20 Marzo 2025
Valutazione fiscale di criptoattività: nessun effetto sul reddito d’impresa
I componenti, positivi o negativi, derivanti dalla valutazione delle criptoattività alla chiusura dell’esercizio, non influenzano la formazione del reddito. Di conseguenza, le aziende, per neutralizzare l’impatto delle variazioni delle rimanenze sul reddito di esercizio, devono apportare variazioni nella loro dichiarazione dei redditi (risposta n. 78 del 20 marzo 2025).
Una banca, che ha intrapreso operazioni di trading di criptovalute nel 2024, ha sollevato alcuni quesiti riguardanti l’applicazione delle nuove disposizioni fiscali introdotte dalla legge di bilancio 2023. In particolare, l’attenzione si è concentrata sull’articolo 110, comma 3-bis, del Tuir, il quale stabilisce che, ai fini della formazione del reddito, non concorrono i componenti positivi e negativi derivanti dalla valutazione delle criptoattività alla chiusura del periodo d’imposta.
In sintesi, la legge di bilancio 2023 ha introdotto una deroga significativa rispetto alla disciplina preesistente, dettata dall’articolo 92 dello stesso Tuir, con l’intento di evitare che le fluttuazioni di valore delle criptoattività influenzino il reddito delle imprese. La banca intende avvalersi di questa normativa, gestendo le criptovalute come beni immateriali secondo il principio Ias 38, e applicando il metodo del costo medio ponderato (Cmp) per la contabilizzazione delle operazioni di compravendita.
A tal proposito l’istituto di credito ha posto due principali interrogativi:
- la prima questione riguarda se la disposizione derogatoria all’articolo 92, posta dall’articolo 110, comma 3-bis, debba essere interpretata come una deroga totale all’intera disciplina di cui all’articolo 92 del Tuir, che regola le variazioni delle rimanenze. In altre parole, la banca chiede se la norma escluda completamente l’applicazione delle variazioni delle rimanenze finali.
- il secondo dubbio concerne le modalità di determinazione delle componenti da realizzo fiscalmente rilevanti derivanti dall’attività di trading di criptovalute. La banca si interroga sulla possibilità di utilizzare il criterio di movimentazione del magazzino (costo medio ponderato) per la determinazione delle componenti fiscali, nonostante le criptoattività siano valutate in bilancio al fair value.
In merito, delinea due possibili soluzioni interpretative:
- gestire un “doppio binario” civilistico-fiscale, riconoscendo il disallineamento tra il valore civilistico e quello fiscale delle criptovalute. In questo modo, si considererebbe irrilevante fiscalmente la valutazione al fair value delle rimanenze di fine esercizio
- considerare fiscalmente irrilevanti gli effetti derivanti dalla variazione delle rimanenze finali, rilevando unicamente i costi e i ricavi dell’esercizio legati alla compravendita delle criptovalute.
Tanto riepilogato, l’Agenzia delle entrate, con la risposta in esame, chiarisce che l’articolo 110, comma 3-bis, del Tuir costituisce una deroga totale all’applicazione dell’articolo 92. Questo implica che tutti i guadagni e le perdite derivanti dalla valutazione delle criptoattività alla fine dell’esercizio non hanno rilevanza fiscale. Inoltre, in questo caso, non si applicano i criteri di valutazione del magazzino previsti dal codice civile e dall’articolo 92 del Tuir.
Pertanto, i componenti, positivi o negativi, derivanti dalla valutazione delle criptoattività alla chiusura dell’esercizio, non influenzeranno la formazione del reddito. Di conseguenza, la banca richiedente, per neutralizzare l’impatto delle variazioni delle rimanenze sul reddito di esercizio, dovrà apportare variazioni (in aumento o in diminuzione) alla propria dichiarazione dei redditi.
Così, come anche precisato dalla circolare 30/2023, che al paragrafo 3.5 chiarisce che “per ragioni di ordine logico-sistematico, i fenomeni di valutazione o di quantificazione concernenti le criptoattività devono essere oggetto di apposite variazioni a seconda dei casi in aumento o in diminuzione, nelle ipotesi in cui tali asset siano rilevati in bilancio come:
- beni immateriali, in relazione agli eventuali ammortamenti relativi al maggiore valore non riconosciuto ai fini fiscali rispetto al valore di iscrizione;
- rimanenze di beni materiali o di attività finanziarie classificate nell’attivo circolante, con riferimento alle variazioni di cui all’articolo 92 e 94 del Tuir; attività finanziarie immobilizzate, in relazione alle rettifiche di valore di cui agli articoli 94 e 110 del Tuir”.

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