ex tunc e che si estende a qualunque vizio di legittimità e/o di merito dell’atto. L’unico limite all’esercizio di tale potere è rappresentato dal giudicato sostanziale favorevole al Fisco formatosi sul rapporto tributario controverso.
L’autotutela può comportare l’eliminazione di un precedente atto oppure la sua sostituzione con un altro; in quest’ultimo caso, si parla di autotutela sostitutiva. Tale species di autotutela costituisce un potere diverso, sia strutturalmente che funzionalmente, da quello posto alla base dell’accertamento integrativo o modificativo in aumento di cui all’articolo 43 del Dpr 600/1973, in quanto quest’ultimo, oltre a essere condizionato dalla “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”, presuppone l’esistenza di un precedente valido atto di imposizione.
L’autotutela sostitutiva, invece, richiede l’eliminazione – anche implicita nel caso in cui l’atto riformato riproduca lo stesso contenuto dell’atto sostituito (cfr Cassazione 17119/2007) – di un precedente atto impositivo illegittimo o infondato.
Più precisamente, l’autotutela sostitutiva ha come oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo o infondato e al quale si sostituisce con “innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento”.
Va però ricordato che, oltre al limite del giudicato sostanziale, il potere di sostituzione dell’atto impositivo incontra il limite del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento (cfr Cassazione 11114/2003, 24620/2006, 14219/2015 e 12661/2016).
Sul piano processuale, l’autotutela sostitutiva determina – a tutela del diritto di difesa del contribuente e nel rispetto del divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto – la cessazione della materia del contendere in relazione al processo pendente sul primo atto, per venir meno dell’oggetto stesso della impugnazione e quindi dell’interesse del contribuente a ottenere una pronuncia su un atto che non regola più il rapporto.
Ciò premesso, con riferimento al caso di specie, la Cassazione, dopo aver riscontrato il rispetto da parte dei giudici di appello dei principi di diritto descritti, ha elaborato il seguente principio di diritto: “in materia tributaria, nel caso di esercizio della autotutela sostitutiva da parte della Amministrazione finanziaria mediante sostituzione di un precedente atto impositivo con altro avente ‘contenuto identico a quello già notificato’ e, quindi, sostanzialmente, nelle fattispecie di ‘correzione’ di un precedente atto di imposizione, condizione indispensabile è la presenza di una causa di nullità formale dell’atto sostituito”.
Ulteriori osservazioni
L’ammissibilità nel nostro ordinamento dell’autotutela sostitutiva trova giustificazione nell’assunto secondo il quale il ricorso all’autotutela non implica la consumazione del potere impositivo, sicché, una volta rimosso con effetto retroattivo l’atto tributario illegittimo o infondato, l’Agenzia delle entrate conserva – rectius è tenuta a esercitare – la potestà impositiva (cfr Cassazione 14377/2007, 16115/2007 e 10376/2011).
Ne deriva che l’ufficio ha il potere di correggere gli errori dei propri precedenti atti, annullando l’originario provvedimento viziato e sostituendo lo stesso con un provvedimento nuovo, il quale può avere un dispositivo e/o una motivazione differente, in quanto emendati dal vizio originario (cfr Cassazione 4534/2002 e 25024/2016).
Oltre che dall’accertamento integrativo, l’autotutela sostitutiva va tenuta distinta dall’autotutela in malam partem, ossia dalla possibilità per l’Agenzia di annullare un provvedimento di autotutela già adottato in precedenza. Al riguardo, si evidenzia che, con l’esercizio di tale potere, l’atto originario non rivive, ma è necessaria l’emissione di un nuovo atto impositivo che deve avvenire entro il termine di decadenza dall’esercizio della potestà impositiva, sempreché non si sia già formato un giudicato sostanziale favorevole al Fisco (cfr Cassazione 22827/2013, 6398/2014 e 12661/2016).
pubblicato Venerdì 26 Ottobre 2018
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