7 Febbraio 2024
Previdenza complementare, il calcolo per l’extra deducibilità
L’ulteriore plafond di deducibilità, dei contributi di previdenza complementare, riconosciuto ai lavoratori di prima occupazione, va determinato considerando i primi cinque anni di adesione alla forma pensionistica complementare che consentono la deduzione dal reddito complessivo dei contributi versati. È il chiarimento, in sintesi, contenuto nella risposta n. 30 del 7 febbraio 2024, fornita dall’Agenzia a seguito di un’istanza di interpello.
Il caso riguarda un cittadino che nel 2013 aveva sottoscritto un contratto in Italia come lavoratore subordinato per la durata di 3 settimane, durante le quali ha versato contributi per la previdenza obbligatoria all’Inps senza aderire ad alcuna posizione di previdenza complementare, dal 2013 al 2018 non ha svolto attività lavorativa, mentre dal 2018 al 2023 ha lavorato in Austria per 5 anni come lavoratore subordinato, iscrivendosi all’Aire, versando i contributi di previdenza obbligatoria e aderendo a una forma di previdenza complementare austriaci, per poi, infine, cominciare a lavorare in Italia dal 1° giugno del 2023 come lavoratore subordinato, aderendo a un fondo di previdenza complementare in Italia.
Il dubbio verte sull’applicazione della disciplina di favore che consente di superare il limite di 5.164,57 euro per la deducibilità dei contributi versati per forme di previdenza complementare, fino a un massimo di 7.746,86 euro annui, per i lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007.
L’articolo 10, comma 1, lettera ebis) del Tuir stabilisce infatti la deducibilità dal reddito complessivo, fino a concorrenza dello stesso, dei “contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 8 del medesimo decreto (…)”. L’articolo 8, comma 4, del decreto n. 252/2005 prevede che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, siano deducibili, ai sensi dell’articolo 10 del Tuir, dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57, mentre al successivo comma 6 è previsto un superamento temporaneo di questo limite: “ai lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto – riporta la disposizione – e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui”, quindi con una deduzione totale per anno fino a 7.746,86 euro l’anno.
Riportando uno stralcio della circolare n. 70/E del 2007, l’Agenzia spiega che la disposizione ha l’intento di agevolare i soggetti di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007 che, nei primi cinque anni di partecipazione ad una forma di previdenza complementare, hanno effettuato versamenti per un importo inferiore al plafond di 5.164,57 euro, permettendo loro di costituirsi una adeguata prestazione pensionistica complementare.
La risoluzione n. 131/E del 2011 ha ulteriormente chiarito che in linea generale i contributi versati alle forme pensionistiche complementari eccedenti il limite di euro 5.164,57 non possono essere dedotti dal reddito complessivo relativo al periodo d’imposta in cui sono stati versati né utilizzati nei periodi di imposta successivi, ma che in deroga alla regola generale, il comma 6 dell’articolo 8 del Dlgs n. 252/2005 risponde alla logica di incentivare l’iscrizione alla forme pensionistiche complementari dei lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007, consentendo loro, in caso di versamenti di contributi di importo inferiore al limite di 5.164,57 euro nei primi cinque anni di partecipazione, di conservare l’importo residuo delle deduzioni annuali di cui non si sono avvalsi e di utilizzare il plafond così accumulato entro i venti anni successivi.
In pratica, la disciplina di favore istituisce una prima fase in cui, in ciascuno dei primi cinque anni di partecipazione ad una forma di previdenza complementare, la differenza tra l’importo dei contributi versati e il limite annuale di 5.164,57 euro non è definitivamente persa, ma contribuisce a formare un ulteriore plafond di deducibilità, da utilizzare entro i venti anni successivi. Nella seconda fase, poi, il plafond così accumulato può essere utilizzato, a partire dal sesto anno e fino al venticinquesimo anno successivo, per dedurre dal proprio reddito complessivo i contributi versati a forme di previdenza complementare, in aggiunta al limite annuale di 5.164,57 euro e fino a concorrenza di euro 2.582,29 annui (per il totale massimo quindi di 7.746,86 euro).
La circolare n. 70/2007 ha chiarito il concetto di “lavoratori di prima occupazione”, definendoli come quei soggetti che alla data di entrata in vigore del decreto non erano titolari di una posizione contributiva aperta presso un qualsiasi ente di previdenza obbligatoria. La norma riguarda, dunque, i lavoratori che non risultano essere titolari di una posizione contributiva aperta presso un ente di previdenza obbligatoria al 31 dicembre 2006 e che, dopo essersi iscritti ad una qualsiasi previdenza obbligatoria, partecipano a forme di previdenza complementare, collettiva o individuale.
Riguardo all’applicazione della deducibilità “extra”, l’Agenzia osserva che l’adesione alla previdenza complementare va riferita a forme che consentono la deducibilità dei contributi versati ai fini della determinazione del reddito soggetto a tassazione in Italia: l’applicazione della norma, infatti, presuppone che il lavoratore sia residente in Italia al momento del versamento dei contributi oggetto di deduzione.
Nel caso in esame, l’istante è stato assunto come lavoratore subordinato in Italia per la prima volta nel 2013, iscrivendosi alla forma di previdenza obbligatoria presso l’Inps, ma senza aderire a una posizione di previdenza complementare. Dopo la parentesi austriaca, dal 1° giugno del 2023 ha cominciato a lavorare in Italia come lavoratore subordinato, aderendo ad un fondo di previdenza complementare.
Nel presupposto che durante il periodo di permanenza all’estero il contribuente non sia stato fiscalmente residente in Italia, chiarisce l’Agenzia, l’ulteriore plafond di deducibilità va quindi determinato considerando i primi cinque anni di adesione alla forma pensionistica complementare che consentono la deduzione dal reddito complessivo dei contributi versati, vale a dire, nel caso di specie, a partire dal 2023.

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