21 Luglio 2025
Contributi di assistenza sanitaria, quando sono fuori dal reddito
L’Agenzia prende spunto dal quesito di una contribuente per specificare in quali casi le somme versate agli enti che garantiscono la possibilità di beneficiare delle prestazioni sanitarie sono agevolate
I contributi di assistenza sanitaria versati dalla vedova di un dipendente iscritto a una Cassa di un gruppo bancario, le cui finalità sono esclusivamente garantire e gestire forme di assistenza sanitaria sostitutive o integrative delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, non concorrono alla formazione del reddito di pensione. Nel computo anche le prestazioni erogate a favore del figlio non a carico. È quanto chiarisce la risposta n. 190 del 21 luglio 2025.
L’Agenzia delle entrate risponde a una signora iscritta alla Cassa di assistenza di un gruppo bancario in qualità di vedova di un dipendente defunto dell’istituto bancario. La contribuente, dopo la morte del marito, ha aderito alla Cassa e ha continuato a versare i contributi per la copertura assicurativa sanitaria e l’assistenza aggiuntiva dell’ente.
La contribuente fa presente che il suo trattamento pensionistico è composto dalla pensione da lei stessa maturata e da quella di reversibilità del coniuge. Specifica, inoltre, che il marito ha beneficiato, per i contributi versati alla Cassa, della deduzione prevista dall’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir.
A questo punto, la vedova chiede se i contributi che versa all’ente sia per la copertura assicurativa sanitaria e assistenza aggiuntiva sia per le prestazioni erogate a favore del figlio non fiscalmente a carico siano deducibili dal proprio reddito di pensionata.
L’Agenzia delle entrate concorda con la soluzione proposta dalla contribuente: le somme versate, comprese quelle destinate a prestazioni per il figlio non a carico, non devono essere considerate come parte del reddito pensionistico della contribuente, fino a un limite massimo di 3.615,20 euro all’anno.
Per rispondere al quesito l’Agenzia ripercorre in parallelo le due norme agevolative contenute nell’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir e nell’articolo 10 comma 1, lettera eter) dello stesso Testo unico.
L’articolo 51, comma 2, lettera a) prevede, tra l’altro, la deducibilità, per un importo non superiore complessivamente a 3.615,20 euro, dei contributi assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni dei contratti collettivi o di regolamento aziendale, iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari.
Ai fini del calcolo della soglia di deducibilità rientrano anche i contributi di assistenza sanitaria versati secondo le disposizioni dell’articolo 10, comma 1, lettera eter sopra richiamato.
Quest’ultima disposizione, a sua volta, include tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo, i contributi versati, sempre fino a un massimo 3.615,20 euro, ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, che rispettino determinate regole, e iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi. In questo caso, nel computo del limite fissato si deve tener conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir. Sono deducibili anche le somme versate per le persone indicate nell’articolo 12 del Tuir.
Le due norme, come ha messo in chiaro il ministero della Salute con suo decreto, agiscono in ambiti diversi. In particolare, l’articolo 10 consente la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l’articolo 51, invece, fa riferimento ai contributi versati agli enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente finalità assistenziale.
In sostanza, la differenza sta nel fatto che i fondi sanitari integrativi erogano prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza, mentre le casse assistenziali possono finanziare anche prestazioni sostitutive di quelle del Servizio sanitario nazionale.
Sull’argomento, l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 50/2002 e la risoluzione n. 65/2016, ha chiarito che i contributi di assistenza sanitaria versati anche per i familiari non a carico, a enti con finalità esclusivamente assistenziale (articolo 51, comma 2, lettera a), Tuir) non concorrono a formare il reddito del dipendente o pensionato, fino a un massimo di 3.615,20 euro all’anno.
Tornando al caso specifico, la risposta osserva che lo Statuto della Cassa a cui è iscritta la richiedente ha lo scopo “di garantire e gestire, con finalità esclusivamente assistenziali forme di assistenza sanitaria sostitutive, integrative e/o migliorative delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale per i casi di malattie, infortuni e altri eventi che possano richiedere prestazioni di carattere sanitario o assistenziale, in ottemperanza ad accordi collettivi o, in assenza, a regolamenti Aziendali, nel quadro delle disposizioni di legge tempo per tempo vigenti, ispirandosi a principi solidaristici e mutualistici, a favore dei propri Associati, dipendenti o exdipendenti delle Aziende del Gruppo come in appresso definiti oltre che dei relativi familiari. Le prestazioni assistenziali fornite dalla Cassa riguardano, in modo particolare, ma non necessariamente esclusivo, le coperture di tipo sanitario erogate con modalità assicurative”.
Secondo lo Statuto, inoltre, in caso di morte del lavoratore può subentrare nel rapporto il coniuge o il convivente superstite o altro familiare, versando i relativi contributi assistenziali.
In conclusione, dalla documentazione prodotta, la Cassa sembra rientrare tra gli enti e le casse con fini esclusivamente assistenziali come richiesto dall’articolo 51, comma 2, lettera a), del Tuir per beneficiare dell’agevolazione richiesta dalla contribuente.
Di conseguenza, i contributi versati dalla richiedente per l’assistenza sanitaria all’ente di previdenza e assistenza, in qualità di coniuge superstite, compresi quelli a favore favore del familiare non fiscalmente a carico, non concorrono, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir alla formazione del reddito di pensione dell’interessata.
Qualora il sostituto non abbia tenuto conto nella determinazione del reddito da pensione della quota di contributi versati alla Cassa, aggiunge l’Agenzia, tale importo potrà essere portato in deduzione dalla contribuente in sede di dichiarazione redditi, nel modello 730 nel rigo E26 Altri oneri deducibili, cod. ’21’.
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