22 Agosto 2024
Cessione indiretta d’azienda + fusione, profilo antiabuso tutto da verificare
Le operazioni straordinarie possono essere descritte sulla base di criteri diversi. Una delle principali teorie è quella che distingue le operazioni cosiddette “sui beni” da quelle, invece, effettuate “sui soggetti”. Questa distinzione trae origine dal fatto che l’operazione può avvenire tramite una modifica degli assetti proprietari esistenti, oppure attraverso il trasferimento di un complesso aziendale.
In sintesi, le operazioni sui beni comportano una mutazione nella titolarità dei beni aziendali che sono ceduti e trasferiti ad un diverso soggetto giuridico in cambio di un corrispettivo:
- in denaro, in caso di cessione di azienda, o
- in natura, sotto forma di partecipazione al capitale della conferitaria, in caso di conferimento d’azienda.
Invece, un’operazione tipicamente “sui soggetti”, o “sui soci” è la fusione: il suo effetto è la ridefinizione dei rapporti partecipativi fra i soci delle due società e non il trasferimento di beni, che pure avviene come effetto secondario e indiretto.
Anche la scissione e la trasformazione presentano, da questo punto di vista, caratteristiche analoghe.
Risulta opportuno ricordare che la disciplina fiscale prevista per le diverse operazioni straordinarie non è uniforme e che l’attuale configurazione normativa è l’esito di numerose modifiche.
Sotto il profilo fiscale possiamo raggruppare le operazioni straordinarie in tre tipologie:
- operazioni neutrali;
- operazioni realizzative;
- operazioni a realizzo controllato (talvolta dette anche a neutralità indotta).
Tra le operazioni realizzative troviamo la liquidazione e la cessione d’azienda. Quest’ultima è quell’operazione mediante la quale un soggetto trasferisce a titolo oneroso un’azienda o un complesso aziendale ad un altro soggetto.
Essendo un’operazione realizzativa, la cessione determina ordinariamente effetti fiscalmente rilevanti per entrambe le parti, ovvero:
- il cedente rileva l’emersione di plusvalenze o minusvalenze;
- il cessionario ottiene il riconoscimento fiscale del costo di acquisto.
Invece, il gruppo di operazioni straordinarie neutrali è più nutrito, tra queste possiamo distinguere:
- operazioni di conferimento di complessi aziendali in cambio di una partecipazione nel soggetto conferitario;
- operazioni con effetto aggregativo, ossia la fusione;
- operazioni con effetto disgregativo, ossia la scissione;
- operazioni di trasformazione, ovvero quelle che comportano solo una modifica del modello giuridico o societario senza operare trasferimenti di asset tra i soggetti coinvolti.
Il motivo per cui il legislatore espressamente evita l’emersione di plusvalori fiscalmente rilevanti riguarda il fatto che l’effetto riorganizzativo sull’attività dell’impresa è considerato prevalente.
Normalmente la realizzazione di tali operazioni non comporta effetti reddituali per i soggetti coinvolti, per questo motivo sono definite come fiscalmente “neutrali”.
La ratio di tali interventi legislativi la si rinviene nel fatto di non gravare di oneri fiscali le operazioni di riorganizzazione aziendale, rendendole così più agevoli.
Nella pratica, le eventuali plusvalenze o minusvalenze contabili sono fiscalmente sterilizzate in dichiarazione dei redditi, attraverso le classiche variazioni fiscali in aumento o diminuzione.
In questo approfondimento andremo ad analizzare la cessione indiretta d’azienda, ovvero quella operazione di cessione che avviene a più fasi:
- costituzione di una società veicolo;
- conferimento dell’azienda o ramo d’azienda nella società neocostituita (c.d. newco);
- cessione della partecipazione in newco.
La prima domanda a cui bisogna trovare una risposta è qual è la finalità della cessione indiretta d’azienda?
Il cedente non vende un’azienda ma una partecipazione, la quale potrebbe possedere i requisiti previsti dal regime participation exemption (c.d. Pex), il quale consente di evitare la duplicazione di tassazione del reddito societario in capo alla società e in capo al partecipante garantendo la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile, in quanto esenti nella misura del 95%, delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni.
Sono esenti le plusvalenze derivanti dalle cessioni di partecipazioni qualificate in società di cui all’articolo 5 e nei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere del Tuir, a condizione che integrino gli specifici requisiti previsti alle lettere a), b), c) del comma 1 dell’articolo del TUIR, ossia:
- l’ininterrotto possesso per un anno, cioè dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione
- la classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso
- la residenza fiscale o localizzazione dell’impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato
- l’esercizio, da parte della società partecipata, di un’impresa commerciale, secondo la definizione di cui all’articolo 55 del Testo Unico.
Quindi, invece di avere una plusvalenza integralmente imponibile, avrebbe una plusvalenza esente per il 95%.
Risulta lapalissiano evidenziare che non ci sarebbe alcuna convenienza per il cedente procedere con una cessione “indiretta” nel caso in cui tale operazione fosse minusvalente, in quanto la stessa sarebbe integralmente indeducibile fiscalmente.
In seconda battuta bisogna analizzare l’impatto fiscale dal punto di vista dell’imposta di registro.
