14 Maggio 2021
Compensi percepiti dagli eredi, la regolarizzazione del committente
Se gli eredi del professionista deceduto non possono emettere la fattura relativa ai crediti maturati dal de cuius nei confronti di una società fallita, perché la partita Iva dello stesso è cessata, il curatore fallimentare della debitrice potrà emettere un’autofattura elettronica tramite Sdi, solo se la “partita” non è cessata da più di cinque anni.
Diversamente dovrà ricorrere all’autofattura cartacea, con le modalità prescritte dall’articolo 6, comma 8, del Dlgs n. 471/1997, le quali esigono che, oltre all’emissione dell’autofattura, il cessionario/committente (il curatore) corrisponda all’erario l’Iva relativa al compenso pagato, con la conseguenza che agli eredi andrà versato il corrispettivo al netto dell’imposta. È la conclusione raggiunta dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 344 del 14 maggio 2021.
Come detto, la precisazione è stata sollecitata dal curatore fallimentare della società che, all’atto di assolvere il debito maturato dalla stessa nei confronti del professionista deceduto, si è trovato di fronte al problema di regolarizzare la questione e considerato che, a partire dal 1° gennaio 2019, vige l’obbligo di fatturazione elettronica, ha chiesto all’Agenzia con quale modalità assolvere l’obbligo, dal momento che l’assenza di una partita Iva attiva del professionista precluderebbe, a suo avviso, l’emissione dell’autofattura attraverso il Sistema di Interscambio.
In particolare, l’istante ritiene corretto applicare alla lettera l’articolo 6, comma 8, del Dlgs n. 471/1997, presentando all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente un documento in duplice copia dal quale risultino le indicazioni prescritte dall’articolo 21 del decreto Iva e, stante l’attuale emergenza Covid-19, inviando a mezzo Pec la documentazione sottoscritta digitalmente.
Riguardo alla rilevanza ai fini Iva dei compensi percepiti dopo la cessazione dell’attività professionale, l’Agenzia delle entrate ricorda di essersi espressa con diversi documenti di prassi, tra i quali, di recente, la risoluzione n. 34/2019, con la quale ha precisato che “in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella”, salvo anticipare la fatturazione delle prestazioni rese dal de cuius.
Nel caso in esame, stante la chiusura anticipata della partita Iva, nonché la successiva inerzia degli eredi, nonostante la richiesta del curatore di emettere la fattura, sorge l’obbligo per quest’ultimo di regolarizzare l’operazione come prescritto dal citato comma 8 dell’articolo 6, del Dlgs n. 471/1997.
Detto questo, secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 3 del Dlgs n. 127/2015, a decorrere dal 1° gennaio 2019, vanno emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio.
In particolare, il cessionario/committente, nel caso di omessa fattura da parte del cedente/prestatore o di ricezione di una fattura irregolare, previo versamento dell’Iva con F24 ove richiesto, deve emettere un’autofattura con il “Tipo Documento” TD20, indicando l’imponibile, la relativa imposta, ovvero gli importi per i quali non si applica l’imposta, come cedente/prestatore l’effettivo cedente o prestatore e come cessionario/committente se stesso, come specificato nelle “specifiche tecniche” allegate al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 20 aprile 2020, “Versione 1.6.2” del 26 novembre 2020.
Il dubbio che pone l’istante è se l’obbligo di emissione di un’autofattura tramite il Sdi può essere assolto anche nel caso in cui la partita Iva del cedente/prestatore risulti già cessata, posto che, come chiarito a pagina 148 delle citate “specifiche tecniche”, su ogni fattura trasmessa tramite il Sdi viene effettuata automaticamente una “verifica di validità del contenuto della fattura […] per accertare la presenza e la validità dei dati necessari al corretto inoltro del documento al destinatario e per prevenire situazioni di dati errati e/o non elaborabili; in particolare viene effettuato un controllo: […] – sulla validità dei codici fiscali e delle partite IVA relative ai soggetti trasmittente, cedente/prestatore, cessionario/committente, rappresentante fiscale, attraverso una verifica di presenza in anagrafe tributaria”.
A tal proposito, osserva l’Agenzia, tra l’altro che, con la Faq n. 17, pubblicata il 27 novembre 2018 sul proprio sito, ha precisato che “nel caso in cui la fattura elettronica riporti un numero di partita IVA ovvero un codice fiscale del cessionario/committente inesistente in Anagrafe Tributaria, il SdI scarta la fattura in quanto la stessa non è conforme alle prescrizioni dell’articolo 21 del D.P.R. n. 633/1972. Nel caso in cui la fattura elettronica riporti un numero di partita IVA cessata ovvero un codice fiscale di un soggetto deceduto ma entrambi esistenti in Anagrafe Tributaria, il SdI non scartala fattura e la stessa sarà correttamente emessa ai fini fiscali: in tali situazioni l’Agenzia delle entrate potrà eventualmente effettuare controlli successivi per riscontrare la veridicità dell’operazione», mentre con la successiva Faq 136, pubblicata il 19 luglio 2019, ha chiarito che “attualmente se la fattura elettronica viene compilata con una partita IVA del cedente/prestatore esistente in AT ma cessata, alla data riportata in fattura, la fattura elettronica viene scartata”.
In altre parole, quando il soggetto obbligato a emettere l’autofattura è il cessionario/committente, mentre il “destinatario” cui riferire il contenuto dell’autofattura è il cedente/prestatore, è necessario che sia attiva la partita Iva dell’emittente (cessionario/committente) ma non anche quella del destinatario (cedente/prestatore). Ciò significa che se si utilizza il “tipo documento” TD20 è possibile indicare nel campo “cedente/prestatore” una partita Iva non più esistente alla data di emissione del documento, purché non sia cessata da più di 5 anni. In tale evenienza, il Sistema di Interscambio non scarta la fattura e la stessa si considera correttamente emessa ai fini fiscali.
Nel caso in esame, dunque, se la partita Iva del cedente/prestatore non è cessata da più di cinque anni il curatore potrà emettere un’autofattura elettronica tramite Sdi; diversamente dovrà ricorrere all’autofattura cartacea, con le modalità prescritte dall’articolo 6, comma 8, del Dlgs n. 471/1997, le quali esigono che, oltre all’emissione dell’autofattura, il cessionario/committente versi all’erario l’Iva relativa al compenso pagato, con la conseguenza che agli eredi andrà versato il corrispettivo al netto dell’imposta.
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