10 Aprile 2024
“Acquisizione con indebitamento”, deducibilità degli interessi passivi – 2
In tema di deducibilità degli interessi passivi, l’Agenzia delle entrate, con la circolare 6/2016, ha chiarito che l’acquisizione tramite indebitamento non dovrebbe comportare problematiche di deducibilità fiscale degli interessi passivi, in quanto nell’ipotesi di fusione, gli oneri finanziari vengono traslati sulla target post fusione o, in alternativa, in assenza di fusione, gli stessi oneri finanziari connessi all’indebitamento possono essere compensati, tra newco e target, mediante l’esercizio dell’opzione per il consolidato fiscale. In tale ultima ipotesi, la newco riceverà i dividendi dalla target che serviranno anche a garantire il rimborso del debito e dei relativi interessi.
Tuttavia, giurisprudenza di altre giurisdizioni e della Corte di giustizia dell’Unione europea sembrerebbe ritenere indeducibili gli interessi riferiti a una simile tipologia di debito.
Al riguardo, risulta opportuno sottolineare che alcune amministrazioni finanziarie estere si sono già espresse in relazione allo “schiacciamento” del debito nella società acquisita, tra le altre, si sono pronunciate le autorità fiscali della Finlandia e della Norvegia, le quali hanno riqualificato il debito come capitale, con tutte le conseguenze fiscali, inclusa una tassazione dei deemed dividends.
È altresì interessante la sentenza della Corte suprema de Justicia argentina, del 21 luglio 2021, nella quale viene chiarita l’indeducibilità per la target degli interessi passivi derivanti dalla procedura di debt push down.
Orientamento della Corte di giustizia
In tale ambito si è appena espressa la Corte di giustizia dell’Unione europea nella Causa C-585/22, del 14 marzo 2024.
E’ molto di impatto l’introduzione alla pronuncia dell’avvocato generale, il quale ha tratto le seguenti interessanti conclusioni: “Il famoso adagio di Benjamin Franklin secondo cui ‘in questo mondo nulla è certo tranne la morte e le tasse’, coglie una verità universale. Tuttavia, sembrerebbe spesso che una tendenza predisposta della natura umana sia quella di eludere proprio questi inevitabili.”
Andando ad analizzare la fattispecie concreta oggetto di pronuncia, si rileva che la società “X” è una società holding di diritto olandese ed essa fa parte di un gruppo internazionale che comprende tra le altre anche le società “A” e “C”.
La società “X” ha acquisito le azioni della società “F”, divenendo quest’ultima un’entità giuridica del gruppo multinazionale, e le stesse si sono incorporate in un’unica entità giuridica fiscale.
L’investitore “X”, per l’acquisto della partecipazione, ha reperito le risorse finanziarie tramite indebitamento con la propria controllata “C”, i cui oneri finanziari rispettavano l’arm’s lenght principle.
L’Amministrazione fiscale olandese ha ritenuto di contestare la deducibilità degli interessi passivi, interpretazione confermata nei vari gradi di giudizio di merito, in quanto tali interessi passivi si sono ritenuti generati artificiosamente.
Nel giudizio di legittimità, espresso dalla Corte suprema dei Paesi Bassi, i giudici hanno confermato che i debiti contratti arbitrariamente e senza giustificazione commerciale costituiscono costruzioni del tutto artificiose indipendentemente dal fatto che il tasso di interesse sia a valore di mercato. Tuttavia è emersa l’incertezza che la totale indeducibilità degli interessi passivi potesse essere non compatibile con i principi previsti dal diritto dell’Unione europea.
La Corte di giustizia ha chiarito che l’articolo 49 Tfue deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale in base alla quale viene disconosciuto integralmente la deducibilità degli interessi passivi relativi ad operazioni di debt push down.
Nella pronuncia viene evidenziato che gli interessi di un finanziamento contratto con un’entità collegata al soggetto passivo non sono deducibili nella determinazione degli utili di quest’ultimo, qualora la conclusione di tale finanziamento sia stata prevalentemente motivata non da considerazioni di natura commerciale, ma dall’obiettivo di creare un debito deducibile, anche se il tasso di interesse ivi stipulato non supera quello che sarebbe stato concordato tra società indipendenti l’una dall’altra. In tale situazione, la deduzione degli interessi deve essere completamente negata.
Conclusioni
Le operazioni di Mlbo sono oggetto di costante sanity check da parte delle amministrazioni fiscali dei vari Paesi.
In molti casi è stato rideterminato il reddito imponibile delle varie entità giuridiche, intervenute a vario titolo nell’operazione di acquisizione tramite indebitamento, e tale contestazione è stata confermata dalla giurisprudenza internazionale.
Può ritenersi condivisibile l’interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria con la suindicata circolare, riguardo la deducibilità degli interessi passivi. Infatti si ritiene che l’operazione di debt push down possa essere equiparata all’accollo del debito, previsto dall’articolo 1273 del codice civile, conseguentemente l’accollante ha la facoltà di restituire immediatamente tutto il debito che si è accollato ovvero può optare per il pagamento rateale aggravato dai relativi interessi. Quindi, gli interessi passivi derivanti da operazioni di acquisizione con indebitamento dovrebbero essere considerati, in linea di principio, inerenti e, quindi, deducibili, nei limiti di quanto previsto dall’articolo 96 Tuir, in quanto rientranti nella sfera decisionale ed imprenditoriale della società post-fusione.
Simmetricamente, si ritiene che l’investitore, con l’operazione di acquisizione tramite Mlbo, acquisisce la partecipazione e viene contestualmente liberato definitivamente dal debito di acquisizione, in quanto sostanzialmente la società oggetto di acquisizione si accolla il debito.
Quindi, viste le pronunce di altre autorità fiscali, ad esempio quella della Finlandia e della Norvegia, ci si potrebbe chiedere se l’acquisto di una partecipazione senza l’obbligo di restituzione delle risorse finanziarie necessarie all’acquisizione stessa e senza il sostenimento del relativo onere finanziario sia da qualificare come componente reddituale per l’investitore, ossia un’assegnazione/distribuzione di utili al socio, e in caso affermativo, quale sia l’eventuale momento impositivo.
fine
la prima puntata è stata pubblicata martedì 9 aprile
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