Infatti, la circolazione di un’azienda attraverso la sua cessione diretta è assoggettata a imposta di registro in misura proporzionale, secondo quanto stabilito dall’articolo 23 del Dpr n. 13171986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, Tur).
Invece, la cessione indiretta dell’azienda, ovvero attraverso la vendita totalitaria delle quote, è assoggettata a imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’articolo 11, Tariffa, parte prima, allegata al T.U.R. Anche il conferimento di azienda o di ramo d’azienda è assoggettato ad imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera a), n. 3), della Tariffa, Parte Prima, allegata al Tur.
La domanda che potrebbe sorgere è se tale operazione possa essere configurata come abusiva, sotto il profilo delle imposte dirette e/o imposta di registro.
Riguardo le imposte dirette la risposta si rinviene direttamente nel Tuir, più precisamente nell’art. 176 comma 3 il quale prevede: “non rileva ai fini [elusivi] il conferimento dell’azienda secondo i regimi di continuità dei valori fiscali riconosciuti o di imposizione sostitutiva di cui al presente articolo e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell’esenzione di cui all’articolo 87, o di quella di cui agli articoli 58 e 68, comma 3.”. Quindi, il legislatore ha sancito che la cessione “indiretta” d’azienda non può essere configurata come operazione abusiva. Altresì, al comma 4 chiarisce che: “Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all’articolo 178, in regime di neutralità fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio.”.
Quindi, è intervenuto direttamente il legislatore ad individuare l’assenza di profili elusivi dell’operazione di cessione indiretta d’azienda, ai fini imposte dirette.
Potrebbe rimanere il dubbio ai fini imposte di registro, tuttavia un’eventuale riqualificazione ai sensi dell’articolo 20 del Tur degli atti relativi alla cessione indiretta d’azienda deve tenere in considerazione che il suindicato articolo 20 definisce le regole da applicare per la corretta tassazione degli atti presentati per la registrazione, e lo stesso articolo 20 è rubricato “interpretazione degli atti”.
Il legislatore mediante la legge di Bilancio 2018, più precisamente con il comma 87, lett. a), dell’art. 1 della legge n. 205/2017, ha modificato il predetto articolo 20, il quale prevede che: “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”, ed è in vigore dal 1° gennaio 2018.
La precedente formulazione dell’articolo prevedeva che l’imposta andava applicata “secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Dalla lettura della Relazione illustrativa alla legge 27 dicembre 2017, n. 205 si desume che “detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni allo stesso, (ad esempio i comportamenti assunti dalle parti), nonché disposizioni contenute in altri negozi giuridici collegati con quello da registrare”.
Quindi, la nuova formulazione dell’articolo 20 prevede che la determinazione dell’obbligazione tributaria debba avvenire sulla base dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici prodotti dallo specifico atto portato alla registrazione, con esclusivo riferimento agli “elementi desumibili dall’atto medesimo”.
In riferimento all’articolo 20 del Tur bisogna tenere anche in considerazione che la Corte costituzionale, con sentenza n. 39 del 2021, ha osservato che l’articolo 1, comma 1084, della legge n. 145/2018 ha stabilito che “[l]’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20”.
Riguardo alla cessione indiretta d’azienda, l’Amministrazione finanziaria, già con la risposta n. 196 del 2019, ha chiarito che “la cessione totalitaria delle quote sociali preceduta dal conferimento del ramo d’azienda, non possa essere riqualificata come cessione d’azienda unitaria ai sensi dell’art. 20 del T.U.R.”
Tale chiarimento esclude la rideterminazione, ai fini dell’imposta di registro, della cessione diretta d’azienda tramite l’applicazione dell’articolo 20 del Tur; tuttavia ad alcuni studiosi della materia è sorto il dubbio se l’Amministrazione finanziaria potesse contestare eventuali profili abusivi, scomodando la norma specifica anti abuso, previsto dall’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.
Tale incertezza è stata superata nello stesso documento di prassi sopra citato, nel quale viene chiarito che non costituisce “un’operazione abusiva ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, non consentendo la realizzazione di alcun vantaggio fiscale indebito”.
Nel caso in cui la cessione indiretta d’azienda sia seguita da una fusione, si arriva ad una conclusione diversa rispetto a quella a cui siamo appena giunti.
Infatti, l’Amministrazione finanziaria, mediante la risposta 503 del 2022, ha spiegato che il conferimento di un ramo d’azienda in una NewCo, seguito dalla cessione totalitaria delle quote della conferitaria e dalla successiva fusione tra quest’ultima e la cessionaria delle quote, determina sicuramente un vantaggio fiscale, il quale può essere considerato “indebito” nel caso l’operazione così strutturata sia priva di sostanza economica o di valide ragioni “extra fiscali” non marginali.
Alle stesse conclusioni sono giunti i giudici di legittimità, infatti la Suprema Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 16953 del 19 giugno 2024 ha chiarito che la cessione indiretta d’azienda non può essere considerata abusiva salva l’ipotesi per cui tali “operazioni siano seguite da ulteriori passaggi, ad esempio una fusione diretta o inversa, che renderebbero chiara la volontà di acquisire direttamente l’azienda, ovvero di perfezionare ab origine un asset deal”.
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