12 Marzo 2025
Cittadinanza e titolo di studio nuovi chiarimenti per gli “impatriati”
Il cittadino estero, che trasferisce la residenza in Italia nel 2025, può usufruire del nuovo regime “impatriati” anche se precedentemente non è mai stato residente nel nostro Paese. È soltanto il primo dei quattro chiarimenti forniti oggi, 12 marzo 2025, dall’Agenzia delle entrate, con le risposte 70/E, 71/E, 72/E e 74/E, a proposito di casi specifici relativi all’applicazione del nuovo regime “impatriati”.
I presupposti sono diversi, ma in tutti i casi proposti gli interessati chiedono se possono beneficiare del nuovo regime disciplinato dall’articolo 5 del Dlgs n. 209/2023. La norma agevolativa prevede che i redditi di lavoro dipendente e assimilati, e di lavoro autonomo, prodotti in Italia da contribuenti che trasferiscono, o hanno trasferito dal 2024, la residenza fiscale nel nostro Stato concorrano soltanto per il 50% del loro ammontare alla formazione dell’imponibile Irpef fino a un massimo di 600mila euro annui.
Le condizioni, in breve, sono:
- l’impegno a mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni
- non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento. Quest’ultimo requisito è rimodulato, in vari modi, nel caso in cui il lavoratore presti l’attività in Italia in favore dello stesso datore di lavoro presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo
- essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.
L’agevolazione diventa più sostanziosa in caso di figli a carico.
La risposta n. 70 è diretta a un cittadino estero che vuole trasferirsi in Italia dal 2025 e aprire una partita Iva per svolgere la professione di consulente aziendale. Fa presente che intende rimanere per almeno sei periodi d’imposta nel Belpaese dove presterà, per la maggior parte, la sua professione.
Precisa che precedentemente non è mai stato residente in Italia e che possiede i requisiti di elevata qualificazione o specializzazione definiti dal Dlgs n. 108/2012 e dal Dlgs n. 206/2007 richiesti per usufruire del regime di favore.
L’interessato non è un cittadino italiano che rientra nel suo Paese. Anzi, non è mai stato residente in Italia ed è per questo che desidera avere conferma sulla possibilità di accedere alla tassazione ridotta prevista dal regime.
L’Agenzia delle entrate conferma e chiarisce che l’applicazione della nuova disciplina non è subordinata a una precedente residenza del beneficiario nel territorio. Di conseguenza, nel caso specifico, il richiedente, che intende stabilire la propria residenza nel 2025, se soddisfa tutte le condizioni previste, potrà usufruire della detassazione del 50% sul reddito prodotto in Italia.
Lo spunto della risposta n. 71 è invece offerto da un cittadino italiano, residente all’estero, che ha intenzione di rientrare in Italia dal 2026. Il contribuente dichiara di aver maturato negli anni un’esperienza professionale nel settore Project management e precisa che, attualmente, svolge una mansione che rientra nel livello 2 della classificazione delle professioni Istat Cp2011. Anche lui chiede conferma sulla possibilità di accedere alle agevolazioni fiscali riservate ai lavoratori impatriati, nonostante non possieda un titolo di laurea.
Il contribuente ritiene di sì, perché reputa che i requisiti di qualificazione stabiliti dalla norma per accedere al regime possano essere soddisfatti sia attraverso un titolo di studio accademico che tramite un’adeguata qualifica professionale.
L’Agenzia precisa, innanzitutto, che possono beneficiare del nuovo regime “impatriati”, in linea generale, sia i lavoratori italiani sia i lavoratori stranieri. Con riferimento al quesito da risolvere, poi, considerato che il richiedente dichiara di aver acquisito negli anni esperienza professionale nel settore Project Management, ritiene che il requisito previsto dal comma 1, lettera d) della norma agevolativa, relativo al possesso dei “requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206”, possa risultare soddisfatto qualora il contribuente sia in possesso, alternativamente, di un titolo di istruzione superiore o di una qualifica professionale elencati all’interno dell’articolo 27-quater del Testo unico immigrazione richiamato dalla disposizione.
La risposta n. 72 è diretta a un cittadino italiano iscritto dall’ottobre 2018 all’Aire e all’estero per lavoro da novembre dello stesso anno. Svolge la propria attività professionale all’estero per una società dello stesso gruppo di quella per cui lavorava in Italia dal 2008. Il contribuente vorrebbe tornare in Italia da gennaio 2025.
Il chiarimento riguarda la verifica del periodo minimo di residenza fiscale all’estero, con particolare riguardo al requisito previsto dal comma 1, lettera b), della disposizione agevolativa, secondo cui il taglio del 50% del reddito degli “impatriati” può essere applicato, nel rispetto delle condizioni richieste, anche nell’ipotesi in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare l’attività alle dipendenze dello stesso datore di lavoro (residente o non residente in Italia), presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo. In particolare, per il cittadino che al rientro nello Stato intraprende un’attività professionale e rende le proprie prestazioni anche nei confronti del suo precedente datore di lavoro estero, il periodo minimo di permanenza all’estero è di sei periodi d’imposta che diventano sette qualora sia stato impiegato in Italia, prima del trasferimento, per lo stesso datore di lavoro.
La norma non lascia dubbi sui tempi necessari di residenza estera per accedere al regime, quindi, il contribuente che ha posto l’interpello, se ha spostato la propria residenza in Italia a gennaio 2025 per esercitare una attività di lavoro autonomo presso una società dello stesso gruppo della società per la quale è stato impiegato all’estero e per la quale lavorava in Italia anche prima del suo trasferimento all’estero, non potrà usufruire dell’agevolazione perché non soddisfa il requisito della permanenza all’estero per sette anni.
L’ultimo dei chiarimenti odierni, fornito con la risposta n. 74, è sollecitato da un cittadino italiano iscritto all’Aire e residente a Londra dal mese di novembre 2019, dove “lavora come End User Computing Specialist. L’interessato fa presente di non essere in possesso di un diploma di laurea e che le sue qualifiche professionali rientrano nelle classificazioni di Isco08 n. 25 e n.133.
Anche in questo caso l’indecisione nasce dall’interpretazione dell’articolo 5, comma 1, lettera d) a proposito dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal Dlgs n. 108/2012. L’Agenzia delle entrate precisa che secondo la normativa di riferimento (si tratta di disposizioni non di competenza tributaria e quindi non risolvibili in sede di interpello), di recente riformulata, si considerano altamente qualificati, tra l’altro, i lavoratori in possesso di una “qualifica professionale superiore attestata da almeno tre anni di esperienza professionale pertinente acquisita nei sette anni precedenti la presentazione della domanda di Carta blu UE, per quanto riguarda dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO08, n. 133 e n. 25”.
Ciò premesso, considerato che in base a quanto risulta dalle informazioni presenti nell’interpello, il contribuente è “in possesso di un’esperienza professionale più che triennale in qualità di specialista nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO08, n. 133 e n. 25” potrà fruire del nuovo regime nel rispetto delle condizioni stabilite dalla norma.

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