7 Ottobre 2021
Titoli esteri in successione: vale il costo del de cuius
In caso di acquisto per successione delle partecipazioni e dei titoli esteri, esenti dall’imposta in Italia per carenza del requisito impositivo territoriale, occorre assumere come costo il costo sostenuto dal de cuius al momento dell’acquisto. Ciò in quanto il mancato assoggettamento all’imposta sulle successioni fa venir meno il presupposto per una rivalutazione della partecipazione ereditata. Questo, in sintesi, il contenuto della risposta n. 675 del 7 ottobre 2021 dell’Agenzia delle entrate.
Ad avanzare il suo dubbio è uno degli eredi di un soggetto fiscalmente non residente in Italia alla data del decesso, che ha ricevuto in eredità parte delle azioni e obbligazioni, tutte depositate all’estero, emesse da società italiane e da società non aventi sede legale in Italia, ossia titoli esteri.
L’istante fa presente di aver indicato nella dichiarazione di successione i titoli emessi da società italiane che sono stati assoggettati all’imposta di successione così come previsto dal Tus, mentre i titoli esteri, non depositati in Italia, sono stati considerati “esenti” dall’imposta in Italia per carenza del requisito impositivo territoriale in base a quanto stabilito dall’articolo 2 del Tus, in base a cui se il de cuius non è residente in Italia alla data del decesso l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti in Italia.
L’istante dichiara di aver dato mandato ad una società fiduciaria italiana di amministrare i titoli esteri ricevuti in eredità e di aver esercitato l’opzione per il regime del risparmio amministrato (articolo 6 del Dlgs n. 461/1997).
Ora intende vendere alcuni titoli esteri con la possibile insorgenza di plusvalenze imponibili (articolo 67, comma 1, lettera c), c-bis) e c-ter) del Tuir) e deve quindi fornire alla società fiduciaria il valore fiscalmente riconosciuto di tali obbligazioni. In mancanza di tale informazione la fiduciaria è tenuta a sospendere l’esecuzione della vendita, con relativa impossibilità di cedere i titoli.
A questo punto, il contribuente, considerando che l’articolo 68, comma 6, del Tuir, stabilisce che “nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione”, chiede quale sia il criterio da adottare per individuare il valore fiscalmente riconosciuto dei titoli esteri, per poterlo comunicare correttamente alla società fiduciaria.
Per chiarire la questione, l’Agenzia passa in rassegna normativa e prassi e, riguardo la territorialità dell’imposta di successione, entra nel dettaglio dell’articolo 2 del Tus, laddove si stabilisce che l’imposta di successione è dovuta per tutti i beni e diritti trasferiti, anche quelli esistenti all’estero (comma 1); se al momento dell’apertura della successione il defunto non era residente in Italia, l’imposta è dovuta per i soli beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato (comma 2); si considerano in ogni caso esistenti nello Stato le azioni o quote di società nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale, e le obbligazioni e gli altri titoli diversi dalle azioni emessi dallo Stato o dalle predette società o enti (comma 3).
Dal momento che l’istante ha dichiarato che parte dei titoli ereditati dal de cuius non residente in Italia, e da questi detenuti all’estero, sono costituiti da azioni e obbligazioni emesse da società avente sede legale, amministrativa e oggetto principale al di fuori dell’Italia, l’Agenzia chiarisce che per tali titoli manca il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle successioni in Italia.
In tema di determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria, l’articolo 68 del Tuir prevede il criterio di valorizzazione dei titoli al valore normale per i titoli esenti dall’imposta di successione. Inoltre, con il Tus alla mano, l’Agenzia ricorda che sono chiaramente individuati i beni non assoggettati all’imposta di successione.
In particolare, l’articolo 2 definisce quali siano i beni per i quali non si applica l’imposta di successione per carenza del presupposto territoriale mentre gli articoli 3, 12 e 13 individuano i beni che rientrerebbero nel campo di applicazione dell’imposta ma che sono ritenuti dal legislatore agevolabili e quindi esenti dall’imposta.
Riguardo i beni esenti, l’Agenzia ricorda di aver ribadito in alcuni documenti di prassi (cfr. risoluzione n. 120/2001, circolare n. 12/2008) il criterio di valorizzazione attraverso l’utilizzo del valore normale.
Con la circolare n. 91/2001, però, l’Agenzia ha chiarito che nel caso di titoli non assoggettati all’imposta di successione per mancanza del presupposto di territorialità, come nel caso in esame, non si può applicare il criterio di valorizzazione dei titoli previsto per i beni “esenti”.
In sostanza, in caso di acquisto per successione delle partecipazioni e dei titoli, non potendosi più applicare la disposizione contenuta nell’articolo 68, comma 6, in base a cui “si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione”, si deve assumere come costo il costo sostenuto dal de cuius, in quanto il mancato assoggettamento all’imposta sulle successioni fa venir meno il presupposto per consentire una “rivalutazione” della partecipazione ereditata.
In conclusione, l’istante, per consentire alla società fiduciaria di determinare la plusvalenza/minusvalenza realizzata a seguito della vendita dei titoli esteri, deve comunicare alla fiduciaria il costo che aveva sostenuto il de cuius per l’acquisto di tali titoli.
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