20 Agosto 2018
Recupero di credito non notificato: legittimo il rifiuto all’assistenza
Giurisprudenza
Recupero di credito non notificato:
legittimo il rifiuto all’assistenza
La decisione che infliggeva la sanzione non era stata correttamente comunicata all’interessato in data antecedente alla presentazione della domanda di collaborazione
Con la sentenza in rassegna (causa n. C-34/17), la Corte di giustizia si è pronunciata in merito alla corretta applicazione delle disposizioni della direttiva n. 2010/24/Ue del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure, nell’ambito di una controversia relativa al recupero di un credito costituito da una sanzione pecuniaria, aumentata dei relativi interessi e spese o penalità.
La fattispecie oggetto della controversia si riferisce, in particolare, a un avviso di accertamento emesso nel mese di aprile 2009 dall’autorità doganale ellenica nei confronti di un cittadino irlandese, conducente di un’impresa di trasporti, ritenuto colpevole di contrabbando e di presentazione di dati fiscali fittizi in relazione a operazioni doganali effettuate nel porto di Patrasso sette anni prima, nel luglio del 2002.
A seguito dell’invito a ritirare e a firmare alcuni documenti importanti che lo riguardavano – inviato a giugno 2009 dall’ambasciata di Grecia in Irlanda, ma non ricevuto dal destinatario – la sanzione pecuniaria inflitta dall’ufficio doganale di Patrasso veniva pubblicata, nel mese di luglio 2009, nella Gazzetta Ufficiale greca e, a novembre 2012, le autorità elleniche trasmettevano alle competenti autorità irlandesi una domanda di recupero, ai sensi dell’articolo 10 della direttiva 2010/24, concernente la suddetta sanzione pecuniaria, aumentata degli interessi nonché di spese o penalità.
Tale domanda conteneva la dichiarazione comprovante la soddisfazione delle condizioni previste dalla citata direttiva 2010/24 per l’avvio della procedura di assistenza reciproca, con la quale si attestava, tra l’altro, che il credito non era stato contestato e che non potevano più essere esperiti i relativi ricorsi in via amministrativa e giurisdizionale e le autorità irlandesi procedevano, quindi, a inviare al soggetto interessato la richiesta di effettuare il pagamento a titolo di recupero degli importi richiesti dalle autorità elleniche.
Al riguardo, la Corte di giustizia osserva che, in base a quanto risulta dalla decisione di rinvio, è pacifico che è soltanto alla data in cui l’autorità competente dello Stato membro adito ha trasmesso all’interessato la domanda di pagamento che quest’ultimo è venuto a conoscenza del fatto che diversi anni prima gli era stata inflitta una sanzione pecuniaria nello Stato membro richiedente; inoltre, è soltanto molto tempo dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza di detta sanzione che l’interessato ha ottenuto informazioni più precise dalle autorità elleniche relativamente al contenuto e ai motivi della decisione con cui tale sanzione gli era stata inflitta.
Nel caso di specie, la Corte ritiene quindi di trovarsi di fronte a una situazione eccezionale – nella quale un’autorità di uno Stato membro chiede a un’autorità di un altro Stato membro di recuperare un credito relativo a una sanzione pecuniaria della quale l’interessato non era a conoscenza – tale da giustificare il rifiuto di assistenza al recupero da parte di quest’ultima autorità, senza peraltro incorrere in una violazione del principio della “fiducia reciproca”, che impone a ciascun Stato membro di ritenere che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali da quest’ultimo riconosciuti.
In sostanza, la situazione in cui l’autorità richiedente chiede il recupero di un credito fondato su una decisione che non è stata notificata all’interessato non è conforme alla condizione che disciplina le domande di recupero, di cui all’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2010/24: e invero, poiché, secondo tale disposizione, una domanda di recupero, ai sensi di detta direttiva, non può essere presentata se e finché il credito e/o il titolo che ne consente l’esecuzione nello Stato membro di origine sono contestati in tale Stato membro, una siffatta domanda non può neppure essere presentata quando l’interessato non sia stato informato dell’esistenza stessa di detto credito, dal momento che tale informazione costituisce un presupposto necessario perché quest’ultimo possa essere contestato.
Tale interpretazione trova, peraltro, conferma nell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nella giurisprudenza della Corte in materia di comunicazione e notificazione degli atti giudiziari: da tale giurisprudenza risulta in particolare che, al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui all’articolo 47, è necessario vigilare non solo a che il destinatario di un atto riceva realmente l’atto di cui trattasi, ma altresì che esso sia messo nelle condizioni di conoscere nonché di comprendere effettivamente e completamente il senso e la portata dell’azione avviata nei suoi confronti all’estero, in modo tale da poter utilmente far valere i suoi diritti nello Stato membro di origine, come già evidenziato nella richiamata sentenza dell’Alta Corte 16 settembre 2015, n. C‑519/13.
Di conseguenza, quando una domanda di recupero è presentata, quand’anche l’interessato non abbia avuto la possibilità di adire i giudici dello Stato membro richiedente in condizioni conformi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo, la norma di cui all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2010/24, non può essere ragionevolmente applicata nei suoi confronti.
Ciò vale a fortiori anche quando, come nel caso di specie, la stessa autorità richiedente abbia indicato, nella domanda di recupero, e dunque a una data anteriore a quella in cui l’interessato è venuto a conoscenza dell’esistenza del credito di cui trattasi, che non era più possibile presentare un ricorso amministrativo o giurisdizionale nello Stato membro richiedente per contestare tale credito.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ha, quindi, concluso affermando il principio che le disposizioni della direttiva 2010/24, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretate nel senso che non ostano a che un’autorità di uno Stato membro rifiuti l’esecuzione di una domanda di recupero riguardante un credito relativo a una sanzione pecuniaria inflitta in un altro Stato membro, sulla base del rilievo che la decisione che infligge tale sanzione non è stata correttamente notificata all’interessato prima che la domanda di recupero fosse presentata alla succitata autorità in applicazione di detta direttiva.
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
pubblicato Lunedì 27 Agosto 2018
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